La Cina da Mao Tse-tung a Deng Xiaoping

Personaggi della civiltà

Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX la Cina era nella disfatta più umiliante che la sua antichissima storia avesse mai subito. Tutti la dominavano, i Paesi europei, dall’Inghilterra, alla Francia, alla Germania, all’Italia, e gli Stati Uniti, e soprattutto il Giappone. Quest’ultimo la avviliva massimamente, era il vicino, ed estremamente violento, impietoso, usurpatore. Oltretutto appariva insopportabile il dominio del Giappone perché era decaduto come la Cina e soltanto dalla metà dell’Ottocento, con i sovrani Meji, tornava a potenza, in sé e fuori di sé, ed esercitava la potenza in specie sulla Cina, appunto, svillaneggiata doppiamente, perché vinta, perché imbelle nel confronto con il risorto Giappone. Depredata, sfruttata, vilipesa, la Cina rimescolava nella bile l’odio, nell’asservimento la vendetta. Divenendo, come diremo, esemplare in questo risveglio di antiche civiltà calpestate, il che determina un aspetto sostanziale del nostro tempo.

A differenza della Russia che aveva una relativa consistenza proletaria, la Cina era radicalmente contadina, masse sterminate presso che al di sotto della sussistenza, scalcagnate da Signori cinesi e dagli stranieri, disorganizzate, senza altra finalità che non morire di stenti, e tuttavia masse d’urto non domabili se mai qualcuno le avesse orientate. Di proprio, tali masse avevano talvolta il furore delle rivolte disperate, che finivano nel sangue altrui ma soprattutto nel sangue delle masse. Ancora nel XIX, XX secolo i cinesi non si staccavano dalle tradizioni, erano soprattutto confuciani, rispettosi dei genitori, del potere istituzionale. Anche il Taoismo viveva nell’animo cinese, la sopportazione, la resistenza. La Cina continuava ad essere il Paese meno religioso del mondo, con una sacralità del tutto terrena, il dovere, il rispetto gerarchico, dei genitori, dei superiori, dicevo, e nessuna tragedia della morte, ed un sentire la vita al di qua dell’individualismo. Aveva conosciuto fasi straordinarie, la Cina, nella letteratura, nella pittura tanto peculiare, nell’artigianato, in talune invenzioni epocali, la polvere da sparo, il fucile, nei commerci, nel valore della cultura, nell’espansione territoriale, ma, con il primato dei Paesi industriali ed il colonialismo che gli era connesso, la Cina, come l’India, fu predata, divenne fonte di materie prime, di servitù, di smercio di prodotti “occidentali”.

Alla fine dei sovrani Manciù, 1912, in Cina si stabilì una Repubblica retta dall’artefice del cambiamento, Sun Yat-sen, fondamentalmente un liberale, erede della Rivoluzione Francese. Per un certo periodo, un abile avventuriero, Yuan See-kal, conquista il potere, soccorso dai Paesi occidentali, ma con la Prima Guerra Mondiale gli aiuti cessano, l’avventuroso Yuan viene sconfitto, torna Sun Yat-sen. Intanto era accaduta la rivoluzione russa, il comunismo entra anche in Cina, si forma una alleanza tra forze liberali e forze comuniste, il Kuomintang, con lo scopo di liberare la Cina dagli stranieri, dai Signori della guerra interni. Ma l’alleanza si riduceva a questi, rilevantissimi scopi, i comunisti volevano anche la rivoluzione economica. Lo scontro diverrà totale.

Mao Tse-tung ed il comunismo cinese

La conversione del giovane Mao Tse-tung, e di coloro che lo affiancheranno, alle concezioni marxiste, sebbene evidentemente la base sociale sia del tutto diversa da quella concepita da Karl Marx, non il proletariato ma i contadini, è comprensibile. In Cina il proletariato era scarso rispetto alla marea di contadini, i quali da gran tempo angariati, rivoltosi, dissanguati e insanguinati costituivano una potente rabbiosa entità esplosiva incontenibile. Del resto non vi era borghesia o minima, più che altro affaristi, e in lega con gli stranieri, in ogni caso non disposta a favore del popolo. Per scuotersi gli stranieri ed i “padroni” non restavano che i contadini, una fonte immensa di furore che organizzata avrebbe sconquassato il Paese, avrebbe compiuta la rivoluzione. Sentimenti patriottici, economici, di vendetta si avvinsero, e fu un comunismo nazionalcontadino, in certa misura simile a quello russo e però in Russia la rivoluzione poi si inclinò al dominio del proletariato sui contadini. Al dunque, per molti Paesi, sconfitti, poveri, arretrati, dominati, la classe dei contadini e lo spirito nazionale stabilirono la radice della rivoluzione comunista e dell’indipendenza.

