Nell’introduzione al suo saggio sull’opera letteraria di Marcel Proust, libro intitolato Proust senza tempo, edito dalla Mondadori, Alessandro Piperno, scrittore e docente universitario di letteratura francese, confessa che il suo amore per la narrativa non ha mai avuto uno scopo chiaro, al di là del piacere prodotto dal testo, dal conforto dato dalla perfezione della forma, e dallo strazio interiore provocato dalle verità, che solo la finzione poetica è capace di svelare. A distanza di un secolo dalla scomparsa del grande scrittore francese, autore del celeberrimo libro intitolato Alla ricerca del tempo perduto, Piperno ammette che leggerne la prosa ricca e sovrabbondante, assorbirne lo stile e il punto di vista poetico e la profonda ragione morale, implica la necessità di non attribuire importanza retorica al tempo, visto che è una forza incoercibile che modifica e cambia ogni cosa nella vita e nella civiltà umana. Ricorda Piperno, che, quando frequentava un esclusivo liceo romano, ricevette in dono il primo libro delle Recherche, tradotto da Giovanni Raboni, dal suo amico Roberto, un nobile di origini austriache.
Il libro tratta dello snobismo, un impulso che spinse nella sua gioventù Piperno a frequentare il nobile austriaco Roberto. Mentre leggeva da studente liceale il grosso volume, Piperno ebbe l’impressione che la narrazione mostrasse e rappresentasse un flusso di sensazioni, sentimenti e immagini poetiche già presenti in modo latente nel suo animo. Proust nel suo saggio Contro Sainte-Beuve osserva che i grandi libri devono essere espressione e manifestazione non della luce, ma devono trarre origine dall’oscurità e dal silenzio. Lo stile di uno scrittore, non dipende da una tecnica che si possa acquisire con lo studio, ma da una visione poetica del rapporto tra arte e vita, tra la letteratura e la vera conoscenza. Nel 1908, anche se il pubblico dei lettori lo ignora, Proust ha già messo a punto il suo stile, convinto come è che uno scrittore non deve accontentarsi della lingua comune e nemmeno di quella ereditata dagli autori amati, ma deve inventarne una di sana pianta, per dare forma alla sua visione del mondo e indagare la condizione umana.
Pur non amando le opere di Gustave Flaubert e Stéphane Mallarmé, Proust ne assimilò la lezione arrivando a realizzare le loro ambizioni estetiche mediante una mirabile simbiosi tra stile e mondo. Ecco perché è la letteratura che possiede la capacità di illuminare la vita, mostrandocela in ogni suo aspetto e dimensione. La grazia estetica che uno scrittore raggiunge attraverso la creazione letteraria rappresenta l’unico conforto morale per quanti non abbiano il dono della fede, poiché rende possibile contemplare la vita con uno sguardo lucido e penetrante. La figura di Marcel Proust, appartenente a una famiglia borghese agiata, è avvolta dal mito che si divide in due momenti fondamentali della sua esistenza: da un lato, gli anni giovanili segnati dalla frequentazione della mondanità e dalla dissipazione; dall’altro lato quelli della maturità, consacrati al silenzio, alla solitudine, alla scrittura. Da una parte la vita dell’eterno ragazzo che vive a casa dei ricchi genitori, dall’altra la vita dell’adulto recluso e lontano dai salotti parigini. Pur di dedicarsi alla scrittura, e alla rappresentazione dell’azione deturpatrice del tempo, cui niente del mondo umano può sfuggire, Proust mostra di essere capace di un’ostinazione mistica, di una sorprendente intransigenza morale, di sacrificare il proprio sé, per agire alla stregua di un essere notturno che grazie ai suoi occhi intensi e luminosi riesce a varcare il mistero insondabile delle tenebre.
Che può fare uno scrittore che ha lo sguardo rivolto al passato? Niente, a quanto pare, poiché non esiste un modo per recuperare il tempo perduto. Si rende conto di avere il raro privilegio di cogliere e ravvisare il mistero della bellezza, ma arriva sulle soglie della maturità, quando inizia a scrivere il suo grande libro, con la convinzione di non possedere il talento necessario a dare forma alla idea della bellezza. Come si può invecchiare con la prospettiva di non lasciare tracce di sé e della propria esistenza, visto che le persone amate sono destinate a morire, e anche l’amore più appassionato, come quello di Swann per Odette, due personaggi della Recherche, è soggetto alle tenebre dell’oblio. L’idea che la felicità abbia bisogno di tempi lunghi e di decantazioni infinite, per Marcel Proust è inammissibile. Infatti capita nella vita che la felicità ti raggiunga e ti investa quando ormai, rassegnato e disincantato, la ritenevi inaccessibile.
