La Primavera della vita: il Rinascimento

Il Rinascimento fu definito con questo termine perché apparve come La Primavera-Estate delle società. Il Medioevo è caratterizzato da conventi, monaci, preghiere, ossessione della morte, dell’aldilà e da una persistentissima visione della salvezza dubbia e di un’anima infernalizzata. Con i suoi Cristo lacerati tutto sangue e spine, le Madonne piangenti, i santi asceti che ripudiavano le felicità terrestri, il Medioevo fu spezzato e fiorì una religione tragica e gioiosa, esattamente gioiosa perché la vita è tragica e più la vita è tragica più bisogna goderla. Fu il contraccolpo radicale, appunto perché c’è la morte bisogna amare la vita, la brevissima vita, preziosissima perché brevissima, una merce rara.

E se bisogna vivere, la morale cambia, il “male” se dà potenza è bene, sarà il trionfo della “morale” di Niccolò Machiavelli, tutto ciò che dà potenza va bene all’uomo, è un bene, non necessariamente il delitto, l’astuzia, il dominio, ma l’estensione della propria forza senza ostacoli o sottomettendo gli ostacoli. È il disegno del “Principe”, il Rinascimento è l’epoca del ritratto, l’individuo vuole precisarsi, rendersi eterno, non come nell’Umanesimo mediante le “lettere”, ma con l’azione. L’uomo rinascimentale è soprattutto l’uomo d’azione, anche questa è una scoperta di quell’epoca. Evidentemente non che l’uomo non avesse agito, ma non aveva esaltato l’azione, almeno non quanto la contemplazione. Esplode la “natura”. La natura umana, la natura naturale, la natura celeste, si impone una divinità che sostituisce Dio, l’universo infinito. Si dubita se esiste Dio, ma se esiste è l’universo. Giordano Bruno incide per sempre questo sentire, Universo-Dio. E se la terra perde dentro, il centro dell’universo è l’uomo.

Non ci fu epoca antropocentrica quanto il Rinascimento. L’uomo è copula del mondo, raccoglie, unisce, collega, stringe. Nel proprio Io, altra scoperta l’Io, il senso di se stesso, il sentire se stesso (Campanella). Ma c’è anche il mondo, l’io fa suo il mondo, lo conosce, lo esplora. Navigatori dei mari, navigatori degli spazi. Colombo mostra che il mondo ha un’altra parte, Vasco da Gama e Magellano vie ignorate. Ma è Galileo Galilei che trova le strade addirittura degli spazi, dei cieli. Galileo Galilei non viaggia nel mondo, viaggia nei pianeti addirittura. E l’uomo si accresce diminuendosi. È minimo, ma conoscendo è massimo. È un microcosmo ma conoscendo è un macrocosmo. Che dovevano sentirsi, che stato d’animo dovevano animare un Magellano un Vasco da Gama, un Cabral, un Vespucci, un Diaz, nel conquistare spazi terreni e un Galilei nel conquistare spazi celesti. Una dilatazione del valore dell’individuo.

Io conosco, io oltrepasso, io conquisto, io sono Ulisse, io sono Prometeo, io sono Giasone. Ecco, un’epoca trionfale. C’era ancora Dio ma l’uomo voleva valere e conquistando conoscenza, rappresentandola con l’arte, aveva un sorriso di apprezzamento verso se stesso. Tutto era grande nel Rinascimento. E la meta massima è la bellezza che di sicuro è il risultato perfetto, il bello. Per questo i rinascimentali furono greci. La bellezza unita alla felicità, la bellezza che dà felicità. Magnifico vivere circondato dalla conoscenza e dalla bellezza. Ah, c’è un risvolto. Si comincia a capire che l’Europa non è il solo continente, ci sono altri popoli, altre terre, altre convinzioni. Si cominciano i confronti e qualcuno dubita persino se la civiltà sia preferibile a quel “selvaggio” che abitava nelle Americhe o in altri luoghi (Montaigne). Sarà un problema che nel tempo diverrà micidiale per l’Occidente. Il dubbio della civiltà.

Ma è un dubbio passeggero. Quella è un’epoca che non dubitava di se stessa, anzi cercava una massima esuberanza di vitalità per offrire alla vita l’apprezzamento di vivere prima di consegnarsi al nulla. Mai più l’individuo apparve il centro dell’universo quanto nel Rinascimento. Se non eri grande non eri nessuno, neppure lontanamente l’apprezzamento per chi non vale. Non si veniva incontro ma si tentava di far salire. Sarà tratto essenziale della morale del superuomo, cerca di superare te stesso senza lamentazioni, troppo infelice l’umana condizione per non volere la felicità, troppo minuscolo l’individuo per non cercare di tendersi come si tende l’Universo che rende se stesso una freccia che mira sempre avanti, tanto per vivere amando vivere.

Diceva Visnu al malinconico Arjuna: “Ho conquistato i tre mondi e tuttavia non mi stanco di agire”. Così, per far girare la ruota della vita. A vuoto? Forse. Ma conoscenza e bellezza sono un “vuoto” attraentissimo. Una giovane donna che ai nuovi caldi sbraccia il corpo e passando irradiata dal sole sembra rechi nei capelli il fluire della primavera. Il Rinascimento fu, è il passaggio della Primavera. Valga il vero. Qualche ora dopo mi venne a memoria che quella giovane donna usciva dal quadro di Botticelli, era lei, indubito. Che siano esistite epoche di quella rifinitura sembra impossibile. Bellicose come nessuna ma al cospetto dell’arte, tutti a ginocchioni. Pontefici ed Imperatori a sgomitare. E il denaro stava al suo posto. Un mezzo, uno strumento.

(*) In alto, la riproduzione della Nascita di Venere di Sandro Botticelli. Opera iconica del Rinascimento italiano.

 

Aggiornato il 26 maggio 2022 alle ore 15:02