Il regista Roberto Andò: “Da siciliano, non amo il sicilianismo”

Paura dell’Intelligenza artificiale? “No, nessuna, mi sembra che sul fronte artistico non possa fare niente, non ha niente a che vedere con l’arte e la creatività”. Roberto Andò, raffinato regista di cinema e teatro, scrittore e sceneggiatore, s’interroga sui pericoli della rivoluzione tecnologica. Il cineasta 64enne di origini palermitane è reduce da una masterclass al Festival del cinema di Porretta Terme. Collaboratore giovanissimo di Francesco Rosi e Federico Fellini e poi di Michael Cimino e Francis Ford Coppola si racconta all’Ansa. Si sente molto siciliano, ma non ama il sicilianismo. “Credo che si veda anche in quello che faccio, però non indulgo nel sicilianismo, mi sento più aperto verso l’Europa”, dice l’autore di film come La stranezza e Le confessioni. “Cinema e teatro – sostiene – hanno codici totalmente diversi, ma hanno anche qualcosa che può essere oggetto di scambio. Penso, ad esempio, al rapporto con gli attori che nel teatro è una cosa centrale, dove è importante la cura dell’attore, farlo entrare dentro la drammaturgia, l’attenta lettura del testo, il cosiddetto tavolino. Una cosa che però può valere come insegnamento anche per il cinema. A me piace passare dall’uno all’altro, sono come due cantieri. Luchino Visconti e pochi altri hanno fatto lo stesso”.

Come artista usa tanti registri diversi. “Questa poligrafia di solito è il viaggio verso una focalizzazione. Hai tre possibilità: scrivere un romanzo, fare una regia a teatro e poi passare anche al cinema. È una cosa che comunque ti arricchisce”. Andò si considera, soprattutto, un narratore. “A me piace soprattutto raccontare che è poi l’aspetto fondativo di chi fa questo lavoro e poi nel racconto introdurre elementi spiazzanti che riguardano la vita. Mi piace mettere insieme l’alto e il basso, comicità e tragedia”. Roberto Andò ama l’opera. “Riguardo alla lirica – chiosa – mi piacerebbe per esempio fare La carriera di un libertino di Igor Stravinskij che è un’opera bellissima o anche La donna senz’ombra di Richard Strauss che sono due lavori poco rappresentati, ma non credo li farò mai. Nel campo della letteratura amo molto Marcel Proust e la sua Recherche, un’opera grandiosa sulla ricerca del tempo e il senso della vita”.

A proposito del futuro del cinema, la penso un po’ come Woody Allen. “Ha appena detto che non lo vede troppo bene. Oggi il cinema è sicuramente più marginale perché, ad esempio, non riesce più a suscitare dibattiti. È praticamente entrato in una zona d’ombra, anche perché si consuma in un modo diverso da prima. Noi cercavamo la partecipazione, il condividere questo aspetto è completamente finito perché attualmente ci sono troppe immagini. Credo – continua Andò – che la sala diventerà sempre più un’altra cosa. Ci saranno ancora le sale, ma saranno più di nicchia, per poche persone. E pensare che prima era uno dei più grandi veicoli di idee, era capace di appassionare, ma questo aspetto non c’è più”. Secondo il regista, “il pericolo è la standardizzazione, l’uso degli algoritmi, ormai ci sono delle regole ed è più importante la scrittura, il produttore, più che il regista. Mentre credo che quest’ultimo debba avere sia duttilità, ma anche rigore e su certe questioni debba mantenere il punto”.

Aggiornato il 05 dicembre 2023 alle ore 19:34