Opinioni a confronto: l’importanza della parola

“Di che parliamo, oggi?”.

“Della cosa più semplice di cui si possa parlare”.

“Cioè?”.

“Della parola”.

“Ma tu lo sai da dove viene propriamente la parola?”.

Dalla bocca”.

“Volevo dire quali sono le sue origini”.

“Stando al Vangelo di Giovanni, In principio era la Parola (con la P maiuscola), la Parola era Dio, tutte le cose sono nate dalla Parola, cioè dall’essenza stessa di Dio”.

“La nostra Chiesa dice che Dio creò tutte le cose dal nulla”.

“Balle. Il nulla non esiste, e quand’anche esistesse appartiene sempre a Dio. Gabriele D’Annunzio ha scritto: Esiste una sola scienza, la scienza delle parole, chi conosce quella conosce tutto perché tutto esiste per mezzo delle parole. E nel Poema paradisiaco ha scritto: Parola, o cosa mistica e profonda, ben io so la tua specie e il tuo mistero e la forza terribile che dentro porti e la pia soavità che spandi. Ma fossi tu per me fiume tra i grandi fiumi più grande, e limpido nel centro de la Vita recassi il mio pensiero!”.

“Io mi riferisco alle nostre parole, le quali sono molto di più che semplici combinazioni di lettere, segni grafici e suoni. Ogni parola porta con sé un significato, un’intenzione e, soprattutto, un’anima. Noi quando parliamo, quando scriviamo, quando scegliamo una parola piuttosto che un’altra, facciamo molto di più che comunicare un’informazione o un dato: plasmiamo la realtà, influenzando emozioni e creando connessioni profonde con chi ci legge o ci ascolta. Ogni parola può portare con sé un’infinità di significati, sfumature e risonanze emotive. Una parola può consolare, incoraggiare, risanare, ferire e distruggere. Quando diciamo che le parole hanno un’anima, ci riferiamo a questa capacità unica di toccare il cuore e la mente delle persone, di influenzare il loro stato d’animo e persino il loro comportamento”.

“Anche il più piccolo sussurro porta con sé un’intenzione e un’energia che possono avere un impatto duraturo, sia nel bene che nel male”.

“Ogni parola che pronunciamo o scriviamo ha il potere di costruire o distruggere. Pensiamo, ad esempio, all’importanza di un Grazie sincero, di un Ti voglio bene detto al momento giusto, o di un Mi dispiace che arriva dal profondo del cuore. Queste parole hanno la capacità di avvicinare le persone, di riparare ferite, di creare un legame che può durare una vita o, semplicemente, di risolvere una situazione momentanea. È per questo che la scelta delle parole è un atto di grande responsabilità: ogni parola che usiamo può essere una carezza o una lama affilata”.

Parola deriva dal greco antico parabolè, che in latino corrisponde a parabula, e in italiano a parabola (come le parabole di Gesù), che è una comparazione fra le parole e le cose che esse rappresentano. Per fare un esempio, dicendolo con Dante, i bambini quando ancora non sanno parlare bene, indicandoli con la mano, dicono il pappo e il dindi, che sono la pappa e il dondolio che fanno le monete o un altro oggetto quando cadono a terra”.

“Tu hai scritto per la Rai degli sceneggiati ideati da te e intitolati La parola alla Parola e Parole alla sbarra, e poi hai scritto e pubblicato un libro intitolato In principio era la Parola, dopo venne anche l’immagine con la televisione”.

“Sì, e Luciano Rispoli, uno dei capistruttura, trasse da lì, plagiandomi, Parola mia, vantandosi di essere stato il primo a coniugare la cultura col divertimento. Dicono che prima della parola viene nella nostra mente il pensiero, ma come possiamo parlare e scrivere se prima non pensiamo alle parole che dobbiamo dire?”.

“Sulle parole c’è una canzone di Mina, che recita così:

“Parole, parole, parole,
che cosa siete?
Parole, parole, parole,
parole, soltanto parole,
parole tra noi”.

“Quante cose ci sarebbero da dire sulle parole! Nell’antico mondo classico la più grande e bella scuola che insegnava il giusto uso che si fa della Parola, ragalataci da Dio, era la famosa scuola di Atene, capitale della Grecia. C’erano dentro personaggi famosissimi: Zenone, Epicuro, Anassimandro, con Empedocle, Senocrate, più Boezio, Averroè, l’immancabile Pitagora, che indicavano la via che portava l’uomo a Dio, ch’era appunto la Parola, come dice nel Vangelo di San Giovanni”.

