“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che somigliate a sepolcri imbiancati bbelli a vedersi, ma dentro pieni di ossa di morti e di ogni putridume” (Gesù nel Vangelo di Matteo).
“Caro Renato, il 2 novembre è il Giorno dei morti, la “festa”, come dicono alcuni, la visita ai sepolcri, dei familiari, dei parenti e degli amici più cari. Appena mi sono svegliato mi sono venuti in mente alcuni versi dei Sepolcri del Foscolo e mi sono detto: perché non ricordare anche lui? Perché non mettere a confronto l’Italia di oggi e di ieri, quando, all’inizio dell’Ortis, sempre il Foscolo scriveva: Il sacrificio della patria nostra è consumato, tutto è perduto, e la vita non ci resterà che per piangere le nostre sciagure e la nostra infamia? E più avanti una frase, che a chi non sia un fariseo fa venire i brividi: Purtroppo noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl’italiani”.
“E Leopardi dove lo mettiamo? La sua canzone Ad Angelo Mai comincia così O patria mia, vedo le mura e gli archi e le colonne e i simulacri e l’erme torri degli avi nostri, ma la gloria non vedo’, e termina così In te uom non è sorto pari all’italo nome altro che un solo. O scopritor famoso, segui, risveglia i morti, poi che dormono i vivi; arma le spente lingue dei prischi eroi, tanto che in fine questa terra di fango o vita agogni e sorga ad atti illustri, o si vergogni”.
“Tutti i guai dell’Italia, partendo dal tempo di Dante, che la definisce il Bel Paese per i suoi paesaggi, ma per quel che riguarda la politica Nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di province ma bordello, provengono dagli scontri fra la Destra e la Sinistra, che corrispondono ai guelfi e ai ghibellini, e dalla fine della Grande guerra ai neri e ai rossi. Ora destra e sinistra dipendono dal nostro punto di vista: se guardiamo una persona che ci sta di fronte o se ci vediamo allo specchio, nello specchio la destra risulta alla nostra sinistra, e viceversa. Ma è fuori dubbio che nel corpo umano il braccio destro è quello più usato e più forte, ma comunque il sinistro gli è molto spesso di aiuto e i due lavorano, come si dice, d’amore e d’accordo, o, per dirla con Tacito, sine ira et studio, senza odio e veleno. È l’uomo che opera una distinzione, ma la destra e la sinistra sono di per sé due “simmetrie capovolte”: l’una vale l’altra. Con la creazione dell’uomo, Dio ha dato inizio ad un processo o gioco dialettico, creando le contrapposizioni, la tesi e l’antitesi, che sono proprie del linguaggio umano: una convenzione necessaria per portare avanti il discorso (e il progresso). Ma dopo la tesi e l’antitesi, come dice Hegel, dovrebbe venire la sintesi, cioè la fusione degli opposti, e questo è il male di fondo della politica italiana, che resta ferma alla tesi e all’antitesi, in cui hanno ragione tutti, senza mai pervenire, se non in casi rarissimi, a una fusione, a una conciliazione”.
“Se la differenza fra la Destra e la Sinistra sta nel punto di vista da cui i due movimenti guardano la società, di conseguenza nelle ricette o nei programmi che vogliono mettere in pratica per migliorarla, i due punti di vista, pur se distinti e contrapposti, sono, entrambi legittimi e necessari”.
“Certamente. Però l’opposizione, sia di destra o di sinistra, dev’essere costruttiva in quanto anch’essa partecipa all’opera del Governo, per il bene del Paese. Tuttavia, in Italia, mentre la Destra, anche all’opposizione, è sempre stata aperta al confronto politico, serena e misurata nel suo linguaggio, la Sinistra, fedele ai metodi della rivoluzione bolscevica, ha sempre seguito la tattica, marxista e leninista, dell’opposizione a oltranza, della sopraffazione, spesso anche fisica, e della criminalizzazione dell’avversario. Farèm come la Russia, farèm come Lenìn, andavano gridando i comunisti nel primo Dopoguerra, sventolando le loro bandiere rosse, e se qualcuno al loro passaggio non levava in alto la mano col pugno chiuso in segno di saluto, lo prendevano a randellate. Per non parlare di tutto il resto”.
