Per capire gli eventi che hanno segnato la prima metà del ventesimo secolo, lo storico Paul Jankowski ha scritto un libro molto bello e profondo edito da Laterza, dallo stile letterario elegante e raffinato, in cui ha raccontato cosa accadde nella politica internazionale nel 1933. Per lo storico, il periodo successivo alla fine della Prima guerra mondiale, aveva dato luogo ad una anarchia internazionale dovuta alla mancanza di un sistema di cooperazione fra le grandi potenze europee e mondiali. Per i realisti, l’instabilità del mondo tra le due guerre mondiali dipendeva dalla incapacità di creare un sistema basato sul concerto politico e diplomatico tra le grandi potenze, che fosse in grado di assicurare e preservare la pace. Lo storico osserva nel suo bellissimo libro che il declino della diplomazia di gabinetto, aveva di fatto frapposto ostacoli insuperabili a qualsiasi impegno in politica estera per le grandi potenze che non fosse finalizzato alla salvaguardia dell’interesse nazionale.
A Ginevra nel 1932 grazie al ruolo esercitato dalla Società delle Nazione, sorta dopo la tragedia della Prima guerra mondiale, agli occhi degli internazionalisti, sulle sponde del lago di questa città, stava sorgendo una sfera pubblica internazionale, che avrebbe potuto ricondurre alla ragione le grandi potenze mondiali. Purtroppo queste speranze vennero infrante dalla decisione del Giappone di invadere la regione cinese della Manciuria, fatto per il quale emerse la riluttanza a Ginevra delle grandi potenze ad agire per porre rimedio all’accaduto. Questo episodio rivelava, secondo lo storico, la presenza della anarchia nella politica estera di quegli anni provocata dalla presenza di una concezione politica che implicava la illimitata sovranità nazionale. Il malcontento e la generale sfiducia generati nelle nazioni prima dalla guerra e poi dal dopo guerra si incrociavano e si separavano a seconda delle mutevoli circostanze. Tuttavia, era convinzione diffusa nella pubblica opinione colta e avveduta che la seconda catastrofe mondiale, la depressione che impoverì le masse nelle grandi nazioni, era una conseguenza della prima catastrofe, prodotta dalla Grande guerra. Nel libro il lettore troverà una descrizione indimenticabile del clima successivo alla Grande guerra, che appare come un periodo prebellico.
Tutti, sia i vincitori sia i vinti, credevano di avere combattuto nel corso della Prima guerra mondiale per difendere la sopravvivenza del proprio Paese e i propri ideali. In realtà, tutti erano convinti, sia i vincitori sia i vinti, di avere subito innumerevoli torti e ingiustizie. Per lo storico autore di questo libro, nessuna guerra in passato aveva lasciato dietro di sé un senso di oltraggio per l’orgoglio nazionale per come era stata combattuta e si era conclusa. In campo economico, mentre la depressione portava le masse alla disperazione e sull’orlo della miseria, l’economista John Maynard Keynes aveva sostenuto la necessità di garantire una forma di protezione ai disoccupati mediante la spesa pubblica e gli investimenti pubblici, che mettevano in discussione la dottrina liberista del libero scambio e ridavano un senso alle politiche basate sulla autosufficienza nazionale e sul protezionismo. La guerra aveva provocato un disordine monetario nel mondo e un decennio dopo la grande depressione lo propagava e diffondeva senza limiti e barriere.
Per questo venne messo in discussione il sistema basato sul Golden Standard, che presupponeva e implicava la convertibilità delle monete in oro. La Gran Bretagna, dove questo sistema era stato inventato, fu la prima ad abbandonarlo per rinchiudersi entro i confini disegnati dai suoi domini imperiali. Negli anni trenta la paura del declino e il rischio della scomparsa vennero abilmente fuse dal nazismo, dando origine ad un panico collettivo a sfondo razziale che alimentò l’odio verso gli ebrei e presentò le potenze straniere come nazioni ostili e in netta opposizione con gli interessi vitali della Germania. Belle e dal punto di vista narrativo emozionanti sono le pagine del libro che raccontano l’ascesa del nazismo in Germania, mentre nelle elezione del 6 novembre del 1933 i tra quarti dei cittadini tedeschi votarono in favore dei nazisti, dei nazionalisti e dei comunisti, decretando la fine e la dissoluzione della Repubblica di Weimar.
