“Anima” processa la coscienza del politico al servizio dei poteri

Il cinema italiano è neorealismo e commedia. Qualora dovesse deragliare da questi binari dovrebbe dimostrare al pubblico delle buone ragioni, una bella storia da raccontare. Ma questo non capita da tempo. Anzi, tra sale e tivù generaliste impazzano filmati (produzioni degli ultimi anni) che non raccontano l’Italia, la sua storia e le vicende piccole e grandi di chi la popola. C’è la paura di raccontare drammi e miserie e arte d’arrangiarsi. “Perché gli sceneggiatori hanno smesso di prendere il tram”, direbbe Cesare Zavattini. “Il cinema di oggi è fiction e parla inglese”, ci dicono gli esperti nei vari convegni: ovvero è finzione e parla una lingua non italiana. Ben si comprende che chi ha iniziato con una macchina da scrivere e appunti a penna, e tutto in rigoroso italiano, non possa certo andare molto d’accordo con quei ragazzotti cibernetici che reputano un film vada scritto in inglese anche se narra dei bassi di Napoli o della periferia di Roma.

Ma, di tanto in tanto ci scappa il miracolo, il fortunale a ciel sereno. Così Andrea Canali (responsabile relazioni industriali e ufficio del lavoro dell’Anica) telefona lo scorso 10 luglio allo scrittore Ruggiero Capone e gli dice: “Ti sei perso Anima, acronimo di Atassia neuro ipofisaria monolaterale acuta, un male di cui soffre certa classe dirigente serva del potere e aguzzina del popolo. Pino Ammendola e Rosario Maria Montesanti hanno raccontato questa malattia in un loro film”. Così lo scrittore raggiunge il comune di Contigliano (provincia di Rieti) dove nel borgo medievale di Collebaccaro la giunta comunale ha deciso di dedicare la serata alla proiezione di Anima, e ben sapendo che la pellicola è una parodia della politica prona ai poteri forti e poco attenta al bene comune. Paolo Lancia (architetto e sindaco di Contigliano) non ha dubbi: “Qui siamo una comunità coesa, il messaggio lanciato da Anima mi è subito piaciuto. La politica deve aver rispetto del territorio, dei cittadini, e non mettersi a servizio dei poteri ormai multinazionali”.

Dello stesso avviso Lucilla Malfatti, assessore alla Cultura, “da insegnate ho trovato Anima educativo, perché è una commedia, c’è teatralità, e invita i giovani alla partecipazione, all’impegno politico per il bene comune”. Partecipazione e impegno per il bene comune? Ma questa frase non era forse l’adagio di Franco Maria Malfatti per il gruppo “Nuove Cronache” di Amintore Fanfani? L’assessore sorride e scuote il capo: “Non sono parente dell’ex ministro diccì Malfatti. È un cognome diffuso a Contigliano, però impegno e partecipazione sono lo spirito che anima questa amministrazione”. Le sale romane avevano un po’ storto il naso su Anima, perché il film dice chiaramente a dirigenti pubblici e parlamentari che, il loro stipendio non viene pagato per servire le società quotate in borsa, ma la gente normale che arranca a mettere a norma europea un laboratorio o ha perso il lavoro perché la fabbrica italiana è stata ceduta al un colosso straniero (sono tanti i casi Ilva, Whirpool, Conad). La storia di Anima ruota attorno ad Anio Modòr, un politico immaginario, pavido e prono al potere, che accetta la corruzione per non essere messo ai margini della politica. A mettere Anio sulla brutta strada provvede Andrea Roncato, suo primo sponsor elettorale: ovviamente la sua elezione è il premio a una cattiva azione, che porta a fallimento e suicidio un imprenditore edile onesto e gran lavoratore.

Ma tutte queste vicende (anzi malefatte) emergono mentre Anio Modòr è in coma, colpito da Atassia neuro ipofisaria monolaterale acuta durante un’accesa telefonata di partito. Colpito da una sorta di ictus, ricoverato in ospedale tra la vita e la morte, il suo inconscio lo trascina in una sorta di purgatorio in bianco e nero a bordo d’un vecchio aereo DC3 (quello del film Casablanca): durante il volo lui rivive tutte le sue malefatte, consumate con i compagni di partito: Franco Oppini, Giorgio Gobbi e Mino Caprio. L’aggancio con i poteri vaticani è affidato ad Augusto Zucchi, monsignore che cerca di dirigere le azioni del politico e prega sperando che si possa risvegliare dal coma. Nella cabina di comando dell’aereo c’è Satana in persona, interpretato da Bruno Bilotta. Mentre la diavolona Letizia Gorga tenta di processare tutti i peccati di Anio. Moglie di Anio è Annalisa Favetti, che ama soprattutto il benessere procurato dal marito ed è poco attenta all’educazione del figlio.

Sull’aereo ci sono altri penitenti e due steward, Massimo Olcese e Adolfo Margiotta, che di fatto sono due diavoloni che gli sbattono davanti agli occhi come la sua purezza infantile, ed i suoi principi giovanili, abbiano ceduto il passo a cinismi e corruttele. Al risveglio Anio Modòr è colpito da un rigurgito di coscienza, un male molto più grave per i suoi “compari di partito” (per dirla alla Margiotta) e questo lo trasforma in uno non più affidabile per il potere. Il film è stato premiato con Grifo d’Oro nella manifestazione cinematografica di Perugia, poi il Vigna d’Argento e anche menzione speciale all’Ariano International Film Festival, e sempre per meriti morali e sociali. Ora il dibattito su Anima e sui mali della nostra società si sposta negli studi romani, dove Ruggiero Capone intervisterà, tramite Andrea Canali, gli autori e gli interpreti. Il viaggio nella cattiva coscienza italiana continua.

Aggiornato il 14 luglio 2021 alle ore 12:25