“La differenza fra la Destra e la Sinistra italiane sta nel linguaggio, negli insulti, nell’arroganza, nella prevaricazione della Sinistra, nella sua presunzione di essere migliore della Destra”.
“Il 28 febbraio del 1879 nel Manifesto d’una Rassegna settimanale, Giosuè Carducci tracciò un quadro della politica italiana che si adatta perfettamente ai giorni nostri (Nulla di nuovo sotto il sole, nemmeno con la rottamazione dei vecchi farisei che voleva mettere in atto Matteo Renzi, perché gl’Italiani sono duri di cervice, come gli ebrei dell’Antico Testamento, e nemmeno il Nuovo gli ha messo la testa a posto). Dopo avere esordito dicendo che il vero bisogno dell’Italia non è la politica, alla quale vanno attribuiti la maggior parte dei mali, il Poeta si chiedeva dov’è a sinistra chi abbia ricercato e studiato seriamente le condizioni del popolo italiano? Dove sono gli animosi, intelligenti e severi affrontatori della questione sociale in Italia? Oltre i termini troppo angusti e circoscritti e non poco incerti del Paese legale esiste il Paese reale, che non vuole dimenticati gl’interessi suoi per gl’interessi dei partiti e delle persone; il Paese reale che non può sopportare di vedere ingannate e turbate le sue aspirazioni da combinazioni ibride e immorali; il Paese reale che ha il diritto di ricordare ai deputati che nel piccolo Montecitorio non si deve dimenticare e disconoscere l’Italia, la quale al di fuori guarda, attende e giudica”.
“Comunque, la Sinistra non può scomparire: deve solo cambiare atteggiamento e linguaggio, deve guardare a quelle classi sociali che sono le più bisognose di aiuto. Lasci stare i poteri forti, a cui a un certo punto si è attaccata per poter sopravvivere, i padroni del vapore, le banche, le industrie, gli intellettuali, la Scuola, e si volga al popolo, intero, non al suo. Il resto lo farà la Destra: ad ognuno i suoi compiti e le sue responsabilità”.
“Dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale la Sinistra si è dichiarata unica e vera depositaria della cultura: sì, della cultura dell’odio, del livore, del rancore, della rivalsa, della vendetta e di tutto ciò che non ha niente a che vedere con la vera cultura. Non ha ancora capito la lezione. Giovanni Berchet nella su Lettera semiseria in cui si rivolgeva ai neoclassici e ai romantici, anch’essi in lotta fra loro, scriveva: “Non potremo dunque mai avere una patria comune, un comune sentire, se non altro a conforto delle nostre comuni sciagure? Perché tanto disprezzo? Fate di piacere non solo al popolo vostro, che già vi segue, ma soprattutto a quello che potrebbe seguirvi domani, pascetelo di parole oneste e sincere, non di calunnie e di vento, conciossiaché da questo male, da quest’odio che sempremai affligge il nostro bel Paese, possa sorgere un giorno, dopo il fosco tramonto del sole del passato, un’alba nuova, di pace e di concordia fra tutti. Non permettete che codesto odio si sfoghi al vento. Udite come tutta quanta l’Europa e il mondo intero ne rinfaccia il presente decadimento della politica nostra. Fermatevi, in nome di Dio, ponete fine agl’insulti villani, con che vi strapazzate fra voi, alle calunnie non state ad opporre altro che la dignità del silenzio, e cadranno di per sé. Ma degli altri giovatevi, giovatevi comunque, e non li beffate. E recuperate la gloria della vostra terra col fare, non con il dire. Siate uomini, non cicale, e tutto il popolo intero vi benedirà. E gli avversari più non parleranno col disprezzo che usano anche coi loro stessi compagni di strada. Imparate giustizia, ma sia la vostra una giustizia giusta, che operi sui fatti concreti, non sui sospetti, sulle supposizioni e sui teoremi; e senza il supporto di sicofanti, di pentiti e di spie””.
