Eraclito, nativo di Efeso, di illustre famiglia – V secolo avanti Cristo – non dubita anzi afferma: la realtà? E lotta, in lotta, guerra perenne, scontro, opposizione. Niente esiste che non abbia il suo contrario, niente esiste che rimanga un solo istante fermo, niente possiamo comprendere se non teniamo conto del suo contrario. Diciamo notte perché c’è il giorno, diciamo giorno perché c’è la notte, diciamo caldo perché c’è il freddo e freddo perché c’è il caldo, bene perché c’è il male, male perché c’è il bene. L’unità esiste ma non al modo di Parmenide, come unità dell’essere, come essere Uno, ma come unità degli opposti. Ogni esistenza è unita, avvinta al suo contrario, come dicevamo: il giorno alla notte, la notte al giorno, il bene al male, il male al bene.

La realtà ha sempre due volti che costituiscono unità ma unità nell’essere opposti, come le due parti di una sfera. La realtà è dunque, secondo Eraclito, un inevitabile conflitto, guerra, appunto, animata da un fuoco mobile, attivo perennemente, giacché la lotta esiste tra gli uomini e tra elementi, non soltanto lotta ma anche perpetuo movimento, in ogni istante noi e tutto ciò che esiste siamo e non siamo, in ogni istante diveniamo, non c’è presente. In Eraclito, il presente fugge se stesso diventando futuro, e anche il futuro va oltre se stesso, una corsa inarrestabile, non possiamo fermarla. Non possiamo fermarci, impossibile, dice Eraclito, bagnarci due volte nello stesso fiume, l’acqua non è più quella della prima volta, il fiume non è più lo stesso fiume, noi non siamo chi eravamo, niente si ripete, niente torna indietro, la realtà avanza perpetuamente.

Stiamo nel “divenire”, l’essere è divenire, cambiamento, lotta agile come il fuoco, fuoco animato. Non solo conflitto tra due parti ma ogni realtà è in conflitto con se stessa, il divenire è negazione assillante, siamo e non siamo, sei giovane ma stai invecchiando, l’attimo esaurisce se stesso, muore vivendo, vivendo muore.

Niente si ferma. Non ritenere questo conflitto, questa agitazione, questo movimento, caoticità, disordine, solo la gente da poco, i “dormienti”, li definisce Eraclito, colgono nel conflitto e nel mutamento disordine insensato, gli uomini avveduti, “svegli”. Pochi, gli aristocratici, comprendono che conflitto e movimento stabiliscono unità nella loro opposizione, il giorno è legato alla notte e può esistere se c’è la notte, la pace esiste se c’è la guerra, esiste una Mente suprema interna alla Natura e agli uomini: Eraclito la definisce Logos (Pensiero, Discorso).

Solo pochi uomini sono in grado di capire che conflitto e movimento sono fonti della realtà, coloro che non capiscono si limitano a vedere nel conflitto il disordine, come uno che in una musica con più strumenti non coglie che tutti gli strumenti fanno armonia anche suonando diversamente. Cogliere questa armonia in perpetuo movimento, non come punto di arrivo, questa connessione, questa razionalità nei contrasti, non è da tutti. Come dicevamo, gli uomini si volgono a una parte, non sanno abbracciare il tutto e l’andamento del Logos. Armonia come connessione non come pacificazione, sia chiaro. Occorre lo sguardo dell’insieme, collegare, connettere. Lo sguardo dialettico (non al modo degli idealisti o di Karl Marx, però, ma assoluto divenire). Parmenide ed Eraclito hanno il medesimo scopo: cogliere il Tutto e l’uomo nel Tutto. Ma esiste una differenza completa tra i due, il Tutto. La Totalità in Parmenide è costituita dalla mancanza di separazione tra le cose o questa separazione è apparente, illusoria, in Eraclito l’unità, la Totalità è data dalla connessione degli opposti, dal movimento, dalla lotta. In Parmenide le due facce di una medaglia sono una medaglia, per Eraclito una medaglia ha due facce: sia Parmenide sia Eraclito danno essenziale importanza all’Unità, ma Parmenide crede che l’Uno abolisca le parti, Eraclito ritiene che l’Unità provenga dal rapporto conflittuale tra le parti. Parmenide: Thanatos. Ercaclito: Eros. Psicanalizzo ma verosimilmente. Questi uomini erano ancora “essenziali”, percepivano le fondamenta.

Dal punto di vista sociale queste concezioni riguardano società dissimili. In Parmenide il corpo sociale non ammette conflitti, in Eraclito il corpo sociale vive proprio nei conflitti e nel mutamento ma senza negare l’unità. In quanto al significato filosofico, in Parmenide i mutamenti sono illusori, non essenziali. La conoscenza per Lui è vera, se giunge a conoscere che vi è la Sfera, unica, compatta, increata. L’uomo è in questa Sfera in quanto “è”, è essere, che sia essere pianta o uomo non ha importanza. Dal punto di vista dell’essere l’uomo è soltanto essere, che muoia o nasca, resta essere, che sia polvere o vivente, è sempre essere. In Eraclito l’uomo ha un posto di maggior rilievo ma, tutto sommato, è nel vortice del divenire e sotto dominio del Logos. Anche in Eraclito l’uomo non si stacca dalla Totalità. Saranno i Sofisti e Socrate a separare l’uomo dalla Natura e dalla Totalità.

Ecco delle frasi di Eraclito troppo belle per non riferirle:

– “la natura ama nascondersi”;

– “Polemos (la guerra) è signore di tutte le cose”;

– “la via in su e in giù è unica e identica”;

– “negli stessi fiumi scendiamo e non scendiamo, siamo e non siamo”;

“il mare è l’acqua più pura e impura, per i pesci è potabile e salutare, per gli uomini imbevibile e letale”;

“per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell’anima: così profondo è il tuo logos”.

A quel tempo la filosofia si staccò dalla religione ma non dalla poesia (arte). Per Friedrich Nietzsche fu Socrate a rovinare la filosofia “poetica”. In effetti i filosofi sostenibili furono anche artisti: Blaise Pascal, Michel de Montaigne, Giacomo Leopardi. A meno che non fossero così vividi mentalmente da essere artisti per intelligenza, come Aristotele. Ma il carattere enigmatico dei greci nessun aforista lo eguagliò. Erano tempi sacrali, quegli antichi.

Aggiornato il 16 febbraio 2022 alle ore 11:10