Opinioni a confronto: la ragione e il torto

“In questa nostra rubrica, a dispetto del titolo, non abbiamo mai detto che cosa sia l’opinione, cioè da dove venga, cosa significhi quella parola, che ha un ruolo non da poco in ciò che diciamo e che scriviamo. La storia umana, in fondo, va avanti a forza di opinioni. Questa, dunque, è una lacuna che dobbiamo colmare”.

“Allora, visto che sei anche un linguista, che per la Rai hai dato La parola alla Parola! e hai scritto pure un libro intitolato Bada come parli, lascio a te la parola per precisare l’origine e il significato di opinione”.

“L’opinione s’intrufola in ogni campo, in ogni materia o argomento, esclusa la matematica, che, come dice il proverbio, non è un’opinione: due più due fa quattro, e non si discute, non ci si chiede nemmeno il perché. Opinione deriva dal verbo latino opinor, che significa pensare, ritenere, credere, supporre, giudicare, da cui il sostantivo opinio, equivalente al greco doxa, che è anche il titolo di un istituto specializzato appunto in sondaggi di opinioni. Io credo che non vi sia parola con tanti significati quanti sono quelli di opinione. L’opinione può essere un’idea, un giudizio, un punto di vista, personale o collettivo, una interpretazione (di un fatto o di un ragionamento), condivisa e non condivisa, giusta, sbagliata, pubblica, fondata e infondata, avventata, prevalente, buona o cattiva, e così via”.

“Hai dimenticato legittima, che è l’aggettivo più recente, usato spesso dai nostri politici nei dibattiti televisivi quando ad un avversario rispondono, ipocritamente: Opinione legittima, per carità. Per carità di chi? A questo proposito qualche anno fa Vittorio Sgarbi scrisse su un giornale: Quando un’opinione è una menzogna non è affatto legittima”.

“Opinione può significare anche stima, considerazione, parere, voto, decisione, sentenza di un giudice, e su questo tu che sei un avvocato avrai molte cose da dire”.

“Nel campo giuridico la ragione e il torto s’intrecciano spesso a tal punto che non si capisce da quale parte stiano l’una e l’altro, che è come dire il vero e il falso. La bravura di un avvocato sta anche in questo, nell’imbrogliare le carte, come l’Azzeccagarbugli manzoniano, il cui colloquio con Renzo nel capitolo III dei Promessi Sposi descrive il degrado della Giustizia”.

“Il Manzoni (nella foto) nel suo saggio sul romanzo storico parla di due individui che non riuscendo a mettersi d’accordo per via delle loro opinioni contrapposte, si recano da un avvocato. Il primo espone la sua opinione e i motivi che ve l’hanno portato, e alla fine l’avvocato gli risponde: Avete ragione. Dopodiché ascolta l’opinione dell’altro e alla fine dice anche a lui: Avete ragione. A quel punto il figlioletto dell’avvocato, che aveva ascoltato il dibattito, esclamò: Ma papà, come può essere che abbiano ragione tutti e due? E l’avvocato gli rispose: Hai ragione anche tu. E il Manzoni conclude che l’avvocato conciliò le due risposte ‘facendo vedere tanto a Tizio quanto a Sempronio che se avevano ragione da una parte avevano torto da un’altra. Questo perché nel confronto fra due opinioni diverse o contrapposte entra in campo anche la dialettica, che è un’arte e chi sa usarla bene può avere ragione anche se ha torto, e viceversa. Oggi, per non dire da mezzo secolo in qua, molte volte si fa un uso politico della Giustizia, quando un magistrato accusa o pronuncia sentenze dietro la spinta di un sentimento di odio, di vendetta. Come i giudici che condannarono Socrate, il quale dopo la sentenza esclamò: Non rimprovero i giudici per avermi condannato, li rimprovero per avermi condannato con cattiveria”.

“Ricordi il caso Bebawi? Il più grande e discusso processo del Dopoguerra?”.

“No”.

“Due coniugi, entrambi complici in un omicidio, accusandosi vicendevolmente furono scagionati entrambi per insufficienza di prove: il conflitto fra ragione e torto fu uno dei più feroci”.

Schopenhauer ha scritto un libro intitolato L’arte di ottenere ragione, in cui sono riportati 38 stratagemmi che spiegano come si possa ottenere ragione pur avendo torto. Te ne dico uno solo, che non è fra i migliori ma è il più spiccio e in sintonia con i dibattiti dei nostri politici: Bisogna suscitare l’ira dell’avversario, perché nell’ira egli non è più in condizione di giudicare rettamente e di percepire il proprio vantaggio. Si provoca la sua ira facendogli apertamente torto, tormentandolo e, in generale, comportandosi in modo sfacciato”.

“Nel Ventennio uno dei motti che circolavano su Mussolini era: Il Duce ha sempre ragione. Ciò derivava dal fascino che le sue parole provocavano negli ascoltatori, compresi gli intellettuali, nessuno escluso. Poi alla fine della guerra i suoi avversari hanno rivoltato la frittata e Mussolini è diventato un imbonitore, un pagliaccio, un imbroglione e così via”.

“Io ho dedicato alla Giustizia una delle mie interviste immaginarie e ho scritto anche un sonetto che ho proprio qui davanti, perché volevo chiudere con questo la nostra conversazione telefonica. Vuoi che te lo legga? Dopo però, tu che sei avvocato, mi devi dire se ci sono gli estremi per una querela”.

 

Altro tu non conosci che l’accusa,

non incarni giustizia ed equità:

tu sei l’Erinni, l’Idra, la Medusa

rossochiomata che non ha pietà.

 

Di cattiveria tutta circonfusa,

togli anche al saggio la serenità.

La faccia tua con quella bocca chiusa

solo a vederla i brividi mi dà.

 

Come un’antica e perfida megera

nel paiolo i suoi filtri ardere fa,

vai rimestando da mattina a sera

 

presunti indizi e false verità.

Ma prima o poi, d’inverno o a primavera,

questa squallida storia finirà

Aggiornato il 06 maggio 2020 alle ore 13:13