Visioni. “Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F”, il sequel senza humour di Murphy

Al quarto capitolo della saga di Axel Foley mancano l’irresistibile umorismo e la caratteristica empatia. Il personaggio di culto interpretato da Eddie Murphy sembra un ostinato reduce che non è disposto a cambiare. Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F, diretto dall’esordiente Mark Molloy, distribuito direttamente su Netflix il 3 luglio scorso, racconta la misteriosa scomparsa di Billy Rosewood (Judge Reinhold), il tenente del Dipartimento di polizia di Detroit. Della vicenda, naturalmente, si occupa Foley, che torna dove tutto è iniziato, a Beverly Hills, per indagare sulla corruzione interna all’universo degli agenti. Si tratta di un circuito di riciclaggio, omicidi e soldi sporchi, orchestrato dal capitano Grant (Kevin Bacon). Al caso lavorano anche Jane (Taylour Paige), l’indomita figlia di Foley, avvocata, e l’ex fidanzato pedante di quest’ultima, Bobby Abbott (Joseph Gordon-Levitt). Eddie Murphy appare, come sempre, al meglio della sua forma. Eppure, sono passati quarant’anni dal primo capitolo. Il confronto con il passato è impietoso. Anche il ritmo narrativo risulta colpevolmente trasandato. Il ritorno di Foley era atteso da anni. Peraltro, il terzo capitolo era stato diretto da un maestro come John Landis. Si è spesso parlato del quarto capitolo.

Almeno fino all’accordo del 2019, stipulato tra Paramount e Netflix, che distribuisce il film. Purtroppo, l’esito dell’atteso nuovo lungometraggio lascia pressoché interdetti. Molloy intende, almeno per una ventina di minuti, mostrarci, con Detroit, un lato meno noto degli Stati Uniti. Ma è un’ambizione che dura poco. Perché Foley torna presto a Beverly Hills per risolvere un caso intricato. Se i tre film precedenti puntavano sul linguaggio e sul tono esagitati, qui, la temperatura narrativa risulta alquanto tiepida. Con tutta evidenza, qualcosa non ha funzionato già in sede di sceneggiatura. Il copione, che porta la firma di Will Beall, Tom Gormican e Kevin Etten, appare fin troppo compiaciuto e pieno di buchi logici. Ma, soprattutto, scevro di umorismo: la cifra stilistica tipica del personaggio di Foley. A questo proposito, forse il conflitto con la figlia Jane (con cui i rapporti sono pessimi), appesantisce il tono da commedia che ha contraddistinto i capitoli precedenti. Un fatto è evidente: il ritorno di Foley non coincide con le aspettative degli spettatori. La narrazione padre-figlia rende la storia una sorta di miscellanea tra la commedia screwball e il poliziesco. Di tanto in tanto, il celebre tema musicale di Lorne Balfe ricorda i fasti di un tempo. Ma crea, esclusivamente, un effetto nostalgia, riecheggiando le atmosfere irripetibili degli edonistici anni Ottanti. Se Kevin Bacon prova a conferire un impulso più credibile al suo personaggio, il resto del cast, Eddie Murphy compreso, appare assolutamente lontano dall’idea originaria di Beverly Hills Cop. Come se si trattasse di una specie di sequel apocrifo: addirittura un remake parodistico. Il mondo è cambiato. L’unico a non rendersene conto sembra proprio il personaggio principale. Così Foley appare sfocato, se non standardizzato. In definitiva, Un piedipiatti a Beverly Hills: Axel F funziona pochissimo e finisce pure peggio. Lo script, poco originale, procura spesso noia pura. È un vero peccato. Un triste, solitario y final per un racconto che ha fatto epoca.

Aggiornato il 22 luglio 2024 alle ore 10:36