La sfida di Maria Paola, rinnovare con i versi la politica

Anche dopo i risultati elettorali americani delle midterm, o dopo l’esito delle recenti elezioni italiane, in attesa delle prossime consultazioni, molti sono del parere che siamo alla vigilia di una redistribuzione politica sulla spinta delle grandi questioni che incombono. Dai migranti all’energia, alla pace, al futuro tecnologico destinato a trasformare le nostre vite. Non sono solo temi divisivi relegati ai diversi approcci, sono anche le grandi problematiche universali che stanno sfidando gli uomini e le loro forme di rappresentanza. Già negli anni Sessanta il Premio Nobel per la Letteratura Albert Camus aveva avuto l’intuizione della ricerca filosofica quale spinta essenziale per entrare nel futuro. Lo ricorda nel saggio del 2010, “Albert Camus filosofo del futuro” Paolo Flores d’Arcais che, analizzando l’opera più famosa, “L’homme révolté”, individua il fuoco di fila a cui fu sottoposto l’autore da parte di cattolici conservatori da una parte e marxisti ed esistenzialisti accecati dal furore ideologico dall’altra, che spinse lo scrittore-filosofo francese a teorizzare la dura opposizione contro i totalitarismi di destra e di sinistra a favore di una rivolta “solitaria” e al tempo “solidale” verso quegli aneliti di libertà che, tuttavia, non sono mai scevri di giustizia.

Da questo humus di ricerca sembra muovere i passi un’opera semplice, schietta e minore, ma non per questo di minore forza suggestiva. Un’opera prima, la raccolta di poesia di Maria Paola De Marchis, veliterna viscerale, dirigente amministrativa nelle strutture sanitarie, operatrice indefessa nel sociale e nella cultura, non da ultimo, battagliera consigliera comunale. La quale si prende una pausa, non per distaccarsi dall’impegno, ma per riformularlo. E cosa fa? Prende la sua spontanea, istintiva, documentale raccolta di poesie, che aveva iniziato a scrivere da adolescente di fronte ai temi della vita, e gli da un ordine.

“Sangue contadino” (Edizioni Progetto Cultura) è una raccolta di poesie dal 1974 al 2021, ordinate in periodi, che cristallizzano momenti, sentimenti, emozioni di una vita difficile ma meravigliosa. In copertina la donna emblematica che esce dalla natura e dai miti della pittrice Carla Nico per presentare questi appunti di un quotidiano di sofferenze, contraddizioni avvolte però in un sentimento che cerca di sopravvivere, come emerge dal groviglio delle contraddizioni che politica e sociale portano alla luce. La sfida che lancia Maria Paola De Marchis è quella di un ritorno all’umano, alla lievità emotiva, ma anche alle profondità esistenziali per una rifondazione dell’impegno e della relazione che travolga il tempo e lo riproponga sotto la formula dell’uomo antico nel moderno ritrovato.

Se un sorriso/ basterà/per farmi capire/se un grido/ servirà/per esprimermi/se un altro grido/risponderà al mio/non avrò vissuto/inutilmente”. Nei versi l’esigenza di scuotere l’indifferenza, le glaciali cristallizzazioni del contemporaneo, il cuore digitale che va imponendo quella società artificiale dove rischiamo di finire sottomessi. “Per un ideale che non muore/troppi sogni si sono infranti/su punte di diamante/su scogli aguzzi/arsi da un sole impietoso”. Ci sono le amare delusioni, le cadute e i dolori nelle righe di Maria Paola De Marchis, ma anche il senso di un compiuto che deve sapersi elevare chiudendo i conti e salpando verso nuove mete, che ai giovani non possiamo non offrire.

Può la politica ispirare la poesia? E può la poesia curare la politica? “La poesia ispira la vita e poiché sale dal profondo dovrebbe guidare la vita”, spiega l’autrice. “Ne abbiamo un bisogno smisurato. Io stessa mi sono accorta che in questi anni avevo continuamente appuntato un gettito di idee, di sentimenti, di pulsioni che avevano trovato una strada. Fin da bambina mi capitava di prendere la penna e riempire il foglio di parole composte diversamente dall’organica organizzazione professionale. Mi sono accorta di custodire un cammino e che l’iter di queste parole rappresenta oggi il rinnovamento ineludibile. Come se fossimo arrivati ai limiti del cuore e occorre ripartire dalle profondità del sentire”.

C’è anche il femminile tra i temi cari all’autrice, illuminati dalla prefazione della scrittrice e giornalista Maria Lanciotti e della scrittrice e poetessa Rita Gatta. “Il cammino di una donna/Sta scritto nel suo cuore/Nei suoi sogni di bambina/Nel tramonto di un’estate/Da dimenticare”. Abbiamo sofferto. Sì, le donne hanno sofferto. E da qualunque parte esse giungano, se sono sincere, vere, oneste, possono testimoniare non solo la rabbia dell’affermazione o l’indignazione della sopraffazione, ma il dolore del riscatto, il pianto antico delle madri, delle sorelle, delle figlie. E solo in queste lacrime ritrovare la forma. Che è sorella del genere, dello specifico, soprattutto instancabile creazione. Come in “A Maria”: “Ho incontrato i tuoi occhi /Sorella/ tra i tanti/senza averli cercati./Ho visto/ gli alberi piegati dal vento/i fiumi che si arrendono al mare/e le nostre anime tra loro/Non ancora domate”. Non è un caso che Maria Paola De Marchis nelle sue presentazioni proponga anche un parterre di donne della cultura e delle arti, “le sorelle del talento”, come la violinista del Teatro dell’Opera Margherita Fina, che legano metrica, pensiero e colore con le musiche di Bach o di Vivaldi. Perché il linguaggio iniziatico del femminile sono soprattutto emozioni e dalle emozioni nasce il divino.

Aggiornato il 15 novembre 2022 alle ore 12:12