Fenomenologia dell’esistenza e della sessualità
Nei capitoli precedenti abbiamo lasciato tracce di quanto il corpo, sul tema essere e avere, ci sappia dire a proposito della sessualità e, in particolare, a proposito del nostro essere-sessuati, come sostiene Maurice Merleau-Ponty. Per il filosofo francese, la sessualità è infatti il “sentire” per eccellenza.
Ma è certamente uno degli infiniti “sentire” che percorrono l’esistenza e dunque, la nostra sessualità, sa soprattutto dirci molto sul tema della percezione che abbiamo del nostro corpo e del rapporto che intratteniamo con esso, come unità sintetica dell’azione. Del resto, il corpo-oggetto è da sempre al centro della scena il tema di sessualità e di erotismo, suscitando da qualunque parte le critiche di chi lo associa a una sessualità non completamente sana. È da più di un secolo infatti, che si lascia trasparire le implicazioni eticamente virtuose che sono implicite in un riconoscimento della piena soggettività del corpo: ad esempio nei temi del femminile, del femminismo, con la condanna impietosa dell’utilizzo del corpo-oggetto da parte del cosiddetto sessismo, revanscista e maschilista, un tempo prevalente e sempre connesso al Potere, in tutte le sue ramificazioni.
Invece, il Corpo-oggetto è lo stesso della pornografia, della prostituzione, della relazione masochismo-sadismo, del feticismo, e di altre pratiche sessuali, considerate “estreme”, nelle quali manca il rispetto nei confronti dell’altro, al quale si nega la dignità di corpo-soggetto.
Come scrive, splendidamente, il filosofo francese, nella sua monumentale Fenomenologia della Percezione a proposito della libido di Freud, la sessualità “fa sì che un uomo abbia una storia. Se la storia sessuale di un uomo fornisce la chiave della sua vita, è perché nella sessualità umana si proietta il suo modo di essere nei confronti del mondo, cioè nei confronti del tempo e degli altri uomini... e non si tratta tanto di sapere se la vita umana riposi o meno sulla sessualità, quanto di sapere cosa si intende per sessualità” per quella specifica persona.
Ovviamente Merleau-Ponty non sfiora mai il tema di una sessualità sana o insana, di pratiche naturali o di pratiche estreme o paranoiche ed ossessive. Non si riscontra mai in Merleau-Ponty il tema della perversione. L’unico accenno alla anormalità riguarda l’impotenza, la perdita della intenzionalità sessuale, che è motivata dalla perdita del sentire sessuale, del desiderio.
L’intenzionalità traslata nell’ambito sessuale, diviene dunque “coscienza di provare desiderio”, o “coscienza di voler prendersi e dare piacere”. Si potrebbe tradurre in “coscienza di porsi in una situazione sessuale”, con implicazioni di tipo strettamente medico-fisiologico e pratico (erezione, lubrificazione, il protendersi nell’abbraccio sessuale, il raggiungimento dell’orgasmo, ecc.), di tipo erotico (tecniche del corpo, kamasutra, ecc.), affettivo e sentimentale, attraverso una connessione tra gli aspetti del bisogno fisico e di quello affettivo, tra gli impulsi naturali e quelli di habitus educativo, culturale e individuale, relazionale.
Secondo Merleau-Ponty c’è infatti “una perfetta osmosi fra sessualità ed esistenza”. Ciò significa che “se l’esistenza si diffonde nella sessualità, reciprocamente la sessualità si diffonde nell’esistenza, in modo che risulti impossibile stabilire quanta parte abbiano in una data decisione o in una data azione, la motivazione sessuale e le altre motivazioni”, in ciascuna specifica persona.
La percezione “sessuale”, in altre parole, può permeare e connotare di sé qualunque decisione o azione apparentemente non sessuale. Merleau-Ponty, alla stregua di Freud, potrebbe oggi essere tacciato della stessa critica “pansessualista”, sollevata da sempre contro il padre della psicanalisi, considerata un viatico del conservatorismo maschilista, annesso al potere. Per entrambi, infatti, la sessualità è co-estensiva alla vita. Secondo il filosofo francese, “l’uomo sarebbe differente da ciò che è se gli mancasse uno solo dei sistemi di relazione che possiede affettivamente: un uomo senza apparato sessuale è altrettanto inconcepibile quanto un uomo senza pensiero”.
