Cosa si nasconde dietro l’intelligenza artificiale

Si è letto di recente sulla stampa di come un Supercomputer sviluppato dai tecnici di Google ha sconfitto il sudcoreano Lee Sedol (nella foto), campione di Go, il gioco da tavola cinese considerato enormemente più complesso degli scacchi. La notizia, come spesso accade, è superficiale e mal esposta. Supercomputer non vuol dir nulla. È niente più che parolone usato per colpire l’immaginazione dei lettori.

Il fatto è che esiste un’intera letteratura tesa ad avvicinare ad ogni lettore curioso i temi della fisica e della biologia. Di fronte all’informatica, alla cosiddetta cultura digitale, e alla cosiddetta Intelligenza Artificiale, si passa troppo facilmente dall'acritica apologia al rifiuto per principio. Serve invece un’attenta riflessione.

Aiuta in questo un libro di recente pubblicazione, “Macchine per pensare” (Guerini e Associati, 2016, 315 pagine, euro 24,50) di Francesco Varanini. Invece di considerare l’informatica un sapere a parte, da divulgare a lettori ignari delle basi di quello stesso sapere, l’autore colloca l’informatica nel quadro della storia del ventesimo secolo, dai sui albori all’inizio del secolo, attraverso la rivoluzione californiana degli anni Sessanta - cui dobbiamo il personal computer e il world wide web - fino agli ultimi esiti, ai nostri giorni.

Invece della divulgazione tecnica, si usa come chiave di lettura la filosofia. Perché, sostiene Varanini, l’informatica non è altro che la prosecuzione della filosofia con altri mezzi. Wittgenstein e Heidegger guidano a comprendere il senso delle macchine con le quali ogni essere umano convive. Wittgenstein ci ricorda che, di fronte ad ogni macchina, e ad ogni funzionamento della macchina, è possibile contemplare un’altra macchina, ed un altro funzionamento. Heidegger ci fornisce precisi indirizzi a proposito di come concepire una macchina a misura d’uomo.

La vicenda della macchina che batte l’uomo a Go ci appare quindi sfatata. Google non fa che inseguire l’Ibm, che aveva sviluppato la macchina capace di battere a scacchi il campione Garry Kasparov, nel 1996. Più di recente un’altra macchina dell’Ibm, Watson, sotto gli occhi dei telespettatori americani, ha sconfitto i più capaci esseri umani a “Rischiatutto”. In “Macchine per pensare” si mostra come dietro i sottili ragionamenti che distinguono l’intelligenza artificiale di un tipo e di un altro tipo, si nasconde un progetto politico troppo importante per essere lasciato nelle mani di tecnici innamorati dei propri artefatti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:36