Nel suo libro intitolato Raffaello. Un Dio mortale, edito dalla Nave di Teseo, Vittorio Sgarbi propone un ritratto magistrale del grande pittore e delle sue memorabili opere artistiche. Raffaello, nota nella parte iniziale di questo libro Sgarbi, ha solo dipinto, visto che non è stato un uomo complesso come Leonardo da Vinci, curioso di tutto, né è stato come Caravaggio, un maledetto cha ha avuto una vita piena di contrasti, né somiglia a Michelangelo, dalla personalità multiforme, visto che fu pittore, scultore poeta e architetto. Inoltre, mentre i pittori hanno la tendenza a ripetersi riproponendo sempre lo stesso modello, che dipende da un archetipo a cui fanno riferimento, nelle sue opere Raffaello ha la capacità di inventare sempre un’immagine nuova. Sgarbi, facendo riferimento al testo di Giorgio Vasari, spiega e chiarisce cosa voglia dire la parola manierismo, la quale consiste nella maniera di quei maestri che, grazie alle loro opere, riescono a superare la bellezza della natura, maestri quali Michelangelo e Raffaello.
Se la creazione di Dio ha raggiunto il culmine della perfezione con la genesi dell’uomo, l’uomo può prolungare la creazione del mondo grazie ai linguaggi della cultura. Per questo motivo, i palazzi, le opere architettoniche, la letteratura, la musica, sono una continuazione della creazione. L’artista, in quanto uomo, è destinato come tutti alla morte, mentre quanto ha creato rimarrà e sfiderà la legge impietosa del tempo. Raffello è nato a Urbino, dove non c’è nessuna sua opera, salvo quella che Benito Mussolini vi depositò nel 1927. Urbino è la città perfetta, la città dove vi è il Palazzo Ducale, la città di Francesco di Giorgio e di Laurana, cui si deve questa architettura mirabile. Raffaello iniziò a dipingere a sette anni, nella bottega di suo padre, che era un pittore di professione. Sgarbi, per cogliere l’enorme influenza che le opere di Piero della Francesca ebbero sulla formazione artistica di Raffaello, osserva che la Resurrezione di Cristo, la Flagellazione, che si trova a Urbino, e la Pala Montefeltro, sono opere in cui viene raffigurato e inventato uno spazio senza precedenti, che apre la strada a quella che sarà chiamata Sacra conversazione oppure Pala d’altare.
Quindi è giusto ritenere che vi sia un legame profondo tra l’opera di Piero della Francesca e quella di Raffaello. Il Sogno di Costantino di Piero della Francesca è una opera straordinariamente innovativa, in cui si vede il soldato di sentinella di spalle e la luce che entra nella tenda in cui dorme Costantino. A partire dal 1495 troviamo tracce delle opere di Piero della Francesca nei dipinti del Perugino, in particolare nel Gonfalone della giustizia che si trova nella galleria nazionale dell’Umbria. Perugino comprende che il suo magistero viene sviluppato da Raffaello e avverte lo spirito innovativo che Raffaello imprime ai suoi capolavori. La prima opera degna di nota di Raffaello è la Pala d’altare, che purtroppo è mutilata, di cui l’elemento più grande è conservato a Capodimonte. L’angioletto, meraviglioso, è conservato, invece, alla Tosio Martinengo. Nel 1501 è probabile che sia già intenso il dialogo tra Raffaello e Leonardo, il primo pittore che rappresenta stati d’animo e angeli dall’intensa spiritualità come questo di Raffaello. Meravigliosa e forse tra le più riuscite opere di Raffaelo è la Madonna del Granduca, dipinta su fondo nero, con il bambino dolcissimo che la madre, vestita con una veste lunga, con sguardo amorevole guarda e sorveglia.
Due pittori lontani nati intorno i primi anni Ottanta del Quattrocento, hanno una sensibilità estetica affine: Giorgione rappresenta il rapporto con la natura nella Tempesta, e Piero della Francesca si sintonizza in questa nuova sensibilità nel sogno del cavaliere. Nel Sogno del cavaliere, il soggetto addormentato è inebriato e cullato dai sogni della gloria della guerra e della poesia. Il paesaggio, nel Sogno di un cavaliere, è aperto come mai prima si era visto prima, nello spirito della Tempesta di Giorgione. Nei primi cinque anni del 1500 Raffaelo dà segnali di curiosità e di varietà, visto che predilige soggetti religiosi, le Madonne, e quelli mitologici. Nel libro è notevole il confronto tra lo Sposalizio della Vergine di Perugino e quello di Raffaello, in cui il soggetto è lo Sposalizio di Giuseppe con Maria, con Maria che ha il suo corteo di donne, e Giuseppe che è seguito dai pretendenti delusi. Solo Giuseppe, che possiede la verga fiorita, potrà sposare Maria. Il dipinto di Raffaello, pur derivando da quello di Perugino, lo supera per dinamismo ed esalta il senso della profondità. Questa opera dimostra che il teorema di Piero della Francesca si è riprodotto in questa opera di Raffaelo che ha una mirabile armonia geometrica.
