“Conclave”: un Papa per nemico

Morto un Papa se ne fa un altro. Ma la successione, in genere, è un bel problema. Che cosa accade, in realtà, nelle segrete stanze (sala assembleare, chiostri interni, e camere degli ospiti in Vaticano) durante lo svolgimento del Conclave? Prevalgono dogmi e fede religiosa o, viceversa, montano come una marea nera le solite passioni umane belligeranti, intrise di colpi bassi, ambizioni nascoste (ogni cardinale parte per Roma con il nome che vorrebbe assumere da Papa), trame e intrighi di ogni sorta? Infatti, a quanto pare, secondo la tesi del film Conclave, nelle sale italiane dal 19 dicembre, la Sede Vacante ha nella sua scatola chiusa color porpora molte ombre e poche luci. La vernice porpora è molto più intrisa di inchiostro nero del Diavolo che del sangue di Nostro Signore. Alcune di queste parti oscure addirittura nascoste in qualche fessura delle toghe del rivestimento della stanza da letto del Papa deceduto, la cui porta viene sigillata con la ceralacca e nastro rossi e considerata inviolabile, benché la stanza sia vuota, fino alla rielezione del nuovo Pontefice, che ne diverrà il legittimo assegnatario pro tempore. Davvero un bel film penetrante, questo pseudo-thriller tratto dal romanzo di Robert Harris e diretto dal regista Edward Berger, già Premio Oscar per Niente di nuovo sul fronte occidentale, che dirige due straordinari attori americani. Ralph Fiennes, innanzitutto, il grande protagonista nelle vesti del Decano Lawrence del Collegio cardinalizio, che alla fine cambierà la sua preferenza, votando per sé stesso, avendo fino allora negato con tutte e sue forze ogni sua aspirazione al Soglio di San Pietro.

Affianca Fiennes, in una convincente interpretazione come aspirante progressista e ultra-woke del Papa deceduto, Stanley Tucci, nel ruolo del cardinal Aldo Bellini, manovratore di grande spicco dell’ala filo americana del Concilio, al quale si oppongono da un lato sia il porporato italiano (che viene presentato come un Che Guevara di destra) interpretato da Sergio Castellitto, nel ruolo del cardinale ultraconservatore Goffredo Tedesco, sia quello ecumenista africano, cardinal Joshua Adeyemi, che arriva a sfiorare la maggioranza assoluta dei voti. Altro rivale di spicco di Bellini-Lawrence è il cardinale americano Joseph Tremblay, sul quale gravano gravi sospetti di simonia. Nell’ombra, un nome, quello del sudamericano Vincent Benitez primate di Kabul, che all’inizio non compare nella lista cardinalizia, spuntato dal nulla e nominato cardinale in pectore con un motu proprio del Papa scomparso, con precedenti di vescovo in sedi disagiate mediorientali, teatro di atroci conflitti tra islamisti e fedeli (soprattutto cristiani) delle altre religioni non musulmane, la cui designazione era stata tenuta segreta per ovvi motivi di sicurezza. Non manca però, in tutto questo consesso maschilista assoluto, una figura severa di donna e priora, quella di Sorella Agnes, interpretata da una convincente e brava Isabella Rossellini, sovrintendente per tutti i servizi di supporto (cucina, rassetto delle stanze private, pulizia dei locali e preparazione della mensa) di una legione di suore che sono presenti ma “invisibili”, come si addice ai non testimoni obbligati al segreto.

Tra latino, italiano, inglese e poco spagnolo (aspetto multilingue quest’ultimo che ci si augura non venga stravolto nell’edizione italiana, mantenendo tutti i dialoghi sottotitolati così come sono), si snodano le vicende dei presunti santi che hanno dentro di loro il demone del potere. La Veste bianca (pronta in varie fatture e taglie nell’armadio della stanza papale sigillata) è il colore più ambito nel segreto di ogni cuore porporato, o esplicitato in una vera e propria guerra di conquista per fazioni contrapposte, tra fumate nere e la sola bianca vincente e conclusiva. Convincono, in particolare, le meticolose descrizioni, quasi ossessive, dei rituali cardinalizi, come il discorso del Decano in apertura dei lavori; la deposizione delle schede nell’urna preziosa; la stufa per bruciare quelle compilate, che contiene a latere i dispositivi di fumo; il prelievo e la deposizione nelle scatole del sigillo e dell’anello papali; il trasporto della salma del pontefice defunto in obitorio; la vestizione dei cardinali; gli scenari della clausura temporanea; i colloqui riservatissimi del decano con monsignori e vescovi di supporto al Sacro Collegio; e così via. Particolarmente preziose, ai fini della narrazione e dello svolgimento della trama, sono le discussioni aperte o chiuse, all’interno delle cerchie di potere vaticane, alle quali fa da contraltare l’assoluta fermezza di carattere del Decano, che non esiterà ad andare sino in fondo alle vicende personali dei suoi eminentissimi colleghi, per evitare che venga fuori un vincitore con qualche tara (mentale o personale) incompatibile con il Sant’Uffizio.

Potente è l’ombra proiettata dalla Curia romana sui lavori del Conclave, in cui gli aspetti del potere temporale e di tutti i difetti connessi, causati dalla lontananza dei suoi membri dalle opere di religione e carità, traspaiono da tutte le personalità conciliari, nel bene e nel male, sintetizzati nel cinico detto “Fai quel che ti dico e non quel che faccio”. Finirà in modo esplosivo, sia in senso reale che figurato, in cui l’odio del terrorismo islamico scaricherà dall’alto i suoi calcinacci sui membri del Conclave, mentre quello della bontà di cuore vincerà una partita impossibile e persa in partenza, ma che avrà nel suo nocciolo umano qualcosa di sbalorditivo e sconcertante. Un film imperdibile.

 Voto: 8,5

Aggiornato il 12 dicembre 2024 alle ore 10:44