Clelia Piperno, la donna che traduce “i mari” del “Talmud”

Tempi di record per le donne, che segnano traguardi storici. È il caso di Clelia Piperno, la prima donna della storia ebraica ammessa alla traduzione del Talmud babilonese, 5.400 pagine dall’aramaico antico, risalenti al III e V secolo. Un’impresa monumentale, partita nel 2010 e che durerà altri dieci anni. Finora sono stati tradotti 9 libri, alla fine saranno 30 volumi (editi da Giuntina), grazie a 90 fra traduttori e revisori sparsi in tutto il mondo e collegati a una piattaforma tecnologica. La straordinarietà dell’opera è, infatti, il software “Traduco”, che Clelia Piperno ha ideato e realizzato per una sua intuizione dovremmo dire “magica” viste le circostanze in cui è venuta alla luce, poi messa in atto con i tecnici e gli esperti di Linguistica computazionale del Consiglio nazionale delle ricerche, presso cui la Piperno è “direttore del progetto”. La storia di questa signora dagli occhi fulminei, vivace e sagace, si snoda in effetti alle soglie di un mistero. Nata a Roma, docente di Istituzione del Diritto pubblico all’Università di Teramo, collaboratrice del Miur (Ministero dell’Istruzione e del Merito) nel settore della ricerca per lo sviluppo, Clelia alle soglie della sessantina è colpita da un improvviso e inspiegabile malore, che la porta per un lungo periodo in uno stato di incoscienza. Ma è forse in “questa dimensione” che la giurista e la donna di legge incontra l’altra legge, le più antiche tradizioni, le usanze, le regole che hanno dominato la civiltà mesopotamica nel periodo del suo splendore. Cosa è in fatti il Talmud, che molti erroneamente restringono a testo ebraico biblico che interpreta le leggi date da Dio all’uomo? Qui sta il senso gigantesco dell’impresa di Clelia Piperno. Tradurre sì il Talmud mai tradotto finora in lingua italiana, se non alcune parti. Ma soprattutto rendere noto e divulgare l’immane “corpusdi leggi, di storie, di nozioni diverse, di pareri opposti. Ossia, tutta la conoscenza e anche il dibattito su di essa, riflessioni e tesi, così che “i figli d’Israele” lo chiamano “il mare”. Clelia Piperno e la sua squadra di dotti stanno riversando “il mare di sapere, dalle minime conoscenze e ai grandi sistemi, che rappresentano le regole ebraiche e tutto “il corpus” del sapere umano. Di fatti la studiosa per riuscire nella sua illuminata intuizione è dovuta ricorrere ai nuovi sistemi di intelligenza artificiale, di cui era un’appassionata.

“Nulla ti illumina se non quello che hai già dentro”, afferma lei, personalità coriacea, tuttavia di fronte a questo enorme cammino e alle mole di informazioni a tratti appare una miniatura femminile. Non è impossibile comprendere il senso dell’impresa, poiché ci accorgiamo in tutti i campi del logoramento delle culture, della crisi dei valori, del degrado intellettuale, come se fossimo a un bivio: o rinascere o finire. La traduzione del Talmud, che non è la Torah come qualcuno potrebbe supporre, ma appunto il gigantesco patrimonio di conoscenze mai rivelate a tutta l’umanità, può avere l’effetto di un secondo tempo nella storia della civiltà se sapremo trarre insegnamenti e declinarli in scienza e conoscenza. Il Talmud babilonese è scritto in aramaico. “L’aramaico – spiega la professoressa Piperno – è fatto di poche parole, un verbo può significare anche 120 cose diverse. Il software che abbiamo messo a punto ci suggerisce come è stata tradotta una sequenza di parole in quel contesto da noi o da altri, consentendo così un’omogeneità di traduzione altrimenti irrealizzabile”. La sfida è unica anche perché nell’ebraismo di filosofia Chabad più tradizionalista lo studio avanzato del Talmud era riservato agli uomini. La Piperno lo sapeva, essendo ortodossa e per aver visto da ragazza Yentl, il film del 1983 in cui Barbra Streisand per studiare quel testo si traveste da maschio. E non si è arresa, “è l’ora di divulgare il Talmud”. “Non era scontato che mi ascoltassero – racconta – né che mi dessero credito. Il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni l’ha fatto, però mi disse: ci crederò quando ti avranno dato i soldi”. Era il 2010, Clelia Piperno ha ottenuto dal Miur 11 milioni di euro per coprire il progetto fino ai nostri giorni. “Ci sono voluti tre anni solo per mettere a punto il software”, spiega. Con lei lavorano dodici studenti fra i 28 e i 32 anni, “un’enclave di parità: metà uomini metà donne, tutti scelti valutando i percorsi oltre che i titoli”. Finora, sono stati tradotti 9 volumi, il progetto è stato presentato all’Assemblea generale dell’Onu, al Congresso degli Stati Uniti d’America, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Talmud significa letteralmente “studio”: “Talmud è infatti amore per lo studio – precisa la ricercatrice –. Rappresenta uno stimolo al pensiero laterale. Leggere un testo in cui, a domanda, si risponde con un’altra domanda, insegna a trovare soluzioni che non hai immaginato. E questo vale per ogni aspetto della conoscenza umana, dalla giurisprudenza alla scienza, dalla filosofia alla vita di tutti i giorni. Il Talmud è le soluzioni che non hai immaginato e che hai dentro di te. Se apri una pagina, trovi sempre una frase in cui è impossibile non riflettersi”. Il primo volume parla dei sogni e dimostra che i sogni si studiavano già prima di Sigmund Freud, come le tabelline. Anche Albert Einstein conosceva il Talmud. Il libro s’intitola Berakhot, Le benedizioni, contiene tutte le benedizioni che un ebreo dà e riceve nella vita. Si occupa di ogni aspetto della vita dell’uomo, dalla legge alla scienza, dalla filosofia alla vita di tutti i giorni. “Consente anche di capire com’era l’insalata che si mangiava allora, cos’è diventata quella certa verdura di cui si parla, i datteri ad esempio erano grossi come una mano, si parla di piante e animali, di fiumi e di venti. Nelle Benedizioni si argomenta sui sogni. Sembra di leggere Freud, cioè quanto fu codificato 1800 anni dopo”. Una svolta ci attende, l’intelligenza si arricchirà, i mari del sapere del Talmud si stanno riversando nelle coscienze universali.

Aggiornato il 20 gennaio 2023 alle ore 14:43