“Houria”, la danza che seduce

Quando si dice di un film imperdibile. Un film che vorresti tornare a vedere il giorno dopo averlo visto per la prima volta. Vuol dire che Houria - La voce della libertà, il film di cui stiamo parlando, è una rappresentazione viscerale, che chiama e interroga le radici profonde dell’essere donna, confinata e prigioniera in un mondo che cambia ferocemente come mai avremmo voluto. Il lungometraggio arriva nelle sale italiane il 21 giugno, per la regia di Mounia Meddour. Le interpreti principali sono le bravissime Lyna Khoudri (Houria), e Rachida Brakni, nella parte della madre. In questo vulcano dei sentimenti puri, spuri e confusi, si intrecciano vari nodi che ci avvolgono in spire invisibili e ci lasciano segni indelebili. Come quando, ad esempio, si racconta di giovani donne e uomini che investono inutilmente i risparmi di anni e anni per remunerare uno scafista, che ti offre a caro prezzo il passaggio per il paradiso occidentale. Ma poi, nel mare a fare compagnia ai pesci finiscono tanti corpi vigorosi ed esuberanti di vita che hanno provato e fallito, tentando la sorte su barche di fortuna. E Houria è come un libro di immagini superveloci, che si muovono ai ritmi di danze tribali sfrenate, di gestualità solide e impressive come il marmo, arricchite da una grazia ancestrale estrema. Pura eleganza araba che passa attraverso la sinuosità delle forme mosse come onda di mare, e la sensualità dei veli, che poco ricoprono e tutto avvolgono nella danza d’amore.

Houria è una luce abbagliante, che perde le falene senza ali come noi, chiamate da un dio misterioso a camminare idealmente sulle acque, perdendo assieme a lei la voce, per poi ritrovarla dieci volte più potente nel linguaggio dei segni e nelle coreografie danzanti. Volteggi che riecheggiano e si amplificano nella loro eco come colpi di frusta, secchi e decisi, trasportati dall’aria rovente e rarefatta che si respira sulla terrazza di un modesto fabbricato di Algeri, con una vista mozzafiato sul Mar Mediterraneo. Houria è la metafora di una giovanissima innamorata della vita e della danza, una ragazza innocente che per ben due volte incontra il mostro della violenza fondamentalista, che fu per un decennio (dal 1991 al 2002) il folle protagonista della guerra civile in Algeria. All’epoca, infatti, il Governo (illegittimo) del Paese, insediatosi dopo un colpo di Stato, a seguito della vittoria alle elezioni del 1991 delle formazioni islamiste, si scontrò violentemente e a lungo con i miliziani armati del Fronte islamico di salvezza. Con il primo incontro, sua madre incinta di lei, viene fermata alla guida di un’auto in compagnia del marito, giustiziato immediatamente sul posto dagli integralisti per aver permesso a sua moglie di stare al volante, considerato un atto blasfemo dai folli di Dio.

Con il secondo incontro, invece, Houria trova la residua, ma non meno pericolosa, violenza marginale di un ex terrorista (“perdonato” dal regime, in cambio della pace sociale e della fine delle ostilità), che perde forti somme, al contrario della ragazza, scommettendo sui combattimenti tra arieti-killer. Sarà proprio la sua violenza gratuita a provocare ferite profonde nel fisico e nell’anima di Houria, rendendola invalida e facendole perdere la voce a seguito dello shock. Houria e sua madre, cui non manca un coraggio da vera leonessa, si troveranno nel girone infernale degli uffici di pubblica sicurezza, con i loro ufficiali ambisesso più propensi a perdere tempo a lucidarsi le scarpe o mangiare un panino che a prestare attenzione al racconto della giovane vittima. Sfacciatamente restii (nel timore di percuotere il vespaio islamista) a raccogliere la denuncia delle due donne e a perseguire il responsabile che, anzi, troverà nel perdonismo vigliacco anche un’occasione di lavoro legale.

Allora, come salvare se stesse, il proprio smisurato amore per l’arte e, soprattutto, conservare la forza di regalare un sorriso a un’amicizia purissima tra donne e ragazze, che non chiedono nulla a se stesse, se non accettare reciprocamente le proprie parole e i relativi gesti di salvezza? E sarà proprio una di queste comunità di recupero, per donne che hanno subito importanti traumi a seguito della violenza di maschi adulti, perdendo in alcuni casi la parola, a costituire il motore del riscatto e della rinascita di Houria. Sarà lei a farle aderire a una sua scuola di danza improvvisata, permettendo al gigante morale che è dentro di lei di mettere letteralmente le ali a tutte loro, giocando a fasi alterne la consolazione, l’affetto muliebre e il lavoro durissimo. Il tutto costantemente esaltato da musiche intense e bellissime, con una prepotente matrice tradizionale, densa di gesti consueti delle donne arabe quando lanciano grida di incoraggiamento, di gioia e di augurio. Da non perdere.

Aggiornato il 17 giugno 2023 alle ore 09:34