Molto spazio è dato in questo libro, essenziale per capire la storia politica e culturale del XX secolo, alla questione delle riparazioni di guerra imposte dal Trattato di Versailles dai vincitori della guerra ai paesi sconfitti. A Locarno, dopo un susseguirsi di trattative diplomatiche, si decise di sospendere i pagamenti dovuti per le riparazioni di guerra. A Ginevra, invece, in questa città che nel cinquecento era stata il luogo in cui Calvino aveva difeso il suo ascetismo spirituale, furono avviate nelle commissioni della Società delle Nazioni trattative per risolvere il problema dei debiti di guerra, visto che la Gran Bretagna aveva assolto i suoi doveri mentre la Francia si era sottratta. Ovviamente, da uomo di grande cultura, Paul Jankowski, da un lato, evoca l’incendio del parlamento tedesco e l’inizio della campagna in Germania antisemita contro gli ebrei, dall’altro lato, nota che sulla stampa mondiale di quegli anni vi fu un sorprendente silenzio sui crimini commessi in Russia dal regime stalinista, responsabile della deportazione di dieci milioni di contadini e di una carestia che si abbatté sulla Ucraina e sul Caucaso.
Inoltre, il piano cinquennale di Stalin, che rese possibile l’industrializzazione del paese e l’inizio della nascita di un esercito nazionale, implicò una singolare cooperazione commerciale, come risulta dai documenti storici, tra il regime Nazista e quello Stalinista. In Francia, dove l’ex primo ministro Briand aveva sempre sostenuto il ruolo della Società delle nazioni per scongiurare una nuova guerra, la destra si spostò verso il militarismo, il nazionalismo e la Germanofobia, preoccupata di proteggere il confine sul Reno dalla offensiva tedesca, mentre la sinistra, in nome di un maturo cosmopolitismo, si dichiarava a favore di un universalismo per superare l’anarchia internazionale e dare vita ad un ordine che fosse basata su di una sfera pubblica globale in grado di garantire la pace e la sicurezza collettiva. In quel periodo prese forma e venne delineato, durante la sfida per le elezioni presidenziali americane tra Hoover e Roosevelt, il famoso New Deal, che inizialmente non aveva un carattere dottrinario, poiché si trattava di una politica che rispondeva alla esigenza di restituire la speranza alla masse popolari condotte sull’orlo della disperazione dalla lunga e dolorosa fase della depressione, che aveva un carattere mondiale.
Infatti, una volta eletto, il presidente Franklin Delano Roosevelt prese la decisione di portare fuori il dollaro dal sistema basato sul Golden Standard, la convertibilità della moneta in oro, sicché si ebbe una ripresa della inflazione e della economia che confermò come il New Deal nella sua prima fase fosse attento esclusivamente alla ripresa interna del Paese. La Società della Nazioni, che pure godeva del sostegno della parte più internazionalista della opinione pubblica presente nei vari Paesi, non riuscì né ad impedire il riarmo tedesco, né l’espansione di questo paese verso l’Europa Orientale né la politica coloniale fascista che puntava sulla conquista del Corno d’Africa né a trovare una soluzione per la disputa che in Asia orientale era sorta tra la Cina ed il Giappone. Anche la conferenza di Londra, che avrebbe dovuto suggerire le politiche economiche per superare la crisi mondiale provocata dalla depressione, per le incomprensioni tra le nazioni, alcune fedeli al sistema del Golden Standard e le altre da esso fuoriuscite, si concluse con un fallimento. Questi fatti storici spiegano l’anarchia che regnava all’inizio degli anni trenta nel mondo che precedette il terrore staliniano, quello nazista e lo scoppio del Secondo conflitto mondiale. Questo di Paul Jankowski è un libro colto e raffinato, imperdibile.
Aggiornato il 05 gennaio 2022 alle ore 15:56