Spiri, un libro sulla vicenda Craxi

Arriva il tempo, nelle vicende della politica, in cui è necessario affidare agli storici di professione il compito di descrivere il percorso umano ed intellettuale dei grandi protagonisti della storia repubblicana italiana. Il libro di Andrea Spiri, storico e ricercatore, intitolato La Svolta Socialista. Il Psi e La Leadership di Craxi dal Midas al congresso di Palermo, edizioni Rubbettino, corrisponde a questo bisogno e a questa esigenza di ripensare la vicenda politica di Bettino Craxi, ad oltre venti anni dalla conclusione drammatica e tragica della prima repubblica. Il libro è stato presentato a Roma presso l’associazione Civita, situata in Piazza Venezia, alla presenza di esponenti del mondo politico ed intellettuale. L’incontro culturale è stato promosso dalla fondazione Craxi, di cui è presidente l’onorevole Stefania Craxi. Nella sua breve e densa introduzione, Marcello Sorgi, autorevole giornalista e scrittore, ha chiarito che nel libro di Spiri viene ricostruita la fase in cui Craxi, con la famosa congiura del Midas, conquistò la segreteria del Psi, grazie al decisivo sostegno che l’onorevole Mancini gli diede, poiché Craxi era un esponente della corrente autonomista guidata da Pietro Nenni.

Quando Craxi riuscì ad assurgere alla learderschip del Psi, questo partito, ha ricordato Marcello Sorgi, era lacerato da durissime lotte fra le correnti in cui era diviso e destinato a scomparire. Infatti in quel tempo, Noberto Bobbio, l’intellettuale di riferimento per i socialisti, in un suo giudizio politico deplorò il correntismo presente nel Psi. Craxi fu il primo segretario della storia socialista che riuscì a divenire un leader dotato di carisma. Nei primi anni della sua segreteria, dopo la fine del centro sinistra, elaborò la strategia della alternativa di sinistra, volta a mettere in discussione la centralità e la immutabilità del potere democristiano. Come risulta dal libro di Andrea Spiri, che ha attinto le sue informazioni consultando i documenti dell’archivio di Craxi, custodito presso la fondazione, con una grande intuizione politica il leader socialista nella prima fase della sua segreteria comprese l’esigenza di portare a maturazione una visione umanitaria del socialismo riformista. Fu un grande modernizzatore e per questo motivo propose la riforma presidenzialista, per modificare la forma dello stato e quella dell’esecutivo. Sorgi ha ricordato che quando incontrò Tony Blair in Inghilterra, dove era inviato, il leader inglese gli chiese di Craxi, episodio che rende possibile capire in che considerazione era tenuta all’estero la figura di Bettino Craxi.

Stefania Craxi, nel suo intervento, ha lamentato il silenzio e l’oblio che ingiustamente nella cultura di sinistra si sono avvertiti e verificati in questi anni intorno alla figura di Bettino Craxi. Per Stefania Craxi non bisogna dimenticare che Craxi fece della scelte giuste, in anni difficili della storia repubblicana, sulla questione dello sme, sul caso Moro, esponendosi per la trattativa con le Ber per salvare la vita dello statista cattolico, sulla questione delicata della installazione degli euromissili a Comiso, a tutela degli interessi delle democrazie occidentali. Da presidente del consiglio, con grande lucidità politica e dimostrando di possedere le doti dello statista di valore, Craxi, ha ricordato la figlia Stefania, riuscì ad abolire la scala mobile debellando la inflazione a due cifre, e favorì con la politica dei redditi il raddoppio della produzione industriale. Per Craxi il riformismo era una attitudine con cui cambiare la società e modernizzare il Paese. L’identità del partito socialista, per Craxi, doveva coincidere con la cultura lib-lab, su cui tante pagine ha scritto l’intellettuale mitteleuropeo Enzo Bettiza. Per Stefania Craxi, quando ci fu il referendum per l’abolizione delle preferenze, Craxi invitò gli italiani ad andare al mare, poiché era consapevole che fosse necessaria un riforma organica dello stato repubblicano. L a seconda repubblica, secondo il giudizio di Stefania Craxi, è finita, poiché l’antiberlusconismo, da un lato, e l’antipolitica, dall’altro lato, hanno ridotto i partiti in uno stato di agonizzante disfacimento.

Massimo D’Alema ha elogiato l’autore del libro, nel quale viene mostrato come la prima parte della segreteria di Bettino Craxi fu quella più innovativa e creativa. D’Alema ha riconosciuto che vi è stata una rimozione ingiusta della figura di Craxi nella sinistra italiana, dopo la tragica vicenda di tangentopoli, a causa della quale Craxi cadde ed uscì di scena dalla vita pubblica. Craxi, ha ammesso e riconosciuto D’Alema, è stato un grande modernizzatore ed innovatore della politica italiana. Non bisogna dimenticare, ha ricordato il leader del Pd., che Craxi fu fin dall’inizio impegnato a rifondare culturalmente il Psi, basti pensare al suo famoso saggio su Proudhom ed al recupero del riformismo dei fratelli Rosselli. Grazie a queste evoluzioni intellettuali, Craxi mise il PSI in sintonia sul piano culturale con la socialdemocrazia europea. Infatti la socialdemocrazia tedesca era nata dopo il famoso congresso di Bad Godesberg con cui venne ripudiato il marxismo. Inizialmente, ha notato D’Alema, pensò di perseguire la strategia della alternativa di sinistra, dopo la fine del compromesso storico decise di allearsi con la Dc ed inclinò verso posizioni palesemente anticomuniste. I rapporti a sinistra sono sempre stati complicati e difficili tra socialisti e comunisti in Italia.

