Ho appena finito di vedere, in anteprima, il docufilm, a firma di Luca Telese, dal titolo Stato di grazia, la vera e drammatica storia di un innocente condannato per un accusa inventata da un personaggio affetto da manie istrioniche. È la storia di Ambrogio Crespi, che conosco da qualche anno, ne seguo le opere, caratterizzate da un forte impegno civile per la divulgazione della legalità. Nonostante la condanna della Cassazione non ha mai perso la dignità e la voglia di credere nella giustizia, di essere un riferimento per Andrea e Luca, i suoi figli, un emblema per sua moglie Helene, per gli amici ed estimatori che hanno ribadito pubblicamente la sua integrità morale, il suo impegno civile, il suo essere uomo di valori positivi, portatore quotidiano di quell’impegno alternativo alle “logiche” mafiose.
Sono presente nel docufilm, con orgoglio, perché la grazia parziale del presidente della Repubblica ne restituisce la dignità e conferma come l’uomo Ambrogio Crespi sia un italiano che quotidianamente lavora per un Paese migliore, libero dalle collusioni con le organizzazioni criminali. La sua storia è un pugno nello stomaco. È devastante, ma lascia spazio all’emozione e alla riflessione. Ci sono tanti italiani perbene nel docufilm di Luca Telese, c’è Sergio de Caprio, il “Capitano Ultimo”, l’uomo che arrestò Totò Riina; c’è Benedetto Zoccola, testimone di giustizia e già vicesindaco di Aversa. Uomini che la mafia voleva uccidere, uomini che oggi difendono l’impegno civile di Ambrogio Crespi.
Ma Luca Telese è andato oltre, fino in Albania, a Tirana, raccontando il rapporto di Ambrogio Crespi con il primo ministro Edi Rama. Proprio lui ricorda che il regista era in Albania, nel periodo dei fatti contestati e messi insieme maldestramente da quel Costantino, che la perizia voluta dal Tribunale di Milano ha accertato come “personalità istrionica, capace di inventare totalmente”: su questo personaggio si è fondato l’impianto accusatorio. Illuminante proprio il colloquio tra Luca Telese ed Edi Rama, che racconta anche della stima verso l’uomo Ambrogio Crespi (il regista ne curò la campagna comunicativa che coincise con la sua affermazione elettorale, ndr).
Ecco che il mosaico del docufilm diventa sempre più significativo, toccante: la voce pacata ma decisa di Helene, la moglie di Ambrogio Crespi, che ripercorre gli attimi terribili dell’arresto, riconosce di sentirsi in colpa per aver “protetto” i figli con una bugia per giustificare l’assenza del papà, ed è bravo Luca Telese a non sovrastare il racconto della donna ma, anzi, a supportarlo e valorizzarlo, dandone il senso più profondo di tutto il docufilm. Quindi, sarà un giorno importante, significativo, il prossimo 6 settembre, quando il docufilm Stato di grazia sarà presentato nelle iniziative correlate alla Mostra del Cinema di Venezia.
Saranno presenti il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano; il primo ministro d’Albania Edi Rama; il presidente del Tribunale di sorveglianza di Milano Giovanna Di Rosa (tribunale di sorveglianza che ha redatto una relazione che attestava come Ambrogio Crespi fosse “del tutto incompatibile con il contesto carcerario” poiché occupato in un importante impegno civile per la legalità, ndr), l’attore Lorenzo Flaherty, che interpreta il pubblico ministero; il generale Mario Mori, ex comandante del Ros e del servizio segreto militare, anch’esso uscito completamente assolto dopo un ventennio di calvario giudiziario, ndr). Personalità non casuali che confermano anche l’attenzione del mondo istituzionale nei confronti del docufilm prodotto da Alfio Bardolla della Abtg e Marco Lombardi della Psc Proger.
Ci piace pensare che questo docufilm possa essere utile a rivendicare la necessità di una “giustizia giusta” per un Paese davvero civile. Perché quanto successo ad Ambrogio Crespi potrebbe accadere ad altre persone innocenti e perbene, come se la tragedia di Enzo Tortora non avesse insegnato nulla e questo Paese non avesse “memoria storica”. Chissà, magari una sera, al Quirinale, il docufilm, potrebbe essere visionato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, colui il quale, firmando la grazia parziale, ha restituito dignità e speranza ad Ambrogio Crespi. Un gesto di civiltà, di speranza in una giustizia più giusta, forse, anche in un’Italia migliore. È una storia che andava raccontata, un calvario di un uomo che non si è arreso alle menzogne, un padre che ha lottato per i propri figli, per la propria dignità. La storia di Ambrogio Crespi è quella di un italiano perbene, un innocente che ha sempre difeso la Giustizia e non ha mai perso la speranza che la verità potesse trionfare.
Aggiornato il 29 agosto 2023 alle ore 11:57