Il corpo-soggetto: un paradigma liberale/27

Differenze di percezione per differenze di aggressività:
immunitas vitale vs immunitas sanitaria

Il corpo-soggetto, attivo tutti i giorni verso determinati obiettivi vitali, esprime la propria rabbia per il fatto che qualcuno, che non ha compreso cosa stia avvenendo, assedia la propria immunitas vitale. Lo obbliga a dei comportamenti che, oltre a non essere contemplati nelle sue abitudini e che lo allontanano dai suoi obiettivi di liberazione, gli impediscono di liberare l’altro. L’altro non vede che quello del corpo-soggetto è, anche, un messaggio di libertà e protezione, un tentativo di liberare e proteggere gli altri e non un atto meramente egoistico.

Il corpo-oggetto esprime rabbia e ira per vedere la propria immunitas sanitaria messa a rischio e sentire il proprio corpo esposto al rischio del contagio. Per lui la vita quotidiana e abitudinaria è già stata abbandonata e dimenticata. Ma prova rabbia anche per chi gli propone una strada che devia dal suo conformismo. Dal suo accettare supinamente le decisioni che lui ha voluto delegare al Potere, per propria serenità.

Il corpo soggetto, con amor proprio, esibisce le proprie conquiste quotidiane, ad esempio spiegando di aver avuto il covid e di averlo combattuto con una certa cura, sentendo che il proprio corpo ha attraversato una esperienza preziosa per sé e per gli altri.

Il corpo-oggetto esibisce invece quello che considera il proprio eroismo, ad esempio chiamare la polizia per denunciare qualcuno che non portava la mascherina, e minacciava il corpo proprio e quello delle altre persone.

Il corpo-soggetto può aver compreso che un certo protocollo di medicinali lo ha aiutato a guarire meglio che con la tachipirina e la vigile attesa, e che dunque esiste una falla nella narrativa del Potere sulla pandemia. 

Un corpo-oggetto può provare soddisfazione invece che il numero dei decessi in una certa area, dove il lockdown è stato totale, è diminuito, seguendo senza chiedersi se il Potere lo stia o meno ingannando con questi dati.

Per rilevare la presenza del virus abbiamo accettato l’obbligo di tampone, e non ci siamo fatti venire nessun dubbio quando abbiamo appreso che il tampone rilevava tracce di virus, attraverso cicli di aumento spropositato del suo segnale. Il corpo-soggetto scoprirà infatti che i campioni di muco per risultare positivi dovranno passare in macchine che ne potenziano il segnale 32, 46 o 54 volte, comprendendo che la misura di monitoraggio del virus è quantomeno dubbia. Il corpo-oggetto si preoccuperà semplicemente che chi lo viene a trovare a cena abbia fatto il tampone per non mettere il proprio corpo a rischio: per lui il tampone dice la verità.

Il corpo soggetto vivrà l’obbligo di vaccino con l’ansia di chi immette una sostanza sconosciuta nel proprio corpo, come potrebbe essere un bicchiere di una sostanza offerta da bere da qualcuno, sconosciuto, per strada. L’obbligo di vaccino per il corpo oggetto dipenderà dalla corsa di tutti gli altri a vaccinarsi.

L’obbligo di vaccino per lavorare sarà visto dal corpo soggetto come una misura del tutto esorbitante, esprimendo un totale dissenso, perché intacca addirittura i diritti umani. Il corpo oggetto vedrà che nella chat dei suoi colleghi di lavoro c’è qualcuno che piuttosto che vaccinarsi non verrà a lavorare e questo gli provocherà angosce, ansie, ed esprimerà il suo dissenso, più o meno nascostamente. Il corpo-soggetto dimostrerà che il vaccino non impedisce il contagio e lo scriverà. Il corpo-oggetto crederà alla dubbia notizia che occorra quanto prima una seconda dose per impedire il contagio, perché l’efficacia del vaccino ha “una durata limitata”.

Si veda come un conflitto, a questo susseguirsi di messaggi, di dichiarazioni di informazioni è cosa certa, data la sostanziale differenza con la quale le due tipologie di percezioni avranno influenzato il loro atteggiamento sociale.

Da una parte c’è l’ira di Cristo, che con amor proprio, ricorda ai mercanti nel tempio, che quella è la casa del Signore, dall’altra c’è la rabbia di chi è in catene, e che non essendo in grado di gioire per chi quelle catene se le è tolte, attacca l’uomo libero e lo chiama “pazzo”.

In un paese nel quale il debito pubblico è già a livelli intollerabili, le misure di lockdown appariranno economicamente controproducenti o addirittura catastrofiche a chi possiede una forte identità fisico-corporea. Mentre chi vive nella paura e nel terrore di morire, considererà queste preoccupazioni del tutto inutili e ridondanti.

In ultima analisi, mentre il corpo soggetto avrà infine maturato la convinzione che le misure sono state esorbitanti rispetto al livello di rischio e di pericolo della corrente emergenza, il corpo oggetto avrà accettato ogni singola misura imposta alla popolazione, senza curarsi della necessità di una correlazione tra emergenza, rischio e misure intraprese.

Abbiamo dunque visto come da parte del corpo-soggetto ci sia il tentativo di minimizzare le regole, gli impedimenti, gli ostacoli all’espansione del sé, i limiti alla libertà individuale che si percepisce essere messa ampiamente in discussione dal Potere e dal suo subdolo alleato, il corpo oggetto.

