Parliamo di cinema. Si dice spesso che la qualità dei film dipenda, innanzitutto, dalle buone sceneggiature e che, in Italia, oggi, siano ormai divenuti assai rari i bei film perché non ci sono sceneggiature all’altezza. È un mantra che sento ripetere da anni e, come capita alle cose ripetute stancamente per troppo tempo, ho sempre pensato che si trattasse d’un luogo comune. Devo ammettere che mi sbagliavo, e pure di grosso, perché non avevo capito il vero senso di quanto venisse ribadito sulla crisi del cinema italiano e sulla mancanza di storie raccontate in modo significativo. Manca la visione, manca il respiro profondo, manca lo sguardo ampio, manca l’analisi della nostra realtà contemporanea, manca la lungimiranza. Spesso, mancano anche i profili e lo spessore dei personaggi. Ecco perché si ricorre alle biografie. Forse, è per questo motivo, per la carenza di sceneggiature adeguate che, nelle sale cinematografiche, i film italiani deludono spesso il pubblico e perdono sempre più spettatori.
Ma come si può fare? È necessario che le case di produzione trovino il coraggio di rischiare e che il primo investimento parta proprio dalla scrittura delle storie e dei soggetti. Servono grandi autori. Soprattutto giovani, ma grandi. Le sceneggiature, a mio parere, vanno scritte a più mani. È necessario essere almeno in due per scrivere una buona sceneggiatura. Meglio se un film viene fuori dalla sinergia di tre o quattro sceneggiatori, anche cinque o sei. Sarebbe ancora meglio, secondo me. Poi, ovviamente, c’è la regia. Per realizzare un buon film, oltre a una buona sceneggiatura, è necessaria una regia che sappia essere l’elemento creativo in grado di trasformare la scrittura in cinema.
Ma che cos’è la regia? Come la sceneggiatura, anche la regia è una visione ampia e lungimirante, un modo d’essere, un’arte scenica, un pensiero per il dettaglio e per l’insieme, uno sguardo diverso sulle cose, una sogno che ti porti dentro, un’armonia complessiva, un amore per le storie, un linguaggio narrativo e poetico, un cercare di vedere il mondo da un altro punto di vista, un continuo osservare chi è che cosa ti circonda, un mettere in collegamento ciò che appare distante, un guardare lontano, unire gli opposti, avvicinarsi al cuore di tutti, capire in che mondo viviamo, comprendere le persone, stimolare le corde emotive, donare emozioni, vivere e convivere, stupire e stupirsi, dirigere un’orchestra, immergersi nella Bellezza, illuminare gli angoli bui, immaginare. La regia è una visione che unisce tutti gli elementi che compongono la creazione d’una pellicola e che sa trarre dall’insieme un panorama, uno spazio cosmico, un sentimento unico. La regia, insomma, è una forma di sceneggiatura. Ecco perché, a mio parere, il regista d’un film dovrebbe anche partecipare alla stesura della sceneggiatura.
Quindi, tornando al discorso iniziale, le sceneggiature, in Italia, hanno bisogno dell’ausilio di riconosciuti e indiscussi scrittori, di narratori, di poeti, di autori veri e propri. Insomma, oggi come ieri, non basta conoscere la struttura narrativa hollywoodiana e rispettare le attese del pubblico, c’è la necessità che, nel gruppo di sceneggiatori d’un film, le storie siano raccontate soprattutto da autori e scrittori come Ennio Flaiano, Achille Campanile, Cesare Zavattini, Pier Paolo Pasolini, Leonardo Sciascia, Marcello Marchesi, Vittorio Metz, Alda Merini, Gabriele D’Annunzio, Vitaliano Brancati, Giorgio Bassani, Natalia Ginzburg, Alba De Céspedes. E ci sono scrittori e poeti così in Italia. Anche oggi. Eccome se ci sono! Ma non dimentichiamoci che sono voci oscurate, silenziate, emarginate perché dirompenti, emozionanti, libere. Perché sono voci non-conformiste, visionarie, profetiche, geniali, poetiche, mosse da un pensiero divergente, non omologato, non standardizzato, non misurabile. Perché sono portatrici di qualità.
Aggiornato il 19 luglio 2023 alle ore 17:12