Il corpo produttore di socialità o prodotto sociale
Quanto accennato sopra, conduce a una chiara differenza. Il corpo-soggetto è capace di creare il proprio spazio, lo connota e lo denota, gli dà un nome, dà un nome a ciò che usa, mappa la realtà e ci si muove senza domandare se può o non può compiere un gesto, una azione, una attività.
Si appropria del mondo con la sua attività. Le regole le stabilisce lui, o almeno concorre a stabilirle, eleggendo i propri rappresentanti politici. Non ignora le regole, ma non le chiede, le costruisce nel tempo, negli anni. È così che cresce una civiltà, una cultura, una civilizzazione.
Nella libertà si coltiva anche la responsabilità. Chi agisce libero, e stabilisce le proprie regole di convivenza, conosce bene dove sia il proprio limite.
È vero che la società è già là, quando il corpo-soggetto viene al mondo e alla società, ma è anche capace di produrre lui stesso dei pezzi di quella società. Per far questo l’essere-il-corpo esercita dunque la sua attività, ancor prima di richiedere il permesso all’autorità, o al Potere, che invece, vorrebbe che ogni attività umana emani da una “concessione”.
L’essere-il-corpo, con l’azione, si espande e regola questa sua espansione secondo dei principi “erga omnes” i quali garantiscono tolleranza e apertura a tutti: ad esempio, la concorrenza, il diritto, il mercato, il diritto di proprietà. Al corpo-soggetto non può star bene di fare qualcosa che sia invece proibito ad altri.
Al contrario, un corpo oggetto, che guarda il proprio corpo distante da sé, è capace di proibire al proprio corpo, e, di conseguenza, anche agli altri corpi, determinate attività che invece sa ‒ e vede ‒ compiere da chi detiene il Potere, l’autorità. Un corpo-oggetto lascia facilmente che un medico manipoli il suo corpo e non è certo in grado di domandare a quel medico se lui si farebbe manipolare. In altre parole, accetta il suo stato di schiavo, o suddito.
Il corpo-oggetto si fa vaccinare ma non osa chiedersi se i rappresentanti del Potere si siano o meno vaccinati. Quella domanda legittima a un corpo-oggetto sembra quasi offensiva. Per lui è ovvio che sia così. A lui non interessa che all’élite sia concesso qualcosa che sia proibito al gregge. La cosa che più gli interessa è che a nessuno del gregge sia permessa una deroga a quella regola. E per far questo è capace di denunciare chi deroga alle regole che sono stabilite, indipendentemente se quelle regole vadano o meno contro i diritti naturali del corpo-soggetto, dell’individuo, della persona.
Insomma, il corpo-oggetto, quando nasce, la società se la ritrova così come è, e, qualora non si avvii a compiere il viaggio di corpo-soggetto, quando la lascerà, non avendo influito per nulla sulle modalità dell’esistenza sociale, la società sarà sicuramente peggio di come l’aveva trovata.
Più la società è totalitaria, più viene controllato ogni angolo dell’esistenza e dell’espressione dei corpi, e più vengono prodotti nuovi corpi oggetto. Più la società procede verso il totalitarismo e più il potere spinge i corpi-oggetto in conflitto contro quei corpi-soggetto che rivendicano la loro esistenza umana e creativa, produttrice di realtà e costruttrice di socialità e convivenza umana. Più questo accade e più aumentano i conflitti, salva la prerogativa che il Potere si riserva di comporli a favore del corpo-oggetto, che è schiavo del Potere, fino a farli tacere tutti, attraverso l’uso della forza.
Quando tutti i corpi saranno stati resi oggetto, il conflitto sarà compiuto, ovvero eliminato, e la società struttural-funzionalista e totalitaria sarà realizzata.
Il corpo-soggetto, viceversa, oltre a dare un nome alle cose, stabilisce i propri confini e i propri limiti, conoscendo i propri bisogni ed essendo in grado di lanciarsi verso il proprio desiderio.
Il corpo oggetto non sapendo quali siano i suoi bisogni, non giunge a desiderare, si limita a riprodurre i bisogni che gli sono stati insegnati e che vengono imposti dall’esterno. Altrimenti non si spiegherebbe il consumo ad alti livelli di nuovi prodotti. Il corpo-oggetto non prende coscienza di quali siano i propri gusti e le proprie personali propensioni: è il fenomeno della moda a darci chiare indicazioni nel merito.
Allo stesso modo nel quale, il corpo oggetto si comporta come un bambino che chiama le regole e le pretende dalla mamma e dai genitori in soccorso dei suoi diritti, esso sa bene sfuggire ai doveri e alle responsabilità. È quell’assenza di identità e responsabilità, quell’anomia di chi è soggetto a devianze, a comportamenti legati alla dipendenza e al consumo di alcol, sostanze psicotrope, medicine, o che si fa tatuare decimetri quadrati di pelle, facendosi male, inoculandosi vernici tossiche.