Nel libro viene indagato, in pagine di grande valore letterario e critico, il rapporto tra Leonardo da Vinci e Raffaello. Raffaello entra nella stanza in cui Leonardo sta ritraendo la moglie Gioconda, alla presenza di musicisti e saltimbanchi, che il maestro utilizzava per non far annoiare sua moglie. Mentre osserva e contempla la Gioconda, Raffaello comprende che la Gioconda non è un ritratto ma è la essenza assoluta di una persona, è un eterno femminino scevro da ogni mistero, secondo l’interpretazione di Vittorio Sgarbi, consapevole della propria superiorità conquistata con l’esperienza di vita. Nello stesso periodo, tra il 1506-07, Raffaello realizza alcuni tra i suoi più importanti ritratti, come La dama col liocorno, la cui riscoperta si deve a Roberto Longhi, e La Muta.
La Muta appare nella stessa posizione delle mani della Gioconda, mentre il volto e la geometria del ritratto restituiscono l’immagine di una persona forte e vera. La Deposizione Baglioni, capolavoro che si trova nella cappella Baglioni di Perugia, in cui è evidente che Raffaello dialoga e fa riferimento alla Pietà di Michelangelo. Il corpo, nella Deposizione Baglioni, è abbandonato nel lenzuolo bianco e sorretto dalla madre, mentre il braccio inerte che pende costituisce un evidente riferimento alla Pietà di Michelangelo. In quest’opera di Raffaello, la pittura secondo Sgarbi, raggiunge un sommo grado di naturalezza e ciò che colpisce è il fatto che il corpo di Cristo, pur essendo cresciuto, mantiene la fragilità di un fanciullo, che non è stato corrotto dal male e dal mistero della sofferenza. Nella Madonna del Belvedere, la Madonna non è ritratta di tre quarti e a mezzobusto, ma è seduta in uno spazio naturale meraviglioso.
Compare il Lago Trasimeno, le architetture sfumano nella luce cangiante e i due bambini sereni dialogano tra loro. Altro grande capolavoro di Raffaello è La Madonna del Cardellino, da poco restaurata, in cui colpisce la luminosità celestiale che esalta la sua figura immersa in un cielo dalle nuvole composte, il fiume che si vede sullo sfondo, e i bambini che dialogano sotto lo sguardo tenero della Vergine. Nel 1509 Raffaello arriva a Roma, chiamato da Papa Giulio II. L’incontro tra Raffaello e Papa Giulio II è favorito da Bramante. Vasari ricorda che quando Raffello giunse a Roma, con il magistero di Piero della Francesca nella mente e nel cuore, nelle Stanze Vaticane ricopre gli affreschi realizzati in precedenza da Luca Signorelli e dallo stesso Piero della Francesca. Nella stanza della segnatura, di fronte alla Disputa del Sacramento, si trova la Scuola di Atene, il più grane affresco della storia dell’arte e dell’umanità.
La Scuola di Atene, in cui ci sono tutti i protagonisti, Socrate, Alessandro, ed Eraclito, che ha il volto di Michelangelo. Per Vittorio Sgarbi questo grande affresco di Raffaello rappresenta il punto più alto che la pittura abbia mai toccato e raggiunto, per i valori religiosi, umani e filosofici in esso racchiusi. L’architettura della Scuola di Atene è la moltiplicazione dell’architettura concepita da Piero della Francesca. Le figure dentro la nicchia sono Minerva, che rappresenta la divinità greca della scienza, e Apollo, la divinità della poesia. I due personaggi che dominano al centro potrebbero essere Pietro e Paolo, invece sono Platone ed Aristotele, che simboleggiano il pensiero antico che forgia e influenza quello cristiano. Del 1511-14 è la cacciata di Eleodoro dal tempio, un’altra delle pareti delle stanze vaticane.
Nella Liberazione di San Pietro, che si trova nella Stanze Vaticane, compare l’angelo che libera San Pietro dalle catene. È importante notare il legame profondo esistente tra Raffaello e Piero della Francesca osservando questo affresco vista la sua affinità con il Sogno di Costantino. L’altro grande affresco di Raffaello, che è sempre nelle Stanze Vaticane, è l’Incendio di Borgo, in cui si notano le reazioni che l’incendio provoca nelle persone in fuga. Nel libro vi è una parte storica che si riferisce ai rapporti intercorsi tra Raffaello e Castiglione Baldassare, il celebre autore del Cortigiano, a proposito della tutela dei monumenti della età classica e imperiale. La Fornarina è il ritratto della donna di cui si innamorò Raffaello, con il bracciale che reca il nome di Raffaello. La velata, con la sua più morbida e sensuale e misteriosa presenza, è la medesima Fornarina, per la quale Raffaello perse la testa. Un libro di grande valore estetico e culturale.
Raffaello. Un Dio mortale di Vittorio Sgarbi, La Nave di Teseo 2021, 360 pagine, 22 euro
Aggiornato il 03 maggio 2023 alle ore 13:25