Con un Governo o con un altro forse
lo Stato dell’Italia è meno duro?
Quando il sole per me non nutrirà
questa brutta famiglia di animali,
e nella mente io non udrò più il verso
e la dolce armonia che lo governa,
che cosa sarà mai la Patria mia?
Non c’è forza operosa che solleciti
la Sinistra, che solo le sue vili
trombe suonando va contro la Destra.
Questi sepolcri imbiancati non hanno
un briciolo di amore per la Patria
che trattano da secoli in maniera
tale che mai non cresce e non migliora.
A egregie cose i cittadini accendono
i loro capi quando siano forti
e laboriosi, colti e intelligenti,
e santa fanno allo stranier la terra
che le ricetta. Io quando in Parlamento
vidi la faccia di Romano Prodi
che ai banchi della Destra gridacchiò
“Ma voi che cosa siete?”, della Bindi
che brontolò “Io con voi non ci parlo”,
e di Lucia Annunziata che gridò
“Voi siete impresentabili, inumani”,
“Disgraziata”, esclamai, “Italia mia,
per gl’infelici esempi che tu dài
ai cittadini tuoi con le tue risse
e le guerre che fai persino dentro
i tuoi stessi partiti. Quante frasi
fin dal Trecento, per non dire prima,
s’ebbe l’Italia, sempre disastrata
dai politici suoi, bianchi sepolcri
non solamente oggi. Dopo Dante,
Petrarca disse ai Signori d’Italia:
“Poco vedete e parvi veder molto,
ché in cuor venale amor nutrite o fede”.
Invano Machiavelli cercò un principe,
anche straniero, che resuscitasse
l’Italia nostra. Gioachino Belli
scrisse: “Ma che faiola è diventata
’st’Italia porca”, e l’aggettivo corse
d’allora in poi nel nostro “bel paese”.
Piovene, dopo aver glorificato
in tutto il corso del Ventennio il Duce,
insieme a tutti gl’intellettuali,
quando la Destra vinse alle elezioni
“Porca Italia!”, gridò, fuori di sé.
Quanti insulti ed offese riprovevoli
s’ebbero non soltanto i deputati
ma tutti gli elettori della Destra.
Andrea Romano disse alla nipote
del Duce, bestemmiando, che “lo scempio
di Piazzale Loreto è comprensibile”.
Quando salì al Governo Berlusconi
un giornalista scrisse: “In questa svolta
c’è la merda”. Da lì quella parola
si diffuse dovunque, cominciando
col nuovo Presidente del Consiglio.
Violandone il privato, un porco scrisse:
“Nella casa di Silvio Berlusconi
ci sono ben cinquanta chilogrammi
di merda, ma purtroppo è troppo poca”.
E quando cadde, Berlusconi disse:
“Quest’Italia di merda appena posso
la lascerò”. Dovunque da quel giorno
la merda dilagò nel “bel paese”.
Oltre alla merda c’erano le fogne
quando i sepolcri rossi nei cortei,
un giorno sì e un giorno no, gridavano
a perdifiato: “Fascisti, carogne,
tornate tutti quanti nelle fogne!”.
Nessuna legge impone a quei sepolcri
la sospirata riconciliazione
con un ventennio che diede all’Italia
un prestigio e un rispetto in tutto il mondo.
(Dal poemetto “Sepolcri imbiancati, gli scribi e i farisei della politica italiana”, in corso di pubblicazione).
Aggiornato il 10 novembre 2021 alle ore 15:41