“L’ultima strega” in scena al Brancaccio

Se ancora credete alle streghe, siete in buona compagnia. Un intero cantone svizzero (storia vera!), risparmiando le fascine, decapitò, per l’appunto, nel XVIII secolo, “L’ultima strega”. Titolo, quest’ultimo, dello spettacolo musicale - delizioso e ottimamente interpretato - che va in scena al Teatro Brancaccio di Roma fino al 6 di novembre 2016. Ma chi era davvero Anna Goeldi, presunta ultima donna in Europa a essere giustiziata per stregoneria, a Glarona nel lontano 1782? Un’amante del demonio, una naufraga approdata per caso in quel paesino di superstiziosi, o un frammento di Dna venuto dallo spazio astrale? Ognuno è libero di dare la sua di risposta. I pilastri della rappresentazione in arie musicali e parole di un dramma vero sono Valeria Monetti (Anna Goeldi) e Cristian Ruiz, il giudice-cerusico, infedele adoratore dell’Illuminismo, di Voltaire e di Diderot padre dell’Encyclopedie. Lorenzo Gioielli, invece, è un magistrale “Padre Monetti”, che porta lo stesso nome di una nota marca artigianale milanese di “panettoni”. La direzione musicale è affidata a Andrea Scordia che dirige un’orchestra dal vivo composta da cinque elementi (pianoforte, violino, viola, clarinetto e violoncello). Unico cruccio del vostro cronista: i testi delle canzoni e delle arie del coro erano, di fatto, inintellegibili a causa di un’amplificazione che oscurava le strofe e le parole. Peccato.

Il racconto fantastico si sviluppa e origina da due cantastorie moderni, impiegati di una casa editrice i quali, in un crescendo di ilarità e di assoluta naturalezza espressiva, si vedono incastrati dal loro editore a passare la serata in ufficio, proprio la Notte di Natale. Così, mentre l’uno - appassionato di etologia ornitologica - aspetta di travestirsi da Babbo Natale per portare doni al figlio, e l’altro - sognando una dolce notte d’amore - attende con ansia di consumare un sontuoso panettone artigianale con la sua nuova amante sposatissima, si vedono recapitare da una deliziosa e bella segretaria di redazione la disposizione verbale del loro patron che vuole, assolutamente, uscire per le Festività con una bella storia di Natale. Sarà proprio lo scambio di regali tra l’etologo e la giovane donna che permetterà ai due folletti di scoprire, grazie al libro “L’ultima strega”, la storia dolorosa di Anna Goeldi. L’insieme del coro (impeccabile con le sue figure di popolani ambosessi) entra subito dopo prepotentemente in scena avvolto da un’affascinate scenografia, caratterizzata da una struttura lignea rotante e bifacciale, dove su uno dei fronti è edificato una sorta di balcone alla Giulietta e Romeo, che funge anche sacrestia e pulpito; mentre sull’altro si raffigura sia l’esterno che l’interno lussuoso della casa del giudice, con divano, poltrona e, soprattutto, un angolo-bar per liquori e tè.

Sullo sfondo, invece, domina il profilo ligneo di una facciata di chiesa con campanile, illuminato da fasci di luce colorata che piovono dall’alto, come nei bellissimi quadri di Lyonel Feininger nelle cui forme architettoniche - uno dei suoi temi prediletti - l’immagine risulta il frutto di una sintesi portentosa tra la monumentalità del costruttivismo e il vibrante dinamismo espressionista. Anna viene assunta come cameriera nella casa del giudice per occuparsi, in particolare, di Sara, la figlia dei padroni, innamorata di un giovane, bellissimo fabbro dotato di un’affascinante, leggera balbuzie. Ma il dramma è vero: Anna è una madre defraudata dalla sua creatura appena nata, una bambina, data in adozione a una famiglia benestante facendo credere a lei di avere partorito una figlia morta. Anna, che prova un amore istintivo, inspiegabile per Sara è colei che ne cura una leggera isteria e che fa da cemento affettivo tra l’amore potente e nascente dei due ragazzi, accontentandosi per sé stessa della grande umanità, la sola di cui godrà, oltre a quella di Sara e del suo innamorato, di un fornaio “positivista” ante litteram, che con la sua farina rappresenterà il contatto carnale, a-superstizioso con la vita, fatto di cose buone e di piaceri semplici, come il suo tenerissimo sentimento per Anna.

Fondamentale il ruolo del parroco affidato a Gioiello, che si trova a mediare tra la verità manipolata in modo vendicativo dal giudice e i segreti scabrosi del piccolo borgo, così come li ha conosciuti nel segreto del confessionale. Molto interessante, poi, è la tecnica narrativa prescelta dal regista Andrea Palotto e dall’autore Marco Spatuzzi, che costruiscono varie finestre temporali con improvvisi fermoimmagine, in cui i due impiegati (a loro volta attori e cantanti) litigano tra di loro, perché l’etologo crea situazioni che provocano disagio e sconcerto nel suo collega viveur, che ha il compito ingrato nella fiction - costruita “in progress” dai due - di presiedere il consiglio degli anziani e di ratificare, suo malgrado e con grande sofferenza, la decisione di decapitare Anna. Adatto per tutte le età.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:29