“Ma la Chiesa per Parola intende Cristo, perché Giovanni dice che la Parola era accanto o presso Dio, e seduto accanto a Dio c’era solo Gesù Cristo”.

“E lo Spirito, che univa Padre e Figlio dove stava? Se Giovanni non lo nomina vuole dir che per accanto deve intendersi che in Dio conviveva la Parola. D’altra parte per la Chiesa Cristo e Dio son due persone, che, “distinte fra di loro”, fanno un’unica persona. Anche questo è un grave errore. Oltretutto in quel di Roma la persona era la maschera indossata dagli attori che faceva personare meglio e più la loro voce nei teatri che stavano all’aperto”.

“Ma che dice di se stessa la Parola, ch’era Dio?”

Io che sono la Parola, dico e scrivo veramente, senz’alcuna alterazione, ciò che ho dentro la mia mente. Io nel mondo sono un Dio, anzi, il Dio per eccellenza, che impersona la Parola. Ma lo faccio a modo mio e non bado all’apparenza perché sono una sostanza, che in principio non si vede, ma si sente, nella mente e nel cuore di chi crede con ragione, non con fede, se no nascono contrasti: c’è chi crede e chi non crede e da lì vengono i guasti nel parlare e nello scrivere. Ciò lo faccio nella lingua, nella scienza, nella storia, in qualunque attività, e lo fò seduta stante, non ci penso, non ci gioco, come fanno i bambinelli quando mettono i tasselli delle lettere alfabetiche sulle loro tavolette o di legno o di cartone, scombinandole fra loro. La Parola certamente può condirsi in molti modi, con il sale, con lo zucchero, col dolore e con la gioia, può condirsi in “molli versi”, come fa Torquato Tasso nella sua Gerusalemme liberata. Ma non deve sconfinare nell’insulto, o, di più, nella menzogna, nella lotta corpo a corpo. Dice Dio: “Sono io che reggo il mondo, se va bene l’assecondo, se va male lo sprofondo. In quest’era tecnologica ha toccato proprio il fondo: una volta era l’amore che legava tutti gli uomini, oggi l’odio li divora. Non è mica colpa mia: io rispetto il mio dovere. Lo scrittore, o vulgo sciocco, è un pitocco, che al mestiere che professa ha dato un tocco che distrugge la cultura. I politici hanno cura solamente di se stessi, mentre i bravi sono fessi. Quando è troppa, la cultura, a colui che l’usa e cura resta sempre la paura di parlare a dismisura. La cultura è la coltura (viene anch’essa dal latino) non di cavoli e verdura, ma di sana intelligenza: se si perde la pazienza tutto a monte se ne va. E così faccio pur io: me ne torno su nel cielo, nella prima sfera mia, l’assoluta, dell’amore, della pace e l’armonia”.

“Nessuna cosa esiste dove manca la parola”, diceva Stefan George. E Martin Heidegger si domandava: “Che cos’è la parola per avere tale potere?”.

“La Parola è un suono puro, dalla cui scomposizione, come dalla vibrazione di una corda, sarebbero derivati una serie di suoni, i quali, variamente mescolandosi fra loro in una innumerevole quantità di combinazioni “che la bocca non può dire e l’orecchio non può udire”, avrebbero dato origine alle cose e alle parole stesse. Anche i sentimenti e le sensazioni sono riconducibili ai suoni: in generale i suoni gravi, lenti e deboli d’intensità, esprimono i sentimenti collegati col dolore, mentre i suoni acuti, forti e vivaci, esprimono i sentimenti collegati con la felicità. La mitologia indù offre una sintesi della realtà sensibile originata dal suono laddove ad ogni nota musicale fa corrispondere un colore, e, non potendosi questo concepire come un fenomeno a sé stante, gli associa un animale, per cui il do suona verde-pavone, il re rosso-allodola, il mi oro-capra, il fa biancogiallo-airone, il sol nero-usignolo, il la giallo-cavallo, il si tutticolori-elefante. I mistici orientali riescono a stabilire un contatto con l’assoluto, o ad avvertire il divino, recitando dei suoni particolari, chiamati mantra, di cui l’Aum è quello fondamentale, con cui Dio avrebbe dato inizio alla sua manifestazione”.

Aggiornato il 06 novembre 2024 alle ore 10:34