La cronaca politica, o anche la semplice cronaca, alimentano il teatro d’opera americano. Negli Usa i teatri sono privati e, tranne poche eccezioni, ricevono sussidi modesti dal National Endowment for Arts (l’equivalente del nostro Fus, fondo unico per lo spettacolo). Il teatro in musica è composto e prodotto per il pubblico pagante. Le opere moderne americane hanno avuto grande successo anche in Germania, Francia ed Europa centrale. Nascono spesso nei numerosi teatri di città di media importanza prima di arrivare a New York, Chicago, San Francisco, Dallas e Washington, i templi della lirica negli Usa.
Citiamo alcuni titoli. Un’opera conosciuta anche in Italia è The Consul di Gian Carlo Menotti, un’agghiacciante vicenda dei totalitarismi europei (e delle complicità americane. Oppure i lavori di Carlisle Floyd Susannah (lurido “fattaccio” di sesso, violenza nella Bible Belt, l’America più puritana), Willie Stark (l’ascesa al potere di un politico spregiudicato e dei suoi affiliati) e The Crucible (una severa critica all’intolleranza politica). Oppure ancora The Ballad of Bady Doe (l’arricchimento di Horace “Silver Dollar” Tabor, personaggio realmente esistito). Si potrebbero citare molti altri autori e titoli. D’altronde, anche nel Seicento (si pensi all’Incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi) l’opera aveva successo se mostrava (spesso arcaicizzandoli ) eventi correnti di potere politico o sesso.
In Italia, solo di recente questo genere inizia a comparire ma in teatri piccoli o, in alcuni casi, all’estero. Ad esempio, dopo un’anteprima al Teatro Poliziano di Montepulciano, si può vedere a Roma (Teatro Olimpico, a chiusura della stagione 2016-2017 dell’Accademia Filarmonica Romana) L’aria della libertà - L’Italia di Piero Calamandrei, il nuovo spettacolo di teatro in musica di Nino Criscenti e Tomaso Montanari. Coprodotto da Fondazione Cantiere Internazionale d’Arte, Accademia Filarmonica Romana, Amici della Musica di Foligno, in collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà e la Biblioteca Archivio “Piero Calamandrei”, sarà anche in scena all’Auditorium San Domenico di Foligno e al Teatro Ariosto di Reggio Emilia.
Sul palcoscenico, lo scrittore e storico dell’arte Tomaso Montanari insieme a un quartetto di musicisti (Luca Cipriano al clarinetto, Francesco Peverini al violino, Valeriano Taddeo al violoncello, Marco Scolastra al pianoforte), interagisce con immagini originali, in gran parte inedite, recuperate dagli archivi storici. Nella biblioteca civica di Montepulciano si conserva infatti un grande album fotografico in cui Calamandrei ha raccolto le istantanee delle gite che quasi ogni domenica, dal 1935 fino allo scoppio della guerra, ha fatto con un gruppo di amici in cui si ritrovano alcuni dei maggiori esponenti dell’antifascismo e della cultura italiana del Novecento: Luigi Russo, Pietro Pancrazi, Nello Rosselli, Alessandro Levi, Guido Calogero, Attilio Momigliano, Ugo Enrico Paoli, talvolta Benedetto Croce, Adolfo Omodeo e in qualche occasione Franco Antonicelli e Leone Ginzburg. Non erano gite qualsiasi, e Calamandrei lo ricorderà: “Negli anni pesanti e grigi nei quali si sentiva avvicinarsi la catastrofe, facevo parte di un gruppo di amici che, non potendo sopportare l’afa morale delle città piene di falso tripudio e di funebri adunate coatte, fuggivano ogni domenica a respirare su per i monti l’aria della libertà, e consolarsi coll’amicizia, a ricercare in questi profili di orizzonti familiari il vero volto della patria”. Una tragedia segnerà quelle gite: l’assassinio di uno dei compagni più assidui, Nello Rosselli, appena qualche settimana dopo la sua ultima passeggiata domenicale.
Dodici momenti di musica dal vivo entrano, nel corso dei 90 minuti dello spettacolo, sui punti più intensi del racconto. Non un accompagnamento, piuttosto un intervento che nasce dalla parola, che non interrompe il racconto ma lo sottolinea, lo amplifica. Sono brani di alcuni capolavori della musica da camera tra gli anni Venti e Quaranta, da Stravinskij (con i bellissimi Tre pezzi per clarinetto solo) a Casella e Šostakovič. L’organico di pianoforte, violino, violoncello e clarinetto è stato scelto in funzione di due opere scritte per questa singolare formazione: una composizione di Paul Hindemith del 1938 e il Quatuor pour la fin du Temps scritto nel 1940 da Olivier Messiaen nel campo di concentramento tedesco in cui era internato. Del 1945 è la Sonata per clarinetto e pianoforte di Mario Castelnuovo-Tedesco, eseguita nella parte finale dello spettacolo, in cui si sente come, con Piero Calamandrei costituente, lo spirito di quelle gite è entrato nella ricostruzione del Paese.
Curiosamente, il venticinquesimo anniversario (23 maggio 1992) della strage di Capaci, nella quale persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, viene ricordato con un’opera in scena dal 28 maggio al 13 giugno non alla Scala, al Massimo di Palermo o al Teatro dell’Opera di Roma ma alla Staatsoper unter den Linden di Berlino. L’opera (di Nicola Sani, su libretto di Franco Ripa di Meana) si chiama Falcone, il tempo sospeso del volo. Una prima versione si è vista per due sere a Reggio Emilia dieci anni fa.
La produzione della Staatsoper di Berlino è interamente in lingua tedesca (il libretto basato su documenti della cronaca del tempo è stato tradotto dall’originale in italiano), con una nuova strumentazione e con un cast tedesco, per favorire la migliore comprensione del testo, molto importante per la ricezione di questo lavoro, presso il pubblico tedesco. La regia è stata affidata a Benjamin Korn, profondo conoscitore delle vicende politiche italiane. Egli stesso è una figura molto conosciuta in Germania, non soltanto come regista teatrale, ma anche come opinionista sulle questioni politiche e sociali. Ad interpretare la figura di Giovanni Falcone è Andreas Macco, uno dei bassi più interessanti della nuova generazione. Dirige David Coleman, uno dei migliori conoscitori della musica d’oggi. Il teatro è affollato tutte le sere.
(*) Foto per Falcone di Gianmarco Bresadola
Aggiornato il 08 maggio 2017 alle ore 19:37