Un altro film su Pinocchio? E perché no? Ci prova con grande talento Matteo Garrone (il film uscirà il prossimo 19 dicembre), assistito da un cast eccezionale: Roberto Benigni, un credibilissimo e commovente Geppetto; Massimo Ceccherini, una straordinaria Volpe che, però, ci lascia una zampa nella tagliola; Rocco Papaleo, il Gatto, degno compare eccellente della più astuta compagna; Marine Vacth, bellissima, dolcissima ed eterea come si conviene alla Fata Turchina (ma altrettanto brava e deliziosa è l’interprete del suo personaggio da bambina!); Gigi Proietti, meraviglioso Mangiafuoco che sembra uscito di sana pianta da un’illustrazione dell’epoca! Infine c’è lui, il piccolo protagonista, Federico Ielapi, bambino da sogno, intelligentissimo che ha avuto (a suo dire) “il grande onore di recitare con un Premio Oscar!”, resistendo come solo i piccoli come lui sanno fare per amore e passione alla tortura di ore e ore di trucco estenuante, per mantenere in piedi la maschera di silicone che imita le venature del legno. Grandi e meritatissimi complimenti vanno ai tecnici dell’animazione e ai realizzatori dei pupazzi e degli animali fantastici! Con Collodi e Garrone viene da domandarsi: esiste un “Principio morale” nel mondo animale?

No, certo. Però esiste di sicuro il suo traslato umano e umanoide quando si vogliono rappresentare sia l’affetto incondizionato, sia la crudeltà assoluta. Ne manca uno vero, però, di questi potenti traslati: l’amicizia. Come chiama il Burattino più famoso del mondo quei malfattori del Gatto e della Volpe? “Amici miei!”. Così dice. Ma anche Lucignolo lo è. Quella di Pinocchio è, quindi, una ricerca disperata di amicizia sempre delusa che ritrova soltanto, da un lato, negli esseri inanimati di legno (i burattini di Mangiafuoco), come dall’altro nei personaggi fantasmatici della Fata Turchina, della nutrice e domestica della sua casa fatata, la Lumaca. Animali che ti salvano, come tutti i diligenti servitori della Fata, dottori, cocchiere e picchi-falegnami compresi; il tonno liberato (manca però il cane Melampo che nel libro gioca un po’ la parte del leone con il fanciullo che lo libera, senza averne paura, della spina che gli impedisce di camminare). Animali che ti perdono, come il Gatto e la Volpe e il grande squalo. “Animaliter plus”, quindi, per incarnare i vizi e le virtù (scarse...) degli umani.

Amici antropomorfi veri di Pinocchio sono l’Allevatore che lo remunera correttamente per il duro lavoro svolto; Mangiafuoco che si commuove di starnuti e gli regala i famosi cinque zecchini d’oro in premio della bontà da lui dimostrata, che è poi il vero leitmotiv del ragazzino pestifero con un cuore d’oro che merita, quindi, in definitiva il premio di diventare un bambino vero; tutti i grandi poveri in generale del paesello di Geppetto che non si sorprendono, in fondo, di un burattino parlante, né del suo creatore che lo chiama “figlio mio!” e che si perde per il mondo alla ricerca disperata di quel suo bimbo di legno. Al contrario di Garrone, che qui si nutre esclusivamente di belle e intense immagini, fin troppi commentatori moderni tendono a dare di Pinocchio un’interpretazione sociologica (i tantissimi ritratti, tutti diversi e tutti sempre un po’ negativi, che sono presenti nella personalità di ciascuno di noi italiani); o inquadrano il tutto psicologicamente mettendo in gioco le forze del cambiamento volitivo interno che da legno storto, con la sola forza della volontà, riscoprendo per la strada il “Buddha che è in ciascuno di noi”, ci conducono a raddrizzarlo per condurre poi una vita retta e di rispetto soprattutto nei confronti dei genitori.

Certo, Carlo Collodi forse sorriderebbe di questa così luminosa chiocciolona intellettuale incollata al suo capolavoro, che starebbe benissimo a far da coda alla sua deliziosa Lumaca, anche perché in effetti il suo messaggio cammina lentissimo e permane nei secoli senza diluirsi né scolorarsi nel tempo. Anzi, la modernità con la sua indotta atrofia della conoscenza (terribile byproduct di Internet, dei social e dei talk urlati senza sintesi, né garbo né costrutto!) ritrova in Pinocchio una grande ancora di salvezza, se solo lo volesse e lo sapesse correttamente trasporre in questa triste epoca della Morte dei Lumi!

Aggiornato il 16 dicembre 2019 alle ore 11:40