Dolore e sofferenza nella mente umana

Al Teatro Argentina di Roma lunedì scorso autorevoli esponenti del mondo della cultura hanno affrontato il tema del dolore umano in riferimento alla mistica cristiana. Il dibattito è stato introdotto e moderato da Bianca Berlinguer, direttrice del Tg3 della Rai. Nella sua introduzione la giornalista ha osservato come il dolore umano nel nostro tempo è più visibile rispetto al passato, poiché grazie alle nuove forme della comunicazione le distanze geografiche si sono ridotte, sicché siamo consapevoli che in Africa ed in altri Paesi moltitudini di individui sprofondano nella fame e nella sofferenza.

Per la Berlinguer è fondamentale delineare una distinzione tra la sofferenza fisica e quella interiore, da cui discende la depressione, male diffuso nel nostro tempo. Sua Eminenza Gianfranco Ravasi, Cardinale e presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, ha spiegato l’origine semantica della parola mistica, che deriva da due parole greche: mystikos che vuol dire misterioso, myein che significa tacere e chiudere le labbra. Ravasi, per cogliere le innumerevoli e diverse dimensioni del dolore umano, ha trattato due argomenti distinti. Nel primo ha fornito un’interpretazione molto profonda del Libro di Giobbe, l’uomo giusto che senza colpa è condannato a subire un dolore terribile. Se si ha una visione del divino che coincide con l’infinito, la bellezza, l’amore gratuito, l’armonia, non si ha la possibilità di comprendere la natura del dolore e della sofferenza umana. Il dolore è inafferrabile come un’anguilla che si cerca di catturare in un fiume.

Giobbe, alla fine delle sue tribolazioni, si viene a trovare di fronte a Dio, dal quale, più che ottenere una spiegazione comprensibile per la mente umana, riceve una serie di domande. Citando Oscar Wilde, Ravasi ha notato come la capacità di pensare in grande trae origine dall’abilità nel porre le grandi domande. Solo in una prospettiva ampia della condizione umana, attraversata dal seme eterno del divino legato all’immortalità dell’anima, è possibile contemplare il mistero del dolore e della sofferenza, che nessuna creatura può schivare. Il Cardinale, nel corso del suo intervento, ha rivelato di avere letto un testo bellissimo di Ennio Flaiano. Nel testo, forse un canovaccio di un libro o di un film, c’è un padre che cammina in un luogo aperto con la mano stretta a quella di sua figlia, gravemente malata. In lontananza su di una collina il padre e la bambina intravedono Gesù.

Una volta che si trovano di fronte al Cristo, il padre della bambina malata non gli chiede di guarirla ma di darle l’amore di cui ha bisogno. Cristo gli risponde che l’amore è l’antidoto contro il male, il dolore e la sofferenza. Il professor Umberto Galimberti, filosofo tra i più autorevoli della scena culturale italiana, ha voluto affrontare il tema del dolore da una prospettiva che privilegia la cultura greca e quella del mondo antico, non ancora modificato e plasmato dal Cristianesimo. I greci credevano nelle leggi che regolano la natura, la quale obbedisce al principio immodificabile della necessità. Per questo motivo, l’uomo, alla stregua di qualsiasi animale, aveva una vita limitata nel tempo e scandita dalla nascita, dal periodo in cui è tenuto a generare e dalla vecchiaia, che precede la fine definitiva della esistenza umana.

I greci non credevano che vi potesse essere un’altra vita oltre il confine misterioso della morte. La speranza escatologica è legata al cristianesimo ed alla civiltà che è nata con esso, poiché la salvezza si inscrive nel tempo futuro. Il dolore, in vista della salvezza eterna, diviene l’espiazione della colpa e offre un merito in più da far valere nell’altra vita. Il mondo occidentale, ha ricordato Galimberti, è stato influenzato e forgiato dai princìpi che informano la religione cristiana. Freud, diversamente, fedele all’impostazione della filosofia antica, credeva che due sono le pulsioni inscritte nell’inconscio dell’uomo: l’istinto sessuale, legato alla sopravvivenza della specie, e quello aggressivo, per la difesa della prole.

In ogni caso, la speranza ha condizionato anche lo sviluppo del sapere, visto che, nel campo della scienza e della tecnica, il passato rappresenta l’ignoranza, il presente la ricerca, ed il futuro il progresso e la conoscenza. Il rapporto tra la speranza e l’attesa della salvezza escatologica, secondo Galimberti, non riguarda solo la dimensione religiosa ma, nell’Occidente, ha influenzato lo sviluppo della cultura e dei saperi. Il sindaco di Roma Ignazio Marino, medico e docente di Chirurgia, ha rievocato i casi clinici nei quali si è trovato a condividere il dolore dei suoi pazienti. Durante i suoi studi presso l’Università Cattolica di Roma, spesso gli è accaduto di assistere giovani donne, che avendo tentato di praticare l’aborto con l’aiuto di persone non qualificate prima che fosse introdotta la legge di interruzione volontaria della gravidanza, si sono presentate in ospedale in fin di vita.

Di fronte a questa sofferenza, da credente, Ignazio Marino è rimasto sgomento e ha provato grande inquietudine. Il primo cittadino della Capitale, che in passato ha studiato negli Usa, ha ricordato il caso di un uomo, il cui nome era Edmund, gravemente malato, che ha conosciuto in un ospedale americano. L’uomo, affetto da una grave patologia, è rimasto in vita subendo una grande sofferenza grazie alle cure che gli sono state assicurate. In questo caso, per evitare di perpetuare la sofferenza di Edmund, i colleghi medici di Marino hanno deciso di sospendere il trattamento sanitario, tutelando in tal modo la dignità del paziente. Questo racconto di Marino pone il problema etico e scientifico della dolce morte. Dacia Maraini ha pubblicato recentemente per Rizzoli un libro interessante sulla figura di Chiara di Assisi. Vissuta ai tempi di San Francesco tra il 1193 ed il 1253, Chiara è considerata una figura fondamentale per capire il valore della mistica cristiana.

La Santa ha vissuto in un’epoca in cui la Chiesa ha rinnegato la parola evangelica per divenire uno Stato che in nome del potere temporale perseguiva con le guerre religiose e le crociate una politica di potenza. Per imitare la passione e la sofferenza di Cristo, Santa Chiara, si è inflitta, al fine di perseguire la perfezione spirituale e vivere in armonia con il divino invisibile ed inafferrabile, atroci sofferenze. La Maraini ha spiegato di aver avvertito l’urgenza di scrivere questo libro sulla figura della grande mistica poiché rappresenta un modello di grande perfezione spirituale da consegnare alle giovani generazioni, in questo nostro tempo dominato dalla società di mercato in cui conta soltanto il denaro.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:32