Da parte del corpo-oggetto c’è chi prende le regole e le ingigantisce, chi se ne fa scudo, chi cerca di rammentare se una cosa si possa fare o meno secondo una questione legale, egalitaria, etica o strettamente giuridica. Il conflitto in atto ovunque è dunque legato alle modalità di vivere, alla capacità di sentire che l’altro ci possa o meno lasciare liberi.

Questo lavoro è nato dal conflitto percepito nella società a partire dalla narrativa emergenziale, cominciando dall’obbligo di mascherine – di cui è stata dimostrata l’inefficacia verso il contagio del virus Covid – e dal fatto che ci fosse qualcuno che più realista del re, volesse imporne agli altri il suo uso. Il fastidio delle barriere di plexiglas, e il delirio di volerle mettere anche all’aperto a separare gli ombrelloni nelle spiagge, che venivano disinfettate ogni giorno, sono solo altri oggetti di conflitto: immaginate la sabbia, disinfettata!

In seguito, la misura del lockdown, che non ha precedenti nella storia dell’umanità, e che impedisce la circolazione dell’aria nei luoghi chiusi, quando questa è l’unica misura efficace da adottare nei confronti di un virus. Le cure sbagliate, l’uso dei respiratori che hanno provocato le trombosi o e le micro-trombosi, responsabili di tante morti in terapia intensiva. La tachipirina e la vigile attesa, misure inutili e dannose, perché ritardanti ogni intervento, invece di medicine che il sistema pubblico non ha saputo prescrivere.

Siamo stati sottoposti al macabro conteggio dei morti, che i corpi-oggetto hanno accettato fossero “morti con Covid” e non morti di Covid. Misure che hanno violentato i nostri figli, come la Didattica a Distanza (Dad), che ha privato di vera socialità per 24 mesi i giovani. Abbiamo visto riapparire nelle nostre città il coprifuoco, come se ci fosse un nemico occupante, senza che si comprendesse che il nemico occupante sono lo Stato e il Governo quando non fanno gli interessi del corpo-soggetto.

L’ultima emergenza: la guerra

Mentre i morti da vaccino, ovvero da “nessuna correlazione” – come ironicamente scrivono i non vax – crescono esponenzialmente, specie tra i giovani sportivi, che sono stati esposti senza alcuna ragione al rischio della vaccinazione, è iniziata la nuova narrativa emergenziale: quella della guerra.

Così, l’attacco all’Ucraina dell’esercito russo è stato fatto passare per un capriccio di Vladimir Putin, invece che una conseguenza di una politica trentennale. La narrativa del giornalismo italiano si è posta, a mio avviso, in un’ottica emergenziale e non critica e descrittiva.

Dopo una ovvia e scontata presa di posizione “tipeida”, nel timore che la dipendenza italiana dall’energia russa, mandasse ancora di più in crisi l’economia del nostro paese, il premier Draghi si è conformato alla narrativa “guerrafondaia”, aderendo alle sanzioni alla Russia e agli aiuti di armi all’Ucraina. L’infelice frase che tutti ricordiamo sull’alternativa tra l’accendere i condizionatori e consumare quindi “troppa” energia, rispetto al volere la pace, che le sanzioni ci avrebbero permesso di ottenere, resterà negli anni della comunicazione “assurda” e “astrusa” da parte del Potere.

Cartina di tornasole della falsità è il fatto che, nella narrativa del gas che non può più arrivare dalla Russia, nessuno, in Italia, abbia più aperto un ragionamento serio sulla necessità dell’estrazione di gas in Adriatico o sul nucleare, non curandosi della necessità di migliaia di imprese italiane, non curandosi più insomma dello stato dei conti pubblici.

Una delle conseguenze più chiare della guerra, la cui correlata corsa agli armamenti ha creato un ovvio incremento dei prezzi, è stata l’inflazione, con quella dei generi alimentari a farla da padrone.

Mentre questo accadeva, mentre nei supermercati, nel 2023, i prezzi quasi si raddoppiavano rispetto al 2018, le rinnovabili si mangiavano ettari ed ettari di terreni coltivabili, alimentando la spirale inflazionistica alimentare.

I proclami europei sulla commestibilità degli insetti, sulle misure “green” per veicoli e abitazioni, le Ztl o i limiti di velocità a Milano, Bologna e Roma, si collegavano inspiegabilmente a quanto è in corso, rendendo la piega oggettivamente incongrua, in termini di pressione psicologica sulla popolazione. Il rinnovo dei parametri catastali e le paventate tasse sulla casa o le nuove misure energetiche si intersecavano inspiegabilmente con l’austerity e l’armistizio fiscale che dovrebbe, al contrario, sorgere in un periodo di guerra.

In conclusione, e in sintesi, dal marzo 2020 abbiamo assistito a un teatro dell’assurdo, inscenato dal Potere, con il corpo-oggetto spettatore obbediente e non critico, e il corpo-soggetto preso di mira come principale obiettivo, da annientare, annichilire, polverizzare, in una escalation scriteriata di misure.

(*) Leggi i capitoli precedenti: 12, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 1516171819, 202122, 2324, 25, 26

Aggiornato il 24 ottobre 2024 alle ore 13:16