“I Duellanti”: singolar   tenzone al Quirino

Riuscirò un giorno a infilzare il mio... “Doppio”? Che domanda, direte voi. Volete una risposta? Allora non perdetevi Alessio Boni (protagonista e co-regista) ne “I Duellanti”, tratto da Joseph Conrad, in scena al Teatro Quirino di Roma fino al 6 marzo. Di che cosa si tratta? Di due metà unite per la spada e separate (per sempre?) da una coppia di pistole.  Due tenenti degli ussari di Napoleone - divenuti famosi in tutto l’Impero per la loro leggendaria rivalità - si sfideranno a duello (ferendosi più volte reciprocamente) per vent’anni di seguito fino al sorprendente epilogo, quando i loro gradi rispettivi saranno di generale. Certo, è una storia d’onore. Che impone varie regole. All’ultimo sangue, sì. Ma ci si ferma sempre se l’altro, ferito, non è più in grado di continuare il duello. Né la sfida può proseguire quando uno dei due viene promosso al grado superiore. Perché è vietato incrociare la spada con un inferiore gerarchico. Né ci si divide davanti al nemico comune: in questo caso la tregua è tacita e si affronta la battaglia schiena contro schiena.

Ma la storia dei duellanti è molto di più di ciò che appare. Il duello (comune) è contro la malasorte, che li vede colonnelli (e, poi, tra i rari superstiti!) nei reparti che vanno al massacro nella campagna di Russia, con i loro uomini che si lasciano morire a decine di migliaia al grido “Viva l’Imperatore!”. Meraviglioso è il duo Armand D’Hubert (Alessio Boni) e Gabriel Florian Feraud (Marcello Prayer) quando entrambi, disarmati e in camicia, si irrigidiscono in piedi, l’uno accanto all’altro, per l’ultimo saluto simbolico a più di seicentomila soldati francesi caduti a causa del Generale Inverno e dei cosacchi imperiali, che sterminarono senza pietà le truppe nemiche ritirata. E le loro cadenze recitative, ossessive e appassionanti, ci portano dall’avanzata irresistibile dell’armata napoleonica al suo terribile, lento e ineluttabile ripiegamento, con le città russe in fiamme, incendiate da un nemico invisibile che si rifiutava di combattere. E, poi, la lunga, inutile attesa della resa dello Zar da parte di Napoleone, che consumerà troppo tempo prezioso, seguito da un ordine di ritirata non ben meditato e precipitoso, destinato a triturare la sua armata tra gelo, mancanza di una linea coesa di comando, alcool e sciabole dei cosacchi.

Poi, la Restaurazione, che vede D’Hubert riciclarsi - mantenendo il suo grado di generale - nel nuovo regime, mentre il suo doppio pari grado, violento, ma leale e coraggioso, viene condannato addirittura a morte! Molto interessanti sono i dialoghi tra il nostro eroe - intenzionato a mantenere in vita, anche se esiliato, il suo Doppio - e il nuovo ministro della Difesa. Con confessioni di quest’ultimo del tipo: “Ma noi, esuli da vent’anni, che ne possiamo capire di questo Paese che siamo costretti a governare, pena la nostra stessa scomparsa politica e fisica?”. Ecco così avverarsi la prima comparsa del trasformismo moderno, che vede l’alta e media burocrazia “riciclarsi” nel “Nouveau Régime” mantenendo status e grado. Solo gli eroi, quelli dal codice d’onore immacolato, si fanno sdegnosi da parte, accettando la marginalità, la prigione e la morte! Ma, così facendo, la società tutta scivola lentamente e inesorabilmente verso il degrado morale, svuotandosi integralmente dei suoi contenuti valoriali, a favore del più becero conformismo e dei comportamenti opportunistici.

Solo i due duellanti, sostenendosi a vicenda nel loro (soltanto apparente) odio complementare, restano vivi, guardandosi spietatamente, come in un gioco di specchi, l’uno dentro l’altro. Perché, sembra volerci dire Conrad, il conflitto è vita e “viceversa”: non c’è vita senza conflitto! Spettacolo bello davvero. Scenografia esauriente di sintesi che serve molto bene a descrivere il piacere (confinato in un angolo angusto) e le dure rinunce alle comodità imposte dalla vita militare. Bravissimi tutti gli attori, piacevolmente multiruolo, come Francesco Meoni che veste i panni del colonnello - anche padre della giovane moglie di D’Hubert - del ministro e del reduce. Idem per Prayer, che interpreta il medico-voce narrante del battaglione e il guascone Gabriel Florian Feraud, Doppio del più raffinato ed elegante protagonista. Consigliato per tutte le età!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:30