Entrambi questi partiti, sbagliando, prima Berlinguer con i governi di unità nazionale poi Craxi con quelli del pentapartito, hanno finito per consolidare il ruolo guida della DC. Per D’Alema, il riformismo di Craxi fu più enunciato e proclamato che realmente attuato, durante gli anni in cui ebbe un ruolo di primo piano nella politica italiana. Craxi non comprese, dopo la caduta del muro di Berlino, che vi era una domanda di cambiamento nella società italiana. Per D’Alema non è proponibile una riforma presidenziale della nostra repubblica, perché l’Italia, a differenza della Francia, ha bisogno che vi sia una figura istituzionale, che assolva al compito delicato di gestire i momenti di crisi con imparzialità e nel rispetto di tutte le forze politiche. In Francia vi è una specificità irripetibile, che rende la repubblica semipresidenziale una sorta di monarchia costituzionale. Per arrivare al semipresidenzialismo in Italia, ha rilevato D’Alema, è necessario dare vita ad un sistema istituzionale basato sul bilanciamento ed equilibrio dei poteri, i famosi pesi e contrappesi, che in questo momento non esiste. Giuliano Amato, nel suo colto intervento, ha notato che il riformismo, declinato nella proposta politica di modernizzazione incarnata da Craxi, a differenza di quello che pensa D’Alema, ha dato e prodotto grandi risultati.

In primo luogo, Craxi ha saputo intuire che era necessario avere un partito che fosse capace di cogliere il cambiamento che si manifestava nella società. Con il congresso del Mida avvenne il ricambio generazionale ai vertici del Psi. Craxi, dialogando su Mondooperaio con gli intellettuali d’area e restituendo la autonomia culturale al riformismo di impronta socialista e liberale, ha anticipato il crollo e la capitolazione del comunismo. Infatti, ha ricordato Giuliano Amato, instaurò un dialogo con i principali intellettuali del dissenso che si muovevano nel mondo culturale clandestino dei Paesi dell’est. Craxi ha ricollocato il Psi nel panorama del socialismo europeo, tanto da divenirne uno dei principali esponenti a livello internazionale. Sarà Craxi ad aprire, dopo la svolta della bolognina, le porte della internazionale socialista ad Occhetto. Fu anche un uomo politico che coltivò una grande passione per la patria, come dimostra il culto che ebbe per la figura di Garibaldi. Il mito del decisionista è nato, per Giuliano Amato, poiché Craxi era un uomo politico ed uno statista abituato ad assumersi la responsabilità della decisioni assunte dopo una attenta valutazione dei fatti.

Sulle partecipazioni statali e la necessità di oltrepassare il confine segnato dal tramonto delle politiche stataliste nell’era post industriale, ha sottolineato Giuliano Amato, si sono manifestati i limiti della politica di Craxi nella fase crepuscolare della sua leadership. Per Massimo Gervasoni, responsabile della collana di Rubbettino in cui il libro è uscito, l’anticomunismo di Craxi, a cui ha fatto criticamente cenno D’Alema, si spiega con la circostanza storica che tutti i socialdemocratici europei si opponevano al totalitarismo comunista negli anni in cui Craxi guidò il PSI. Nella storiografia contemporanea per Gervasoni vi è stato un lungo ed ingiusto silenzio intorno alla figura di Craxi, che merita di essere rivalutata. Infatti con l’avvento alla segreteria di Craxi, il Psi conobbe una evoluzione culturale importante, con cui venne messa in discussione la egemonia della cultura marxista nel nostro Paese. Gervasoni ha notato che nella vicenda di Craxi vi sono tre elementi che bisogna considerare sul piano storico: la tattica, la strategia di lungo periodo, il rinnovamento culturale.

Paolo Mieli, che intervistò Craxi da giovane quando lavorava al settimanale l’Espresso, ho contestato il giudizio di D’Alema, secondo il quale non si può associare nessuna riforma al nome del Leader socialista. Per Mieli, onde avere un quadro preciso di cosa abbia rappresentato la figura di Craxi nella storia italiana, è necessario distinguere tra il primo periodo, gli anni presi in esame dal libro di Spiri dal 1976 al 1981, la fase del governo da lui guidato negli anni ottanta, e la crisi di sistema che, dopo la fine della guerra fredda, provocò la dissoluzione dei partiti storici sui cui si era retta e basata la prima repubblica. Sicuramente il riformismo di Craxi, ha notato lucidamente Paolo Mieli, avrebbe potuto avere ben altra efficacia se Craxi fosse riuscito a conquistare la guida del governo senza essere costretto ad allearsi con la Dc. Per Mieli il libro di Andrea Spiri è di grande spessore storiografico ed intellettuale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:26