I grandi libri raccontano i cambiamenti storici, poiché, attraverso il linguaggio universale della letteratura e della poesia, offrono una chiave di lettura indispensabile per avere una comprensione di quanto è accaduto nel passato. Federica Manzon, autrice del libro Alma, edito dalla Feltrinelli, e a cui è stato assegnato il Premio Campiello di questo anno, è riuscita a rappresentare cosa accadde in Europa dopo la dissoluzione della Jugoslavia e quale significato abbia il confine sul piano culturale. Alma, divenuta una giornalista esperta di geopolitica, in una giornata di aprile ritorna sull’isola di Brioni, dove nel periodo estivo in passato trascorreva le vacanze il maresciallo Josip Tito. Suo padre, che era un collaboratore del dittatore jugoslavo, aveva voluto che Alma, da bambina facesse parte del gruppo dei pionieri, sicché Alma indossava il berretto blu con la stella e il fazzoletto rosso intorno al collo, sopra la camicia bianca. Ricorda Alma, mentre passeggia sui viali dell’isola, di avere guardato da bambina suo padre seduto intorno a un tavolo, mentre il maresciallo Tito contemplava il mare dalla vetrata, impartendo i suoi ordini in modo imperioso. Suo padre era l’intellettuale che doveva scrivere i discorsi del dittatore e curarne la comunicazione.

Il padre compariva e spariva al di là del confine, che segnava la linea di demarcazione tra il sistema politico occidentale e quello del socialismo reale. La madre di Alma, figlia di un noto germanista, lavorava nella città dei matti, dove lo psichiatra Franco Basaglia stava mettendo in discussione il mondo opprimente dei manicomi per modificarlo radicalmente. Alma ricorda i pomeriggi trascorsi al caffè San Marco, di fronte alla grande piazza di Trieste, in compagnia del nonno, che la invogliava a leggere gli articoli in tedesco del quotidiano Die Zeit, in modo da indurla a studiare il tedesco. Suo nonno, appartenente alla colta borghesia mitteleuropea, una volta le raccontò che il maresciallo Tito, l’idolo di suo padre, al di là del confine mandava gli oppositori su un’isola, che era una prigione. Nei ricordi di Alma, che è ritornata nella sua città di nascita, per ricevere l’eredità che il padre le ha lasciato, riaffiora una frase che non ha mai dimenticato: nella vita puoi avere tutte le libertà che vuoi, ma se non possiedi la libertà di scrivere e dire quello che pensi, significa che qualcosa di molto brutto si sta preparando.

Per il padre di Alma, senza Tito il suo Paese non sarebbe riuscito a sconfiggere i nazisti. Dopo la Seconda guerra mondiale era stato lui a decidere da che parte stare, se con gli Stati Uniti oppure la Russia. Sua nonna leggeva ad Alma le poesie bellissime scritte da Marina Cvetaeva, e le parlava dell’opera di Nikolaj Gogol’, considerato il più grande degli scrittori di lingua russa. Nell’infanzia di Alma compare, a un certo punto in modo sorprendente un bambino, Vili, figlio del direttore politico del settimanale jugoslavo Nin, amico di suo padre. Il padre, che spesso conversa in serbo con il piccolo Vili, racconta alla figlia che il direttore del settimanale Nin è caduto in disgrazia per un discorso sbagliato che ha pronunciato. Alla notizia della morte del maresciallo Tito, Vili, che ha frequentato le scuole a Trieste, afferma che questo evento comporterà dei guai per il padre di Alma. Suo padre, ricorda Alma, sovente aveva affermato che la geografia ha sempre la meglio sulla storia. In quella occasione lui aveva detto che nascere in una città affacciata sul mare, oppure in un villaggio situato lungo il confine, essere nati a ovest oppure ad est, costituisce una differenza notevole. Infatti, la geografia ci lega per sempre a un carattere etnico, decidendo in anticipo chi siamo e saremo.

Per suo padre l’adriatico non era un semplice mare, poiché esso dischiudeva e lasciava intravvedere un mondo più vasto e ampio che arrivava fino a Dubrovnik. L’Adriatico era il crocevia di diverse civiltà e identità culturale, per il padre di Alma. Alma ricorda la preoccupazione del padre quando in un piccolo paesino dei Balcani, a Polog, l’esercito era stato fermato dai civili, che gli opponevano resistenza. Il padre di Alma, intuendo la dissoluzione della Jugoslavia e l’inizio della guerra tra i serbi e i croati e i cittadini della Bosnia, osservò in quella circostanza che un dispaccio segreto della capitale aveva fatto muovere i soldati dell’esercito da Mostar verso Spalato nel tentativo di dividere politicamente la Croazia. In seguito, si ebbe l’assedio di Vukovar, quello che, dopo molto tempo, sarebbe stato ricordato come l’inizio di una guerra psichiatrica, in cui si ebbero sorprendenti capovolgimenti di parte, in cui gli uni vendevano armi sul confine ai nemici per fare affari, e gli altri lasciavano che le città venissero demolite per ottenere la protezione della comunità internazionale. Durante la guerra come giornalista Alma ritrova a Belgrado Vili, divenuto un famoso fotografo.

Nella custodia di un disco vinile, conservato nella casa di Vili, Alma scoprirà le foto che documentano i massacri perpetrati dai serbi e confermati dall’esistenza delle fosse comuni. Mentre si trova a Belgrado, città in cui segue la guerra dei Balcani, Alma ha una conversazione con il nonno, il colto intellettuale mitteleuropeo. Alma confessa al nonno di non capire cosa stia accadendo e perché l’odio dovuto all’orgoglio nazionalista abbia diviso il popolo della nazione edificata da Tito. Il nonno riconosce che sta scrivendo articoli belli e profondi e la invita a capire le persone, da dove arrivano, e perché sono precipitati in quel pandemonio. Bisogna capire il passato, poiché dal passato dipende il presente. Il nonno di Alma, durante la conversazione telefonica, dice che per anni, a queste persone, è stato impedito di ricordare i loro morti. Per molto tempo, sbagliando, hanno fatto guerra alla memoria. Chiunque può prendere la tua memoria e manipolarla, facendoti credere quello che vuole. Per il padre di Alma, l’autore dei discorsi di Tito, sia la propaganda del regime jugoslavo sia quello che veniva scritto per proteggerci dal mondo esterno, hanno consentito che venisse eretto un teatrino di lodi verso la nazione e il suo sistema politico, e nei riguardi dello stesso esercito. Questo fatto innegabile, come riconobbe nel suo ultimo colloquio avuto con Alma, per suo padre ha creato un terreno fertile perché attecchisse il nazionalismo esasperato che ha scatenato la guerra nei Balcani. Questo libro, che appartiene alla letteratura di confine, si pensi alle opere di Fulvio Tomizza, Claudio Magris, Carlo Sgorlon, è bello e profondo.

(*) Alma di Federica Manzon, Feltrinelli 2024, 272 pagine, 18 euro

Aggiornato il 15 ottobre 2024 alle ore 15:06