Due donne che ballano

L’incubo per anziani? L’ospizio. Perché significa essere abbandonati proprio da coloro che, in tutta la tua vita, tu non hai “mai” abbandonato! I tuoi figli, fratelli, ecc.. Esattamente il contrario, cioè, di quanto raccontato in quella bellissima pièce di anni fa, intitolata “Sugo finto” in cui una straordinaria coppia di donne conviventi (sorelle nella scena, di cui una invalida) si uccidono di ironia, insulti e stati d’animo, pur amandosi profondamente. Nello spettacolo “Due donne che ballano”, che va in scena al Teatro India di Roma fino a domani (per inciso: un vero peccato! Servirebbe - a mio giudizio - un ragionevole prolungamento!), un’altra coppia di attrici davvero bravissime, Maria Paiato e Arianna Scommegna, ci fanno vivere momenti di lacerante intensità emotiva con una recitazione verista, assolutamente naturale. Tali e quali a personaggi che abbiamo realmente conosciuto nella vita. Perfetta la regia di Veronica Cruciani come lo sono le luci e, soprattutto, la scenografia essenziale, tirata a secco delle pareti interne di una modesta casa che il proprietario lascia andare in malora.

Perché, anche qui, c’è il trucco: renderlo inagibile, quell’appartamento, in modo da far avere al titolare il provvedimento amministrativo relativo e poter, in tal modo, semplicemente sfrattare l’anziana donna, che lì vi aveva da sempre abitato per esservi nata. Il dramma di Josep Maria Benet i Jornet è ben delineato nei sui contorni, senza nessuna ambiguità o incertezza. Le due donne all’inizio appaiono diametralmente opposte: l’anziana (Maria Paiato) gode dell’amore, a suo dire, dei due figli, un maschio e una femmina. Ed è quest’ultima (l’altro non si fa mai vedere!) a pagarle il piccolo aiuto settimanale che le viene dalla colf (Arianna Scommegna) silenziosa e scorbutica, tanto quanto l’altra è ciarliera, aggressiva, velenosa e poco accogliente. Ma, come in amore, non è poi detto che le frecce scoccate siano intrise di veleno. Fanno male all’apparenza, forse, quando passano i cuori da parte a parte. Poi però ti accorgi che dietro quell’abbondante sanguinamento c’è ben altro. Una vita del tutto spenta, per Maria, passata nell’accudimento dei figli e di un marito che forse non l’ha mai amata e che si rivolgeva a lei chiamandola “stupida”. Tranne brevi ricordi d’infanzia (la passione dei fumetti condivisa con una bambina coetanea dirimpettaia) e un breve sussulto protestatario e femminista di Maria, non c’era stato molto altro nella sua vita.

Così, la sua vera occupazione per anni, rimasta sola in casa, era stata quella di completare quella sua famosa raccolta di giornalini. Molto bello e intenso è lo svolgersi, come un filo perennemente intrecciato, pieno di nodi che non scorrono, del rapporto tra le due donne, così distanti per età ma così bisognose “esattamente” dei doni affettivi che si possono reciprocamente scambiare: l’affetto filiale, per Maria; il disperato bisogno di un ventre e di braccia materne per Arianna. Ma, mentre l’anziana, burbera e urticante all’apparenza, ha alle sue spalle una vita ferma come un certo vino, l’altra ben al contrario cavalca l’abisso. Maestra fallita, che ha visto scivolare nella tragedia, improvvisamente, il suo menage con il solo compagno di vita che avesse mai contato e costato la perdita dell’unico figlio, venuto a mancare in circostanze assurde che saranno chiarite solo alla fine del confronto-scontro tra le due. E qui verrà alla luce quel femmineo umiliato di Arianna, reso completamente arido da quella perdita: lei che ormai non cerca più nulla, tranne che il proprio auto-annientamento.

Ed è il ritmo, il susseguirsi delle andate e dei ritorni di Arianna in quella povera casa a dare la cadenza all’intero impianto scenico. Perché le liti furibonde tra le due sono altrettante fughe precipitose della più giovane, seguite da puntuali ritorni, su richiesta dell’anziana alla figlia, che aveva reclutato Arianna per garantire una piccola assistenza alla madre. Perché, in fondo, la vicenda si conclude con un dramma imprevisto, in cui l’ultima saliente scena è rappresentata dalle due donne che ballano uno swing con il sottofondo della canzone preferita da Arianna? Perché la fine non è quella che noi ci saremmo aspettati “ragionevolmente”? Ovvero con la scelta delle due di prendersi cura reciprocamente l’una dell’altra, magari andando a stare assieme a casa di Arianna? Perché il “cupio dissolvi”? Ecco, la soluzione la dovete cercare voi stessi, non perdendovi uno spettacolo bellissimo, magistralmente recitato, come è stato del resto sottolineato dal tripudio di applausi finali.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:34