Le sofferenze dovute alla malattia, alla perdita dei genitori, alle privazioni provocate dalla prima guerra mondiale, alla scomparsa prematura del suo amico Alfred Agostinelli, furono provvidenziali per Marcel Proust, poiché diedero alla sua opera letteraria una forza profetica che i critici le riconoscono in modo unanime. Marcel Proust coltivò nel corso della sua vita uno scetticismo metodico. Non credeva nell’amore, a dire il vero, osserva Alessandro Piperno, non credeva in Dio, nella patria, nell’amicizia, nell’altruismo. La persona amata e desiderata dall’innamorato è un passante che si è trovato al momento giusto nel posto giusto. Il ruolo che l’amato assume consiste nel colmare il vuoto che si è aperto in modo doloroso nel cuore della persona innamorata, incapace di accettare la sua solitudine e convinto di potere esercitare con successo l’arte difficile della seduzione.
Tenendo presente la meditazione altissima di Benjamin Constant e Arthur Schopenhauer, Proust identifica il desiderio d’amare con la smania del possesso. Il narratore, l’io narrante della Recherche, tenterà di imprigionare Albertine, nel tentativo di difendere il suo ideale amoroso nobile e irraggiungibile. Il nostro lui e la nostra lei, le persone di cui siamo innamorati, sovente si limitano a risvegliare fantasmi, sepolti nella parte profonda della nostra anima, che ci perseguitano. Il narratore della Recherche, benché non creda nell’amore, non cessa di cercarlo poiché è animato dalla sua ansia di piacere e dalla sua smania di sedurre. È questo atteggiamento interiore a renderlo vitale e più forte. La scena con cui si apre la Recherche, il bambino a letto che attende la mamma per riceverne il bacio della buonanotte, rivela che in ogni persona umana esiste il desiderio di essere presente nel cuore degli altri. Proust aveva in odio e detestava due bestie nere: lo snobismo e l’idolatria. Si tratta, nota Piperno, di due attitudini diverse, ma in qualche modo contigue e ispirate dalla medesima debolezza emotiva.
Per la critica Marcel Proust è diventato un grande scrittore quando ha smesso di frequentare baroni e marchesi, sicché ha trovato la forza per liberarsi e affrancarsi dallo snobismo e dall’idolatria. Questo processo di liberazione ha avuto luogo grazie all’influenza esercitata sulla sua personalità da pensatori quali John Ruskin e Walter Pater. Madame Verdurin, la signora di un prestigioso salotto descritto da Proust nel suo libro, incarna alla perfezione la inclinazione dello snobismo. Lo snobismo si manifesta mediante pensieri e atteggiamenti melliflui, pensieri gretti e grevi. Così appare odioso chi prende per snobismo troppo sul serio il proprio ruolo e la propria posizione nella società e nel mondo. Madame Verdurin appare come un essere umano limitato per il suo ostentato snobismo, che la induce a rinchiudersi nel suo guscio di egoismo e presunzione pretenziosa. Proust, anche se la sua opera pullula di personaggi appartenenti alla cultura ebraica, inspiegabilmente non è considerato uno scrittore ebreo.
Su questo aspetto Piperno si sofferma in pagine di grande profondità. Infatti, la tardiva adesione di Swann alle sue ascendenze ebraiche avviene in seguito all’Affaire Dreyfus. Il comportamento di questo personaggio indimenticabile, Swann, sembra prefigurare l’atteggiamento di quanti per riscoprirsi ebrei dovettero attendere le purghe hitleriane, che in questo non fallirono il loro obiettivo, unificando un popolo che da secoli rischiava la in Occidente la definitiva assimilazione. Belli i saggi che pongono a confronto l’opera di Proust con quella di Montaigne, visto che entrambi questi scrittori, Montaigne nel cinquecento, Proust nel primo novecento, ebbero una spiccata inclinazione per l’indagine introspettiva. Notevoli e degni di nota i saggi che mettono a confronto l’opera di Proust con quelle di Nabokov, di Virginia Woolf, di Dante Alighieri e di Philip Roth. Un libro colto che gronda erudizione da ogni pagina. Imperdibile.
(*) Proust senza tempo di Alessandro Piperno, Mondadori 2022, 156 pagine, 19 euro
Aggiornato il 14 giugno 2023 alle ore 10:17