La mancanza di responsabilità si lega alla noncuranza del voler costruire meccanismi sociali che siano più giusti e più vicini ai propri stessi bisogni, ai propri desideri e ai propri legittimi interessi.
Il Corpo-Oggetto come problema sociale
Abbiamo potuto comprendere, sinora, che, a ben vedere, il conflitto tra le due percezioni del corpo, si accende quando il corpo-soggetto si comporta normalmente e abitualmente: ed è allora il corpo-oggetto ad essere aggressivo, e a ricordargli che si è in emergenza, e che la normalità e l’abitudine sono state abrogate per decreto e non vanno più bene. Invece, il corpo-soggetto, quando si sente compresso nei propri diritti e libertà allora fa scattare in sé ribellione e, di conseguenza aggressività.
L’ossessione del corpo-oggetto durante la pandemia era la vicinanza tra i corpi. Il corpo oggetto indietreggia laddove il corpo soggetto, che si comporta normalmente, avanza.
Da lì nasce la famosa frase sulla “tua libertà, che finisce dove inizia la mia”. La difesa d’ufficio, rispetto a questo atteggiamento restrittivo e costrittivo delle relazioni sociali veniva lasciata ad un falso e fatidico: “Non lo faccio per me, ma per i miei genitori che sono molto vecchi”.
Il risultato era la chiusura delle relazioni sociali. Se non vi era la chiusura totale, vi era la richiesta di tampone a tappeto, richiesta a coloro con cui si entrava in relazione. Era, questa, una resa alla versione ufficiale sulla pandemia e sulla sua gestione politica liberticida e, anche e soprattutto, fallimentare.
Certo, questo atteggiamento protettivo era, al tempo, giustificabile in base alle notizie “ufficiali” che venivano dalle terapie intensive. Il tasso di sopravvivenza per chi arrivava alla terapia intensiva non era infatti incoraggiante.
Ma cosa ha impedito a milioni di persone di andare a verificare le notizie vere e che cosa stava accadendo con le cure prescritte per il Covid? O di leggere del dottor Riccardo Munda, che, a Nembro, nell’epicentro del focolaio Covid del marzo 2020, non mandò mai al ricovero i suoi 1.400 pazienti, tra cui centinaia di anziani, salvandoli tutti, attraverso visite quotidiane, uno dopo l’altro? Questo accadeva mentre a casa le persone non sono state assistite per giorni e giorni, e questo è avvenuto ovunque, fino al 2022.
Il conflitto perdura ancora oggi, nel 2024, quando non passa giorno senza che i media non ufficiali non riportino di morti improvvise, di giovani che cadono per malori inspiegabili. Tutto questo il corpo-oggetto lo rigetta: non riesce proprio a farci i conti. Sarebbe troppo difficile ammettere di aver seguito ciecamente le prescrizioni di chi, palesemente, non faceva gli interessi dei pazienti.
In futuro occorrerà certamente fare delle ricerche approfondite su una fenomenologia del corpo che si percepisce oggetto, e così essere più precisi, approfondire cosa possa avvenire nella mente di un individuo che non riesce a identificarsi con il proprio corpo, facendone il protagonista di una vita attiva.
Perché, se è vero che la scienza classica, da sempre, reifica il corpo, la scienza sociale tiene conto, sin dalla sua nascita, dell’attività del corpo, della sua azione nel mondo. L’attività dell’uomo, ad esempio genera il Pil, modifica le condizioni di vita, cura, fa ricerca naturale, spiega la vita e la morte, legifera, costruisce istituzioni, commercia e, infine muove gli eserciti.
Intanto va dato atto che questi anni di crisi del sistema stanno permettendo di portare alla luce il problema, che è proprio il corpo che si reifica da sé, che si autoreifica, e questo accade tutte le volte che rinuncia deliberatamente all’azione.
Un corpo può abbandonare l’azione e diventare un mero oggetto per tanti motivi. Il più diffuso riguarda le malattie invalidanti, del corpo o della mente.
Un altro motivo diffuso riguarda le credenze religiose: ad esempio un certo grado di fatalismo è contemplato in molti credo, cristiani, islamici, indiani, cinesi. La persona si affida all’azione degli eventi. Nel primo caso il corpo è assunto come oggetto in quanto non può essere soggetto. Nel secondo caso perché non vuole essere soggetto.
Durante la crisi pandemica assistiamo a un mix di questi due atteggiamenti. Un mix di malattia e religione. Qualcuno potrebbe parlare di scientismo, ovvero di accettazione della scienza come una fede. Ma, dato che difficilmente la persona media si è preoccupata di approfondire la propria conoscenza scientifica durante la pandemia, si potrebbe anche parlare di mediatismo, ovvero di accettazione religiosa – e superstiziosa – della versione annunciata da parte dei media ufficiali.
(*) Leggi i capitoli precedenti: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28
Aggiornato il 05 novembre 2024 alle ore 12:41