Nel 1927 il nazionalista Chiang Kai-shek rompeva la collaborazione con i comunisti ed iniziava una guerra lunghissima con vicende epiche, quali la Lunga Marcia dei comunisti cinesi dei quali assumerà la guida Mao. Sono anni ed anni di guerra, tra cinesi, tra cinesi e giapponesi, finché la sconfitta dei giapponesi nella Seconda Guerra Mondiale e la sconfitta di Chiang Kai-shek portano i comunisti e Mao al potere. Nel 1949 sorge la Repubblica cinese. Da subito la arretratissima Cina inizia una grandiosa risorgenza, vi è incremento della popolazione, una possente alfabetizzazione, controllo dei prezzi, successi in politica estera con la guerra in Corea, e tuttavia rapporti dubbi con la Russia, che forse temeva il vasto Paese confinante ed anche la strategia cinese. Infatti, per un periodo piuttosto lungo, la Cina, più dell’Unione Sovietica, costituì il Paese guida della “vera” rivoluzione, la rivoluzione realmente democratica, nella quale il popolo governava davvero e davvero era rivoluzionario e aiutava le altrui rivoluzioni, non come nell’Unione Sovietica, sottomessa alla burocrazia, al dispotismo staliniano, quale adesso a molti appariva. Si contrappose la Cina alla Russia, in Occidente, tra gli intellettuali, ma la contrapposizione fu, concretamente, tra Cina e Russia. La Cina apparve il vero Paese anticapitalista, il vero nemico della borghesia, laddove l’Unione Sovietica cercava la coesistenza pacifica, come si definiva, con il mondo capitalistico. Oltre gli intellettuali occidentali molti Paesi furono legati alla Cina, erano Paesi arretrati, contadini e quindi prossimi alle condizioni della Cina, in Africa, in Asia, anche in Sudamerica.

Si che oltre i blocchi comunista e capitalisti vi fu una divisione interna al blocco comunista, tra i russi ed i cinesi. L’incremento economico della Cina fu notevole, si ebbero anche momenti in cui si propugnò da parte di Mao una sorta di pluralismo di opinioni, i “Cento fiori”. Ma il timore che nascessero aspirazioni alla libertà e il bisogno di favorire l’industrializzazione suscitarono in Mao e nei dirigenti comunisti il tentativo di collettivizzare radicalmente l’agricoltura perché servisse all’industrializzazione. Fu una catastrofe, una penuria mortale accresciuta dalla cosi detta Rivoluzione culturale. Vi è in questi movimenti rivoluzionari quasi sempre una veemente connotazione morale, come se tutto il resto del mondo fosse corrotto e all’interno dello stesso movimento rivoluzionario occorresse la perfetta integrità ideologica ed etica. Anche in Cina durante la direzione di Mao avvenne questo atteggiamento, denominato “Rivoluzione culturale”, estirpare ogni differenza di classe, di ceto, il minimo individualismo, umiliare gli intellettuali costringendoli ad infimi lavori, eliminare ogni proprietà personale, la consistenza familiare. Fu un periodo persecutorio, oppressivo, omicida, ogni presenza di cultura detta borghese, di occidentalismo veniva disperso. Dopo lo sfacelo del Grande balzo e della collettivizzazione in campo agricolo ed il tentativo di industrializzazione forzata, Mao aveva perso parte dei poteri, in ogni caso dominava il Paese e scatenò la Rivoluzione culturale come a giustificare che se il grande balzo dell’industrializzazione era fallito lo si doveva ai residui borghesi della società cinese. Tra malanni economici e violenza dei rivoluzionari culturali fu un eccidio di milioni.

Più riuscita la politica di Mao in campo militare e politico, quando contenne gli Stati Uniti durante la guerra delle due Coree, la Corea del Nord, comunista e legata alla Cina, la Corea del Sud, sorretta dagli Stati Uniti. La guerra finì con la spartizione delle Coree, un successo della Cina, appena diventata Repubblica Comunista, che non venne sconfitta dagli Stati Uniti. Con la Russia i rapporti divennero contrastanti, la Cina, l’abbiamo accennato, si fece guida dei Paesi anticapitalisti, contadini, e quindi sottraeva dei Paesi alla direzione dell’Unione Sovietica, e, con la capacità di produrre armi atomiche, anche militarmente cominciò la sua ascesa. Ma quasi tutte le rivoluzioni comuniste nei Paesi arretrati fallirono e furono di una crudezza memorabile. Ed anche se in Vietnam ed a Cuba si ebbero rivoluzioni comuniste vincenti l’andamento della storia prese direzioni impreviste. Alla morte di Mao, 1976, dopo che aveva stabilito relazioni addirittura con gli Stati Uniti e acquietate le tensioni con l’Unione Sovietica, vi fu, in Cina, una fase turbinosa per la successione, finché il potere lo ebbe Deng Xiaoping, in passato critico di Mao per il fallimento del Grande Balzo. Da questo momento la Cina costituisce l’esemplarità del risorgimento dei Paesi svincolati dal colonialismo e nello stesso tempo l’esemplarità dei problemi che questo risveglio può suscitare anzi suscita sui Paesi in passato colonialisti, noi occidentali. Deng ha tutt’altre concezioni di Mao in campo economico. Fermo restando il comunismo politico e istituzionale Deng permette il massimo aumento delle imprese private, del profitto, dell’investimento, anche straniero.

E dato i costi del lavoro in Cina, minimo rispetto ai salari occidentali, consente alle imprese straniere profitti robustissimi se producono in Cina ed esportano in Occidente. Con il tempo anche le imprese cinesi producono e sopra tutto esportano. Il controllo politico, ideologico, sociale del Partito comunista è totale, ma, con investimenti pubblici, sovvenzioni, le imprese private giganteggiano, straniere e nazionali, e la Cina, senza scioperi, con salari bassi diviene un mercato commerciale produttivo mondiale, addirittura in gara con gli Stati Uniti, e diventa un Paese globalista: circolazione dei capitali e delle merci. Con effetti assai problematici sulle economie occidentali, perché la Cina vince la concorrenza, dati i costi minori del lavoro. E questo è il nostro presente. Ed il nostro futuro Tenuto conto del riarmo atomico della Cina, essa è il vero temibile nemico della nostra società ossia della nostra libertà.   

Aggiornato il 02 novembre 2021 alle ore 15:52