Scrive, del resto, Merleau-Ponty: “L’uomo che perde la sua funzione sessuale cessa di mettersi in situazione erotica; così, gli stimoli tipici dell’erotismo – (la nudità, il linguaggio erotico, il vestiario seducente, ndr) – cessano di parlare al suo corpo, di situarlo riguardo alla sessualità, e lui smette di rivolgere al mondo circostante quella domanda muta e permanente che è la sessualità normale”. Nel caso del sentire la nostra sessualità ci troviamo di fronte a “una intenzionalità che segue il movimento generale dell’esistenza e declina con essa. Essa è la radice vitale della percezione, della motilità e della stessa rappresentazione, che danno all’individuo normale esperienze di vitalità” e, aggiungiamo fecondità.
La sessualità per Merleau-Ponty “non è un ciclo autonomo. È internamente legata a tutto l’essere conoscente e agente”. Con la psicoanalisi, le relazioni e gli atteggiamenti che prima venivano scambiati per relazioni o e atteggiamenti di coscienza, vengono rintracciati nella sessualità, in modo che essa venga reintegrata all’essere umano. Freud, come Merleau-Ponty, trova così, a partire dalla sessualità, “in ogni atto umano un senso”, un significato: questo è l’intimo legame che lega la psicoanalisi alla fenomenologia.
A differenza del passato, oggi nessun attore sociale e nessun analista di quel sociale si sognerebbe, come Kant, di prescindere da un soggetto incarnato. Come la fenomenologia di Merleau-Ponty fa comprendere, il soggetto sta di fronte alla realtà e al mondo “per mezzo” del corpo. Non è mai un soggetto disincarnato. Questa conquista la si deve certamente al progresso culturale che si è diramato dal 1968 ai giorni nostri: lo si deve, cioè a quelle spinte contenute nel movimento della liberazione sessuale, con un trionfo del materialismo (che purtroppo, per anni ha oscurato lo spiritualismo, peraltro oggi eclissato, ma latente).
Dunque, nel far passare alla società un certo grado di materialismo, la società ha intrapreso una direzione sbagliata: lasciare per strada l’identità personale, basata sulla presenza corporea. La liberazione sessuale ha proprio avuto il torto di associare il sesso alla fuga dall’ordinario, di escluderlo dal senso di responsabilità e di associazione al mondo simbolico e affettivo. La sessualità del ’68 è esplosa, dividendosi dalla costruzione di essa come luogo dell’identità personale del soggetto e della scoperta. È stato in quel momento che fosse sufficiente il connotato di erotismo e sessualità per fare di ogni pratica una moda, e per dimenticarsi ad esempio che la pornografia, l’abuso del nudo sui media, suggerivano di fare del corpo, proprio e altrui, un oggetto.
Se pure la coscienza può sfuggire alla materia, e la nostra identità nasce interiormente, ove nessuna scienza può penetrare, essa “si realizza nel corpo”, e nel caso della relazione amorosa, erotica e sessuale, due corpi-soggetto possono fondersi e diventare uno, sentendosi intenzionalmente, nell’abbraccio fisico e nella danza amorosa, fino a che non giungono all’orgasmo. Dando così vita al trionfo quella che la fenomenologia definirebbe intersoggettività erotica.
La sessualità e le sue intenzioni dunque, non potrebbero non essere rappresentate tenendo conto del massimo della soggettività, ovvero nella infinita varietà del “come” questa che è una gratificante esperienza, comune a tutta l’umanità, possa essere vissuta e percepita da ciascuno, attraverso il singolo corpo, e attraverso il proprio personale e intenzionale sentire. Scrive Proust, nell’appartamento al quarto piano affittato dall’aprile all’ottobre 1919: “I vicini fanno l’amore ogni due giorni, con una frenesia di cui sono geloso”. Lo scrisse a Jacques Porel, figlio della proprietaria, la divina Gabrielle Réjane che nella Recherche ispira, insieme a Sarah Bernhardt, il personaggio della grande attrice Berma. La lettera è dell’estate 1919: “Se penso ‒ aggiunge ‒ che per me la sensazione (del rapporto sessuale, ndr) è più debole di quella di bere un bicchiere di birra fresca, invidio davvero queste persone capaci di lanciare urla tali da farmi credere, la prima volta, a un omicidio”.
La qualità dell’espressività sessuale, la sua percezione e l’energia che essa sprigiona, la libido, che gli indiani chiamano kundalini, è pertanto estremamente soggettiva, varia, e dipende dunque dalle esperienze vissute durante l’intera esistenza condotta da un individuo, dalla sua età, dal suo stato fisico, dal suo sentire. In Proust prevale così una certa percezione “sottile” e non “grossolana” della propria “situazione” sessuale. Come abbiamo potuto osservare, il sentire e il vivere la sessualità in modi diversi discende direttamente da come si sia svolto il nostro sviluppo, nella crescita da bambini ad adulti.
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Aggiornato il 23 giugno 2023 alle ore 13:17