La Storia perde Pavone

Nei giorni scorsi si è spento alla età di 95 anni Claudio Pavone. Storico di grande valore, Pavone è ricordato nella comunità degli studiosi per il metodo di indagine seguito nei suoi lavori storiografici, un approccio che gli consentì di conciliare l’attenzione scrupolosa per le fonti con l’impegno intellettuale e civile.

Nato in una famiglia borghese romana, figlio di un avvocato di Confindustria, da giovane partecipò come militante socialista alla lotta partigiana e di liberazione. Di questa vicenda personale, che spiega la passione con cui ha indagato le vicende storiche e politiche legate al periodo della Resistenza, ha lasciato un racconto bello e appassionante nel suo libro autobiografico, intitolato “La Mia Resistenza” (Donzelli - 2015). Prima di approdare all’insegnamento universitario a Pisa, dove è stato docente di Storia contemporanea, Pavone ha lavorato come archivista nell’amministrazione dello Stato, esperienza professionale fondamentale da cui trasse l’ispirazione per scrivere una pregevole guida generale degli archivi di Stato. Nel suo libro, in cui confluirono saggi scritti nel corso del tempo e che racchiudono le sue innumerevoli ricerche, intitolato “La prima lezione di Storia contemporanea” (Laterza), Pavone mostra in che misura e modo le grandi idee, la cultura e la moralità sono capaci di favorire la creazione delle istituzioni su cui una comunità nazionale si fonda. Per Pavone è fondamentale scandagliare le vicende storiche, nel rispetto assoluto delle fonti archivistiche, per svelare gli aspetti inafferrabili delle vicende individuali e collettive.

Il suo nome rimane legato ad un altro grande libro, che venne pubblicato dalla Bollati Boringhieri nel 1991 dal titolo “Una guerra civile - Saggio storico sulla moralità nella Resistenza”. Un’opera storica di grande complessità e finezza che reinterpreta con una nuova impostazione storiografica la vicenda della Resistenza, che divise gli italiani negli anni cupi che vanno dal settembre del 1943 al 25 aprile del 1945. Nel libro viene mostrato il rapporto innegabile che vi è tra la stagione della Resistenza e la nascita della Repubblica.

Claudio Pavone, pur essendo uno storico per formazione intellettuale di cultura socialista e azionista, fu il primo a riconoscere la validità storiografica della categoria della guerra civile, per capire e comprendere le diverse opzioni politiche e culturali che presero corpo e si formarono durante quel tragico biennio. La categoria della guerra civile, aborrita e ritenuta inammissibile da alcuni storici di sinistra, per i quali i sostenitori della Repubblica di Salò dovevano essere considerati elementi estranei alla vicenda storica e culturale italiana, offrì a Pavone la possibilità di mostrare come l’idea di Patria si era ricostituita e aveva ripreso corpo durante quegli anni drammatici, segnati da violenze e conflitti ideologici. Pavone attraverso lo studio rigoroso delle fonti vide coesistere tre guerre distinte e separate: la guerra di liberazione dall’occupante straniero e nazista; una guerra di classe tra forze politiche diverse per orientamento culturale e politico, visto che alcune miravano ad un rivolgimento rivoluzionario e al superamento della società liberale; una guerra civile tra fascisti e antifascisti, che in modo drammatico e truce concludeva lo scontro iniziato nel 1921-22, quando le squadre fasciste perpetrarono azioni violente per abbattere il regime liberale e instaurare la dittatura.

In un suo saggio apparso sulla rivista culturale “Passato e Presente”, diretta da Luciano Cafagna e Antonio Giolitti, nel 1959 Pavone aveva espresso una critica ben argomentata e motivata per smascherare l’inconsistenza teorica dello stereotipo, seguito e accettato da alcuni storici, per effetto del quale la Resistenza doveva essere considerata un secondo Risorgimento. Per Pavone all’origine della Repubblica non vi poteva essere il racconto mitologico ed epico della lotta di liberazione, ma un groviglio inestricabile di complicate questioni storiche e culturali che andava chiarito e reinterpretato con rigore e l’attento esame dei documenti d’archivio. Rifiutò, per questa ragione, l’idea che vi potesse essere, in riferimento al racconto e allo studio della Resistenza, una memoria condivisa, tra quanti si schierarono con la Repubblica di Salò e chi era animato dalla volontà di ricostituire il patto di convivenza civile tra gli italiani in nome della democrazia e del liberalismo. Riflettendo sulle somiglianze tra la storia italiana e quella tedesca, Pavone pervenne alla conclusione che mentre in Italia la transizione dal regime fascista alla Repubblica fece sopravvivere stili di comportamento e mentalità nell’apparato dello Stato palesemente autoritarie, in Germania l’atteggiamento duro assunto dai vincitori creò le basi culturali affinché i tedeschi maturassero una rottura radicale con il tragico passato nazista.

Rimangono i suoi libri, per chi ha voglia e desideri capire le origini del patriottismo costituzionale, di cui tanto si parla in questi giorni.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:30