Dopo il successo ottenuto lo scorso anno, ritorna in scena, questa volta al Teatro Manzoni di Roma fino al 2 aprile, I Mezzalira. Panni sporchi fritti in casa, una saga familiare che ci riporta alle origini contadine del nostro Meridione d’altri tempi, con Agnese Fallongo, Tiziano Caputo e Adriano Evangelista. È la storia di una giovane famiglia che si sviluppa nell’arco di dodici anni in cui si evidenzia l’aspra e dura vita di contadini poveri ma ricchi di dignità e di una fede vissuta con uno slancio profondo e appassionato. Il sacrifico dei genitori verso i figli, che nutrono sempre la speranza di potergli dare un futuro diverso sono la spinta per andare avanti. Significativamente, l’autrice, Agnese Fallongo, ha voluto dare ai genitori i nomi di Crocifissa Martire e Santo Mezzalira. Mezzalira è un chiaro riferimento simbolico non solo alla lira, ma anche all’estrema povertà della giovane famiglia che nella fuga verso la città nuova spera in una sorte più fortunata, per sé e i per i figli.
Il testo riflette un grande impegno nella ricerca degli accadimenti storici, delle fonti, spesso trasmesse oralmente dagli anziani intorno al focolare domestico. I vecchi raccontano storie ricorrenti e intrise di saggezza popolare espresse in vernacolo che contribuisce a dare un’ulteriore nota di colore, come ad esempio: “Bisogna avere lu coraggio de cambià le cose; te devi guadagnà tutte cose, lu sevo lavora e lu padrone se riposa e frigge tutti i giorni, la frittura è roba da ricchi; quando lo diavolo t’accarezza a l’anima vole; tu a’ diventà meglio di me; li panni se devono lavà, altrimenti che figura cè famo col pezzo grosso; quando lu’ pezzo grosso chiama dobbiamo rispondere; quando lo prete te bussa alla bussa o te benedice o sì morto; bocca mia che tutto sai, statti zitta o passi i guai; a Pasqua se fà le pulizie de Pasqua; il brodo di gallina, per lu male de pansa è sostanza, per lu male de capa è lu papa, se lu male perdura la gallina è la cura”.
Giovanni Battista Mezzalira detto “Petrosino” (Adriano Evangelista), che dall’inizio alla fine, racconta la sua vita e le vicissitudini della sua famiglia è il narratore, sempre in scena ma spesso in ombra. Lo spettacolo sviluppa un racconto tragicomico, composto di luci, ombre e colpi di scena, che contamina i tempi brillanti della commedia all’italiana, con i toni e i ritmi cupi della tragedia. I tre attori in scena, ognuno dei quali è impegnato ad interpretare più ruoli, si esibiscono mostrando un grande talento. La regia di Raffaele Talagliata è sempre attenta ai minimi particolari e sa muovere gli attori nella scenografia (realizzata da Andrea Coppi). Molto essenziale ma funzionale alla dinamica del racconto che lo spettatore segue con grande coinvolgimento.
Aggiornato il 29 marzo 2023 alle ore 15:55