Natura, arte, vita

Molti amano gli animali quanto gli esseri umani, perfino maggiormente. Vi è una ragione in questa supposizione: che gli animali sono più sinceri degli esseri umani, specialmente nell’amore e nella devozione, un’intimità abbandonata, non hanno concettualità, pensiero astratto ma nel terreno, diciamo, dei sentimenti, radicalmente manifestanti, come i figli bambini, e molti, appunto, considerano gli animali dei figli. Dedicano ad essi attenzioni, denaro, premure, sofferenze partecipative, perfino sottomissione. Anche in tal caso equiparati al prossimo umano o superiori. Inoltre, vi è un’alleanza amicale in questo culto: i gattisti, i caninei, i pappagallosi, i gallinacei, gli asinisti, e le richieste di solidarietà diluviano, e informazioni sui malesseri, e cordoglio per la morte (ponte dell’arcobaleno), con auspicio di rivedere il gatto, il cane, il pappagallo, il topino nell’aldilà e testimonianze di ricordo indistruttibile. I messaggi per sottrarre ai canili e adottare, e le maledizioni contro chi mal si conduce con gli animali accrescono la fenomenologia. L’insieme è spia di una mancanza, gli aspetti sentimentali emozionali passionali sensibili sono decaduti. La comunicazione è rapida e fredda tra gli esseri umani ma scarsissime sono le sensazioni. L’uomo si controlla, l’animale è incontrollato nelle manifestazioni affettive e questa passione suscita le nostre passioni. Nello scatenamento degli animali non vi sono riserve: se amano si scatenano, e noi abbiamo bisogno di questa esuberante passionalità. Riviviamo avvertendola. Fuori di noi in noi. Un cane che impazzisce vedendoti, mordicchia, zampetta, abbraccia, si stende la schiena sul pavimento, ti guarda ore fermo perché sei tu. Ecco, il rivivere della vita, sentire al di sopra del pensare. Tra gli esseri umani questa “regressione” vitalistica immediata è presso che inattuata.

Fiori, montagne, ghiacciai, il mare: sensazioni. Anche questo è bisogno relazionale sensitivo: la città e la convivenza sociale frenano il sentire o lo intossicano. Sono fonte di altre suggestioni. Impongono freno. Nella natura l’espansione emozionale libera sé stessa. Chi guarda il tramonto dalla città, la luna notturna, il cielo all’alba, gli alberi tremolanti che uniscono la fronde e cantano scossi dal vento, il meraviglioso vento che stringe, carezza, abbraccia? La natura è come i bambini: Sentire è vivere. Io sento, dunque vivo. Gli animali lo dimostrano: un lupo, un leone, un elefante hanno con i loro piccoli rapporti incredibilmente spontanei abbandonati liberi devoti. Sono animali cruentissimi allo stesso tempo di un’affettività senza copertura di riserve mentali. Vedere il cucciolo di leone che passa tra i denti del padre leonone il quale sopporta le zampine sul naso, i morsettini sulla criniera. Per non dire le madri, che sono le imperatrici della natura. Una tigre coronata da spigliati cuccioletti fa spettacolo in maternità; una gallina combatte i serpenti e le aquile per i pulcinelli che la seguono ovunque; persino il bruttissimo ippopotamo diventa tenero con l’ippopotamo gonfietto. Non dico l’elefante: come proboscita il figlioletto, è da maternità caravaggesca (in India carezzai un’elefantessa: sentì il mio affetto, e mi trasmise un tale calore di vita e uno sguardo comprensivo che barcollai, capiva sentendo, sentendo capiva). L’uomo ha provenienza naturale-animale, quindi nel sentire. Non vi è alcunché di irrazionale in questa affermazione. Limitare l’uomo alla razionalità uccide la natura nell’uomo. La vera intelligenza parte dal sentire. Abbiamo smarrito questa origine animale naturale. La relazione con gli animali è un’inconsapevole riconquista dello stato animale-naturale. Una riconquista dello stato passionale. Certo, vedere un bambino che dorme abbracciato alla madre è uno spettacolo come quello della tigre circondata dai cuccioli, ma negli animali questo appare più immediatamente e potentemente. Natura animale, natura vegetale, colori, odori, una distesa di alberi, un bosco dove le foglie si intrecciano e cantano mosse dal vento e i rami danzano. Dobbiamo tornare alla natura se non vogliamo perdere la natura umana smarrendo il sentire. Vi è il tentativo di laboratorializzare la natura. Bisogna fare il contrario: ritornare alla natura e modificare la struttura delle città. Altrimenti, lo sviluppo della tecnologia e la laboratorializzazione della natura e l’Intelligenza artificiale ci spossesseranno. L’uomo che non sente: è un morto seduto. L’arte è una mediazione. L’arte attinge dalla natura, dal sentire e animando con lo spirito umano esprime il sentire, una mediazione, appunto: natura umanizzata, espressa. Non immediata. Occorre anche la natura immediata. Una cosa, diciamo, è una poesia sull’amare una donna, altro amare una donna. Arte e natura, sentire ed esprimere, e l’umanità vivrà. Vivere, non soltanto esistere.

Aggiornato il 24 giugno 2024 alle ore 10:06