Malagiustizia: il sistema è impazzito

Hanno qualcosa in comune un campione del calcio come il portiere della Juventus Gigi Buffon, un poliziotto come l'ex capo della squadra mobile di Napoli Vittorio Pisani, le indagini sull'ancora misterioso attentato di Brindisi davanti alla scuola "Falcone-Morvillo" e i dischetti con le intercettazioni che si smagnetizzano? Cominciamo da Buffon. Il capitano della Nazionale, dopo la spettacolare operazione di Coverciano nell'ambito dell'inchiesta cremonese sul calcio scommesse, rilascia dichiarazioni di fuoco circa le modalità di arresti e perquisizioni. Non fa in tempo a finire l'ultima frase che già circolano indiscrezioni sul suo conto. Come titolano i giornali, "Scommesse per 1,5 milioni di euro". L'esternazione di Buffon viene fatta passare come una sorta di difesa preventiva, accusatio manifesta. Con una tempistica che lascia perplessi, si viene a sapere che la procura torinese, il 29 dicembre scorso, informa i colleghi di Cremona di accertamenti in corso. «Si prega», scrive il pm Cesare Parodi in una lettera "riservata" il cui contenuto ovviamente è di pubblico dominio, «di voler trasmettere copia delle trascrizioni nelle quali il calciatore Gianluigi Buffon sarebbe stato indicato come soggetto dedito a scommesse: ciò in quanto questo ufficio ha in corso accertamenti al riguardo, relativi ad ingenti somme di denaro che lo stesso Buffon avrebbe utilizzato per scommesse presentate avvalendosi di soggetti terzi». 

Il procuratore di Cremona Di Martino, il 16 gennaio risponde inviando al collega torinese il contenuto di un'intercettazione ambientale in cui Nicola Santoni, uno degli arrestati nella prima fase dell'inchiesta, fa il nome di Buffon. Di Martino precisa che «allo stato questo ufficio non ha in programma iniziative investigative nei confronti di Buffon, che non risulta tra gli indagati».

Torino usa i condizionali («sarebbe», «avrebbe»); Cremona il presente indicativo («non ha in programma», «non risulta»). A questo punto scende in campo la Guardia di Finanza. In una informativa delle Fiamme Gialle si legge: «È pervenuta a questo reparto una segnalazione di operazioni sospette nei confronti di Buffon Gianluigi». Altro perentorio presente, che sostituisce il condizionale. Come, da chi e perché, lo si vedrà. Vediamoli comunque, gli elementi su cui poggia questo "sospetto": «Un conto corrente intestato a Buffon Gianluigi ha registrato un'anomala movimentazione caratterizzata dall'emissione, nei periodi gennaio 2010-settembre 2010 di 14 assegni bancari, di importi compresi tra cinquantamila e duecentomila euro, per un totale di 1.585.000 euro, tutti a favore di Massimo Alfieri, titolare di una tabaccheria di Parma, abilitata, tra l'altro, alle scommesse calcistiche». Quando Buffon viene a conoscenza della segnalazione, si legge sempre nell'informativa della Guardia di Finanza, fa contattare la banca attraverso il suo avvocato, che «a tutela della privacy del suo assistito non ha voluto dettagliare le ragioni dell'operazione segnalata. Lo stesso si è limitato a descrivere il beneficiario degli assegni, come persona di assoluta fiducia, spiegando che i trasferimenti di liquidità sono volti a tutelare parte del patrimonio personale di Buffon. L'avvocato ha inoltre accennato a una società fiduciaria ed all'acquisto di immobili a Parma, senza specificare l'esistenza o meno di scritture private o atti di compravendita-donazione». Quindi la Finanza ha chiesto. A che titolo lo si vedrà, si spera. È comunque strano che Buffon abbia proprietà in una città dove ha lungamente vissuto? È comunque curioso leggere nell'informativa della Guardia di Finanza il rimprovero all'avvocato di Buffon di non fornire informazioni dal momento che il suo assistito non risulta indagato o comunque coinvolto in alcunché. Ad ogni modo Buffon non fa in tempo a dire che del suo denaro ne fa l'uso che più ritiene opportuno, che non è lui a dover provare d'essere innocente ma chi indaga a dover provare la colpevolezza; e subito arriva la notizia, anche questa debitamente resa nota urbi et orbi, che la Guardia di Finanza svolge accertamenti nella tabaccheria dove Buffon avrebbe scommesso. Non è comunque Cremona, titolare dell'inchiesta, a inviare la Finanza, ma Torino; che evidentemente sospetta di Buffon. Quegli assegni sono relativi ad affari, o a pagamenti per scommesse? Quand'anche fosse, bisognerebbe dimostrare che Buffon scommette su partite di calcio: perché se scommette su qualsivoglia altro sport, il castello inquisitorio cade. Ad ogni modo, la "notizia" è ghiotta, e infatti i giornali dedicano alla vicenda articoli con titoli a carattere cubitale.

