Ma, gli scienziati sono felici? No, esattamente il contrario, forse perché studiano le Leggi di Natura più di ogni altro, intuendo i limiti desolanti della conoscenza umana. Così, Paolo Giordano, nel suo ultimo romanzo Tasmania si produce in un’autofiction alla ricerca della felicità perduta. La sua e dei suoi colleghi. Il più intimo, Giulio, alle prese con una separazione molto difficile da sua moglie, un fisico come lui, che gli impedisce di prendere la vita come viene, ossessionato com’è dai sensi di colpa, nel terrore di sbagliare con suo figlio che non sa come gestire quando è da solo con lui. Anche il protagonista, si ritrova in parallelo con un’esistenza a dir poco confusa: sua moglie, Lorenza, che certamente lo ama, di nove anni più grande di lui e con il suo ragazzo adolescente avuto dal primo matrimonio, non riesce a dargli un figlio, pur volendolo. Come tutte le coppie in crisi, P.G. e Lorenza si trovano nel cerchio dantesco di ricercare una soluzione puntando all’Altrove, lontanissimo dall’epicentro della loro crisi affettiva, che consente loro di raggiungere luoghi esotici e, magari, di ricevere l’urto destabilizzante di uno scambio di coppia, mai veramente metabolizzato e compreso fino in fondo da P.G., al contrario di sua moglie che ne ha voluto fare un paio di ali da mettere sulle spalle di quel suo marito così confuso e incerto. Lui, che diviene satellite in orbita un po’ ovunque, purché lontano da casa e da lei, costretta a registrare lontananze lunghissime, richiamandolo ogni volta a se con quell’elastico invisibile che solo un amore maturo di donna può avere! P.G. ha un suo obiettivo: scrivere un libro sulla bomba di Nagasaki.
Illuminanti ed estremamente toccanti sono quelle parti (solo due in realtà) dedicate ad approfondire, con grande maestria e verismo letterario, i ricordi di uno degli ormai pochissimi sopravvissuti, mentre l’altra sezione è dedicata alla rotta e alle scelte dell’equipaggio americano, al comando del grande aereo che trasporta la bomba atomica in cui, ancora una volta, emerge prepotente l’assoluta “banalità del Male”! Il libro è ricchissimo di personaggi fuori dalle regole, come Curzia che, anche lei, non sa che cosa vuole e gioca il doppio piano ambiguo del “ci sto e non ci sto”, dormendo per un lungo periodo con P.G. senza mai concludere nulla: forse nell’attesa di qualcosa di più di un’avventura da parte di lui. Magistrale è poi l’invenzione del competentissimo scienziato delle nuvole, Novelli, amico di Giulio che ogni volta, alzando gli occhi al cielo e traendo ispirazione da qualche immagine postata sui social, riesce a tradurre fenomeni naturali in occasioni di riflessione quasi-artistiche sulla malignità o benignità di quelle formazioni. Alcune delle quali, addirittura, avverandosi nell’atmosfera, costituiscono un cattivo presagio di sventura, perché a produrle è l’inquinamento dell’atmosfera di cui è colpevole l’uomo! Proprio a Novelli è affidato il compito di demolire scientificamente un assunto inviolabile del politicamente corretto, come la parità uomo-donna nella scienza. Sarà l’innamorato delle nuvole durante una conferenza colta a mostrare dati alla mano l’infondatezza (a suo avviso) dell’inviolabile tabù. Ma sarà lo stesso Autore (rispondendogli nelle sue pagine romanzate) da collega scienziato a rimettere le cose al posto giusto, facendo fare al povero Novelli la stessa fine che Bertrand Russell procurò al povero Gottlob Frege.
In definitiva, si può scoprire che il figlio non è soltanto una soluzione naturale nell’assicurarsi la propria discendenza, ma appartiene a un concetto molto più generale della paternità, per cui è figlio colui che ami e che ti sta accanto, anche se geneticamente non ti assomiglia! E che dire dell’altro inquieto personaggio, il prete Karol che l’aveva preparato al matrimonio con Lorenza, che persa la fede la riscopre devastante, impetuosa e decisamente un po’ folle nel corpo di una giovane donna di cui cade follemente innamorato? Tuttavia, le pagine assolutamente originali, per chi di fisica ne ha un’idea non proprio vaghissima, sono le ultime due, decisamente ispirate all’ombra che rimane di un corpo umano o di un oggetto in prossimità del punto d’impatto della bomba nucleare. Dice il protagonista: “Ripenso all’incontro con Tanaka-san e alla frase che Moon ci ha detto che quello che rimane sono le radiazioni. Una volta polverizzati i corpi, gli atomi che li componevano continuano a esistere e quelli instabili emettono radiazioni che, come i neutrini, attraversano indisturbati la materia, verso lo spazio aperto, per migliaia e migliaia di anni”. Uno spettro di emissioni, quest’ultimo, che se analizzato con i giusti strumenti ci restituirebbe una forma coerente della persona, magari i suoi pensieri. Sarebbe quello che in altri contesti, si chiede Giordano, chiamiamo Anima? Se venisse lanciato in orbita un telescopio capace di leggere le radiazioni dei morti che cosa ci trasmetterebbe del passato della Terra?
Ha senso, allora, parlare di Radiazione finale? Parrebbe di sì, visto che l’energia non si crea né si distrugge e da qualche parte deve pur andare quella che ogni corpo possiede fino a un istante prima della sua morte. I morti sono freddi, gelati. Dove vanno nell’istante del trapasso la Mente e la Parola? È possibile sostenere che, esalato l’ultimo respiro, partirà da noi come da un’antenna cosmica una radiazione estremamente compatta, che si muove alla velocità della luce, in cui è racchiusa tutta la conoscenza concentrata nella nostra rete neuronale? È teoricamente ammissibile che
saperi individuali, cicatrici emozionali, ricordi stabili si compattino nella radiazione finale? Se sì, allora da lì in poi, l’anima-mente viaggerà fino alla fine dei tempi per tutto l’universo fisico. E Quando tutte le galassie spariranno oltre l’orizzonte cosmico spinte a velocità ultraluminale (maggiore di “c”) dall’energia oscura (che cresce all’aumentare della distanza rispetto al punto di singolarità del Big Bang!), allora anche tutta la radiazione finale umana la seguirà, facendo perdere per sempre le sue tracce. Perché a quel punto non ci saranno sopravvissuti, dato che la luce dell’universo si spegnerà al di qua dell’orizzonte cosmico, ormai privo di qualsivoglia atomo e oggetto stellare. Allora, divenire “pura conoscenza” nella Radiazione finale coincide con il concetto stesso di Dio, e la resurrezione dei corpi diviene la cosa più orribile che si possa immaginare!
(*) Tasmania di Paolo Giordano, Einaudi 2022, Collana Supercoralli, 272 pagine, 19,50 euro
Aggiornato il 26 gennaio 2023 alle ore 09:40