Moda: le creazioni di Laura Froio

Attenti ai giapponesi! Soprattutto quando copiano gli straordinari prodotti artigianali di alta sartoria, come quelli che fanno bella mostra di sé nell’atelier di Laura Froio. Straordinari i suoi abiti da sposa, linea Grace (Kelly). Certo, se non solo copiassero (giapponesi e cinesi) ma riversassero anche le corrispondenti royalties, il discorso si farebbe diverso.

Parliamo un po’ dei prodotti, vere e proprie “creature”, più che creazioni, visto che sono ricamati e cuciti a mano dalla stessa stilista. Per certi aspetti, si tratta di vere e proprie “costruzioni”. Tali e quali a edifici di grande valore artistico, ciascuno unico e irripetibile nella sua majesty.

E quando il profano (io per esempio) vede ancorate a un montante di acciaio satinato queste straordinarie costruzioni della fantasia, allineate in una sequenza in apparenza casuale, rese lucenti da lustrini, rasi e stoffe pregiate, ha la sensazione di trovarsi di fronte a paesaggi sottomarini, con sabbie bianche o scure, coralli e alghe di mille colori, perfettamente armonici con quella natura serena, in quiete. I corsetti ricchi e raffinati sono come madreperle flessuose e splendenti di grandi conchiglie marine tirate a lucido.

Mantelline delicate di pizzi francesi leggere come le ali delle grandi butterfly del Sud America, sono delicatamente appoggiate su vestiti da cerimonia avvolgenti come le geometrie di Klimt sui corpi di donna. Li immaginate indossate da Signore eleganti, con il collo slanciato e lunghi pendagli discreti di  orecchini di cristallo trasparente.

E le spose, le matrimoniande di Froio sono le vere dee alle quali è dedicata la sua straordinaria produzione. Si tratta, per una similitudine convincente, di pentagrammi compilati da un Autore che vuole e sa straordinariamente emozionare il suo pubblico. E gli abiti sono spartiti ben scritti, ai quali manca soltanto una degna interprete (la giovane sposa) per eseguirli in tutta la loro potenza e bellezza espressiva. E come tutte le opere d’arte di oreficeria e di pietra finemente lavorata e istoriata, sono i dettagli, i lussuosi e fini ricami delle vesti che fanno la differenza. E vanno osservati (e contemplati, una volta passati in rassegna e compresi) il più possibile da vicino. E queste costruzioni di semplice filo andrebbero osservate con il monocolo con cui si analizzano e si misurano le sfaccettature delle pietre preziose e la luce riflessa incidente con il suo spettro selezionato e ricercato.

 Ve ne parlo perché l’alta moda è la vera miniera del genio italiano. La vena diamantifera nascosta, raggiungibile soltanto con una fatica severa, con le mani che graffiano la roccia con semplici aghi intrecciati ai fili come un telaio primitivo, essenziale e primordiale. Dal saio di iuta, alla cattedrale ricamata su sete raffinate, tirate a lucido come specchi opachi.

Ecco questa è la storia di una giovane stilista che non va raccontata, ma scoperta, conosciuta e attentamente ascoltata. Perché ha qualcosa, cioè molto da dire di sé e di un’arte ancora più antica della scultura.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:25