Le atmosfere surreali di Franco Fortunato

La Galleria d’Arte “La Tartaruga” di via Sistina presenta - fino al 10 marzo - una personale di Franco Fortunato (di nome e di fatto, direi, osservando il suo talento artistico naturale!). L’evento comprende ventiquattro dipinti ad olio e tempere dedicati ai “Luoghi e non-luoghi - Itinerari Immaginari” come riportato nel titolo della mostra, voluto dall’autore stesso. Guardando i suoi quadri, si ammirano le splendide raffigurazioni di piccoli borghi medioevali raccolte, scomposte e ricomposte alla Magritte, come allorquando quest’ultimo dipinge l’uomo con il cappello sospeso o la cornice imprigionata dalla roccia, circondata dal buio intenso ma aperta come una vera finestra su di uno splendido cielo azzurro tappezzato da nuvole “a pecorelle”. Ecco, così ci sono sembrate le cittadelle fortificate di Fortunato, spesso partorite da un concreto di sabbia e colore e sempre sospese nel mistero cosmico.

Capita in lui di veder trattati i blocchi guglie-campanili-torri-palazzi come stadi sovrapposti di un vettore Terra-Luna-Sole, avvolti talora da un sottile nastro di argilla gialla solidificata, costantemente progettati secondo verticalizzazioni esasperate, come quelle di un precipizio a rovescio. In “Scenario” una enorme, esilissima e traforata concrezione a serpente avvolge nelle sue spire un simbolico, antico abitare facendolo ascendere dal basso verso l’alto, fino a sfiorare la luna piena che funge da confessionale e da monito per l’espiazione degli orribili peccati commessi dai moderni e disumanizzanti agglomerati urbani, senza più anima e ragion di vivere, dai quali non si vedono più le stelle!

Invece, nella “Città nel vento” (nella foto) il nastro non è più un baluardo, ovvero una spirale di mura sottili che avvolge la rocca, bensì un aquilone, in cui l’ancoraggio a terra poggia su di una base rocciosa, in sostituzione di mano e filo, svolgendosi poi a bandiera verso l’alto. L’intera città medievale, con le sue dieci contrade e cento edifici aleggia nel vento come un sottile e lungo stendardo, osservando dall’alto della sua corrente le dolci colline punteggiate di bianche masserie che sonnecchiano tranquille in basso, emergendo da colline di un color terra scuro intenso. Ed è tutto un sorridere alla vita e alla leggerezza dell’arte. Ne “Il cielo segreto” il borgo fortificato si fa egli stesso vettore stellare librando il suo ultimo stadio, quello posto nell’orbita a gravità zero, al di sopra della litosfera sottostante, animata da anonimi e seriali casali bianchi collegati tra di loro da scie di piccoli punti luminosi. 

All’opposto, nella “Città rivelata” l’ensemble architettonico, agibile sul piano frontale ortogonale, si libera dal pesante sudario di un panneggio giallo ocra (dipinto con la sabbia), gridando al vivente il suo anelito di libertà che fuoriesce dalle ampie fessure di strettissime, vertiginose arcate a sesto acuto poste sulle facciate degli edifici. Particolarmente interessante è, poi, l’impianto scenico de “I mobili del mare”, autenticamente magrittiano, in cui dallo scomparto di una biblioteca appare all’ improvviso un mondo marino con natura morta, in cui il bellissimo borgo fiorentino poggia su di una grande zattera-piattaforma color terra, che sembra voler inseguire la chiglia di una nave intravvista sulla destra, dalla parte del timone. 

Altre stupefacenti prospettive sono quelle dove luna e sole vengono equiparati tra di loro in quanto semplici astri (cfr. “La spiaggia”; “La città che ama la notte”). In entrambi i casi il corpus architettonico è rispecchiato e ribaltato, in base all’antisimmetria giorno-notte, nello specchio d’acqua (un mare; un fiume) circostante. Nella “Spiaggia”, addirittura, questo gioco di riflessi diventa più complesso: il borgo è, all’apparenza, rinchiuso in una bottiglia a pancia larga, materna, poggiata su di uno strato pittorico di vera sabbia, e immerso nella notte di plenilunio, mentre la restante composizione sullo sfondo è illuminata da una luce intensa e calda, che riecheggia nei bellissimi riflessi sottostanti di acque delicatamente increspate.

Da non omettere di visitarla, questa davvero bella mostra di Fortunato, per chi passasse dalle parti di via Sistina o di Piazza di Spagna.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:36