Trascorre un po' di tempo, e si apprende che «la perquisizione nella tabaccheria di Parma non riguarda Buffon, non esiste allo stato alcun elemento che faccia pensare che Gigi sia coinvolto nelle indagini». È quanto dice Marco Valerio Corini, legale di Buffon e della Nazionale, in merito alla perquisizione della guardia di finanza nella tabaccheria di Parma gestita da Massimo Alfieri, il destinatario degli assegni staccati dal giocatore. «Non ci è stato notificato nulla, non ci è arrivato nulla e non vedo perché dovrebbe arrivare qualcosa», dice Corini. «Tutte le cose uscite non hanno alcuna rilevanza né penale né in termini di giustizia sportiva, se Buffon sarà chiamato a spiegare lo farà. L'unico rammarico è che Gigi deve spiegare fatti senza rilevanza e che deve pubblicizzare questioni che hanno a che fare con la sfera privata, questa è l'unica amarezza». Se ne deduce che Buffon ancora non è stato chiamato a deporre. Ma nell'informativa della Finanza si legge che invitato a chiarire. Sia Buffon che l'avvocato si sono limitati a descrivere il titolare della tabaccheria di Parma come persona di fiducia. Qualcosa non torna. Per ricapitolare: Torino chiede informazioni. Perché le chiede? Cremona le fornisce, e chiarisce che di Buffon non si interessa. Buffon protesta per la spettacolarizzazione di certi arresti e perquisizioni, e subito esce la notizia di questo "interesse" della procura di Torino; che poi invia la Finanza a indagare a proposito di assegni che da Buffon sono finiti nella disponibilità del titolare di una tabaccheria di Parma. Tutti sanno tutto, meno l'interessato, che non è neppure indagato; ma se non è indagato perché la Finanza e la procura di Torino si interessano a lui e a come usa il suo denaro, fino a prova del contrario lecitamente guadagnato e che può essere speso come il suo proprietario meglio crede, se non si viola la legge? E se, come dice l'avvocato, la perquisizione alla tabaccheria non c'entra nulla con Buffon, come la mettiamo con la ridda di notizie lasciate filtrare, le voci, le insinuazioni? In attesa degli sviluppi che non mancheranno, andiamo ora a Napoli. La "notizia" è questa: la procura partenopea "bussa" alle porte della questura, per acquisire le relazioni di servizio stilate da Pisani, in merito ai rapporti con fonti confidenziali, e in particolare a proposito dell'ex boss di Secondigliano Salvatore Lo Russo, passato da confidente a "collaboratore di giustizia" e accusatore di Pisani. Vero o falso che sia, saranno i giudici a doverlo stabilire. Però è curioso che mentre il processo è in corso, la procura acquisisca ora carte delicate come i rapporti e le relazioni della polizia con i confidenti. Cosa abbia spinto la procura napoletana a chiedere ora l'indice di relazioni, che tecnicamente dovrebbero essere coperte da segreto, sulla gestione di confidenti, anche questo lo si capirà. È comunque un fatto che il 27 marzo scorso, in aula, nel corso di una dichiarazione spontanea, Pisani ha fatto riferimento esplicito a una sessantina di relazioni riservate redatte tra il 1997 e il 2007, «sulla cui attendibilità riferiranno i miei superiori», e in cui venivano travasate le notizie di volta in volta ricevute da Lo Russo. Due mesi, prima di decidere l'acquisizione. 

Brindisi: a che punto è l'inchiesta? Il cassonetto, le bombole, il timer o il telecomando... Perché davanti a quella scuola? Terrorismo, gesto di un pazzo(o più pazzi?), criminalità organizzata, vendetta… Si è detto di tutto e di più. Magistrati troppo loquaci, che tra loro si sono contraddetti e battibeccavano l'un contro l'altro. Ma non è tanto questo, o piuttosto solo questo. Quel filmato che mostrerebbe l'attentatore: perché è stato diffuso? A quale scopo? Da chi? Chi ha fatto il nome di una persona risultata poi estranea, fornendone indirizzo e stato di famiglia? Vogliamo parlare di questo ignobile episodio? 

Per finire, una vicenda tutta da ridere, non fosse il paradigma di come può funzionare la giustizia in Italia. Siamo a Roma. Nel 2004 ("solo" otto anni fa) prende il via l'inchiesta Oil for drug: un'operazione dei Nas con 138 indagati, accusati di vari reati; dalla cessione di sostanze stupefacenti miranti ad alterare gare sportive, alla ricettazione, all'associazione per delinquere. Il caso aveva fatto tremare il mondo del ciclismo dei dilettanti. L'allarme doping era scattato quando nelle mani di un corridore ungherese erano stati trovati flaconi di una sostanza pericolosa, il Gh di fabbricazione lituana: un ormone della crescita che può essere estratto dall'ipofisi di cadaveri e trasmette il morbo della mucca pazza. Eccoci al processo, che si sgonfia: i dischetti con le intercettazioni si sono smagnetizzati, e l'unico testimone sentito in tre anni di rinvii, un maresciallo dei Nas, non ricorda più molto. Risultato: una quantità di accuse cadono; già alcuni reati erano caduti per sopravvenuta prescrizione; ora le prove raccolte evaporate… I "soliti" radicali hanno presentato un'interrogazione, ma intanto... Quattro vicende, che qualcosa hanno in comune. E lo si sarà facilmente compreso. La chiamiamo giustizia?

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:11