In premessa al suo libro, una dotta e appassionata biografia sulla figura di Leone Ginzburg, intellettuale antifascista, Angelo D’Orsi, docente di storia del pensiero politico all’Università di Torino, ricorda che il suo maestro Noberto Bobbio, grande pensatore, gli aveva affidato il compito di scrivere un libro sul suo compagno di gioventù. Arrivati all’ultima pagina di questo testo, documentato e scritto con ammirevole chiarezza, il lettore non ha solo la possibilità di conoscere una straordinaria figura di studioso, quale fu nella sua breve vita Leone Ginzburg, ma può comprendere da quale clima politico ed intellettuale era dominata Torino negli anni venti e trenta del ventesimo secolo. Angelo D’Orsi nota che, fino a questo momento, nessuno studioso si è posto lo scopo di delineare un ritratto politico, intellettuale e morale di Leone Ginzburg. Questo suo libro, edito dalla casa editrice Neri Pozza con il titolo L’intellettuale antifascista, ritratto di Leone Ginzburg, colma un vuoto.

Leone Ginzburg nasce ad Odessa, in Ucraina, città situata sul Mar Nero alla foce del Dnestr. Viene concepito dalla madre Vera a Viareggio, dove la signora si innamora di Renzo Segre. Tuttavia Teodoro Ginzburg, malgrado sia consapevole di non essere suo padre, gli dà il suo cognome, pur di mantenere in vita il matrimonio con sua moglie Vera. Si trasferisce, in seguito, a Torino con la sua famiglia, città dove da le prime prove di un ingegno superiore, essendo animato da una inesauribile curiosità intellettuale e da una naturale disposizione a creare. Fin dagli anni giovanili, quando inizia a frequentare il liceo D’Azzeglio a Torino, pubblica un piccolo giornalino, su cui escono i primi articoli su Aleksandr Puškin e altri autori da lui prediletti. Il suo cosmopolitismo, frutto delle sue voraci letture, fa sì che questo figlio dell’Europa non si senta né germanico, né ebreo né slavo, ma italiano. Nel 1921 Leone in un suo scritto giovanile definisce Dante padre della patria ed invita i giovani a seguirne i precetti. Torino è una città dove vi è una intensa vita culturale, anche per la pubblicazione della rivista di Piero Gobetti La rivoluzione liberale, che rende possibile sul piano culturale una vigorosa opposizione al regime fascista.

Al liceo D’Azeglio, Leone Ginzburg ha il privilegio di avere come docenti intellettuali di grande valore come Umberto Cosmo, Arturo Segre, Zino Zini. Zini, filosofo di valore, teorizza la necessità di impegnarsi in politica seguendo una precisa e netta coscienza morale, che implica una attenzione privilegiata verso i deboli e gli esclusi. Frequentando con assiduità la biblioteca del liceo D’Azzeglio, Leone Ginzburg scopre le opere di Benedetto Croce, la poesia di Dante, poesie e non poesia, la letteratura della Nuova Italia. Croce è destinato a divenire un riferimento costante per i giovani intellettuali, a cui appartiene Ginzburg. Leone è autore di un romanzo, scritto durante la prima giovinezza, intitolato la Vita eroica di Lucio Sabatini, in cui è rappresentato il conflitto tra fascisti e bolscevichi. Approdato all’università, dopo avere incontrato personalmente Benedetto Croce, Leone Ginzburg decide di cambiare facoltà, passando da giurisprudenza a lettere. Con una tesi dedicata a Guy de Maupassant consegue la laurea in lettere. In questo periodo inizia a tradurre i grandi scrittori russi, quali Lev Tolstoj, Gogol, Puskin.

Divenuto docente di letteratura Russa, Leone Ginzburg, dedicandosi allo studio dei capolavori dei grandi autori della letteratura, tenendo presente la lezione di Augusto Rostragni, segue un metodo critico che tende a conciliare l’estetica di Croce, mitigata dal valore storico delle opere letterarie, e il rigore filologico che discende dalla scuola positivistica. In seguito alla rivoluzione del 1917, la cultura Russa eserciterà una notevole fascinazione sugli intellettuali torinesi ed Italiani durante gli anni venti e trenta del novecento. In questo periodo Leone sulla rivista la Cultura pubblica alcuni articoli su Fëdor Dostoevskij e Puskin, nei quali emerge la interpretazione che questo studioso da delle cultura russa, sottolineandole il carattere europeo. Questo è un aspetto essenziale del pensiero di Ginzburg, poiché per lo studioso Angelo Ripellino la novità dello studio di Ginzburg consiste nella convinzione che la cultura russa sia espressione della civiltà Europea. Recatosi a Parigi per compiere alcuni sudi su autori della letteratura francese, Leone Ginzburg incontra Carlo Rosselli, rifugiatosi nella capitale francese dopo avere abbondonato l’isola di Lipari, dove era stato confinato dal regime fascista. Questo incontro è decisivo per la maturazione politica di Leone Ginzburg, che diverrà un seguace di Giustizia e libertà, movimento politico di opposizione verso il fascismo, nato dalla rivista fondata a Parigi dai fratelli Carlo e Nello Rosselli ed Emilio Lussu.

Per Rosselli, come per Gobetti e Ginzburg, essere Europei vuol dire avere una vigile coscienza morale, significa rinunciare al bello stile, abbandonare la torre d’avorio e farsi popolo, come Antonio Gramsci scrisse nei suoi quaderni. Infatti l’Europa, per questi pensatori, non è uno spazio territoriale, ma una idea limite, un concetto regolativo, una patria ideale che supera i confini geografici del vecchio continente. Infatti, come osserva nel suo libro Anfelo D’Orsi, l’opposizione al fascismo di Giustizia e libertà avrà un carattere precipuamente intellettuale. Leone Ginzburg, per la sua adesione a Giustizia e libertà, venne condannato e rinchiuso in Carcere dal regime fascista a Civitavecchia. In seguito, riconquistata la libertà, Leone Ginzburg sarà tra i fondatori della casa editrice Einaudi, erede della esperienza editoriale della Rivoluzione liberale di Piero Gobetti e della Voce di Giuseppe Prezzolini. Leone con sua moglie Natalia verrà, giacché è ritenuto un oppositore del regime fascista, internato e costretto a vivere a Pizzoli in Abbruzzo per un lungo periodo. Nel 1943 rientrerà a Torino ed in seguito a Roma, dove, divenuto dirigente del Partito d’azione, dirigerà il giornale Italia libera. Nel libro l’autore mostra le dispute che divisero il gruppo dirigente del Partito d’azione tra filocomunisti e anticomunisti. In seguito, dopo essere stato rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, venne malmenato e torturato.

Muore in carcere a solo trentacinque anni dopo avere assunto dei medicinali. Come scrisse in uno dei suoi articoli, quando vagheggiava la nuova Italia, dopo la parentesi fascista, la politica deve essere intesa come uno strumento di civiltà. La libertà non deve solo assicurare la libera espressione del pensiero umano, ma deve avere un contenuto sociale ed economico, per rendere possibile la costruzione di una società di uomini che siano liberi ed uguali. Un grande libro, questo di Angelo D’Orsi.

Aggiornato il 26 febbraio 2020 alle ore 17:55