Cosa succederebbe se un giorno prendessimo consapevolezza che aspetti decisivi della nostra vita, fatti, persone, situazioni, non sono andati come li abbiamo sempre conosciuti, apprezzati o temuti? Se ci mostrassero la visione di una realtà diversa e comunque non più modificabile? Cosa accadrebbe in noi? Domande di senso. Se le pone Roberto Pulcini, romano, laureato in lettere, con all’attivo cinque romanzi, autore di Un colloquio particolare, pubblicato con Graus Edizioni. Particolare il titolo e particolare la trama, perché i personaggi non sono protagonisti in carne e ossa, ma anime. Anime a cui Roberto Pulcini offre la “sua” visione dell’Aldilà, quel viaggio nel dopo immaginato da tanta letteratura, celebrato nelle fedi, discusso e anche rimosso, il quale tuttavia si ripropone. E si ripropone nel testo di questo scrittore che, prendendo le distanze dal caos quotidiano, si eleva al di sopra delle divisioni materiali per indagare il profondo umano, là, dove iniziano i cieli.
“Ho speso parte della mia esistenza terrena nella ricerca costante della verità. L’ho cercata soppesando fatti, ragionamenti, deduzioni, sospetti, ansie, timori. A volte mi ci sono sentito vicino, altre meno, ma solo ora mi rendo conto di quanto la mia fatica sia stata vana e illusoria”, recita lo scrittore nella sua quarta di copertina. Vuole accompagnare il lettore nella terza dimensione, dove finiscono il materialismo, le sovrastrutture e dove immagina anime a cui sia concesso rivedere la propria vita. In verità. E chi può mai concedere questa possibilità? Roberto Pulcini non mette in primo piano il divino, non è insomma un racconto sull’incontro tra l’uomo e Dio. La modernità del “colloquio” di Pulcini sta nel narrare il seguito dell’anima, che dopo Emmanuel Kant, Friedrich Hegel e tutta la filosofia e teologia, non finisce col corpo. Ma, lasciando il corpo, l’anima inizia il suo viaggio più lungo, col fardello della vita.
E se l’Aldilà fosse fatto proprio di questa natura introspettiva, reale, se eliminata la carne e la voluttà, restasse ciò che è stato veramente e che non conosciamo del tutto, lo vorremmo vedere? Questa la domanda che corre tra i protagonisti. “Non è scontato”, spiega Pulcini, “perché rivivere significa riappropriarsi delle emozioni, ma ci sono anche il dolore, la fatica e soprattutto l’immutabile. Non c’è la vita, non c’è più speranza. Ciò che è, è stato. Ma poiché il divino per me è benevolo, credo che ci lasci scegliere se sapere tutto scendendo nelle viscere della propria verità o accettare”. Con questo autore il Circolo Iplac conclude le sue presentazioni per la pausa estiva e si prende un respiro anche il Caffè letterario Horafelix, la libreria di Maurizio Messina che ospita gli incontri. Forse non è un caso che con queste domande di senso ci si dia appuntamento per settembre. “Per scrivere questa trama di anime ho dovuto immaginare i profili, pensando a quanti hanno avuto la triste esperienza di una persona cara e vicina defunta. E mi ha toccato che un’amica lettrice, la quale aveva perso il marito da poco, mi abbia confermato di essersi ritrovata nel testo, perché aveva vissuto esattamente quelle sensazioni”. È una storia multistrato: di reale c’è molto delle vite che scorrono ineludibili, svariati aspetti anche autobiografici e riferimenti storici. C’è per esempio un accenno alla famiglia di Liliana Segre, colta nella sua fuga tra Como e Varese. “Avevo letto un articolo sul Corriere, I professionisti dell’odio, che spiegava come alcuni delatori fossero stati pagati per denunciare gli ebrei. E si faceva riferimento anche ai Segre in fuga nel 1944”.
La verità esiste, dunque? Crediamo che esisterà un dopo, limpido e immutabile, con cui temiamo di fare i conti? “Crediamo di conoscere la verità, anche di noi stessi”, commenta l’autore. “Ma non è sempre così. Esiste un destino, spesso viviamo in relazione agli altri, ci nascondiamo o proprio non conosciamo davvero come siano andate le cose. Io sì, vorrei sapere, il peso del passato non è più forte del desiderio delle emozioni. È stato vivere, sono stato io e la storia”. Oltre alle domande rivolte da Loredana D’Alfonso, le letture di brani di Massimo Chiacchiararelli e la conduzione di Valeria Bellobono, lo scrittore, poeta, filosofo Franco Campegiani ha affrontato l’argomento con la citazione del 33° Canto del Paradiso, in cui Dante Alighieri prega affinché la Vergine interceda per affrontare i misteri, scorgendo i tre cerchi della Trinità. “E cosa vede nel secondo cerchio, riflesso del primo, se non che una figura umana che spiega il mistero dell’Incarnazione, ma anche che la verità siamo noi stessi, la nostra coscienza profonda a immagine del divino?”.
(*) Un colloquio particolare di Roberto Pulcini, Graus Edizioni, 140 pagine, 15 euro
Aggiornato il 13 giugno 2024 alle ore 11:18