L'infanticidio in un film garbato

Nel suo libro Alla Cieca Claudio Magris descrive in modo profondo la difficoltà di conoscere il lato oscuro che si cela nella parte più segreta e inesplorata della nostra vita interiore. Il libro di Magris può aiutare a cogliere il valore poetico ed estetico di un film come Maternity Blues del regista Fabrizio Cattani, nel quale viene rappresentato il dramma dell'infanticidio, di cui le cronache si sono dovute occupare in molte occasioni. All'inizio del film compare una donna sofferente, Clara, che in un momento di smarrimento ha ucciso i suoi due figli, distruggendo la propria vita e quella della sua famiglia.

Viene portata in un ospedale psichiatrico, nel quale dovrà espiare la sua pena. In questo luogo di sofferenza incontra altre donne che si sono macchiate del suo stesso delitto e che lentamente cercano di ricostruire le loro identità e di ricercare le ragioni del loro gesto atroce ed insensato. Clara instaura rapporti di sincera e profonda amicizia con le sue compagne di stanza Eloisa, Rina, Vincenza. Il film, profondo e doloroso, è tratto dal testo teatrale From Medea di Grazia Versani. Nel film vi è il tentativo riuscito di analizzare la vita delle donne colpevoli di un crimine atroce, per capire che cosa abbia potuto influire in modo devastante e traumatico sulla loro psiche e vita interiore prima della maternità, impedendole di incarnare il modello della madre perfetta che segue naturalmente l'istinto materno.

La tesi del film è problematica, poiché, da un lato, raffigura la solitudine delle donne alle prese con i doveri derivanti dalla maternità e, dall'altro lato, indica che l'istinto di maternità non è sempre presente nella psiche e nella mente femminile. Sono belle le immagini che raccontano il percorso riabilitativo delle quattro figure femminili all'interno dell'ospedale psichiatrico, ognuna delle quali si confronta con il senso di colpa legato ad un fatto del passato, che è insieme inaccettabile  ed incancellabile. La parte che emoziona e coinvolge di più lo spettatore è quella nella quale  viene raccontata con immagini di rara bellezza poetica la difficile attività riabilitativa delle donne, che tentano, grazie ad un percorso doloroso e difficile, di ritornare alla normalità della vita attraverso il lavoro ed il reinserimento nella società.

Nel film vi è la descrizione del dolore e della vita tormentata di queste figure femminili che vengono osservate con uno sguardo colmo di pietà e comprensione, senza giudizi eccessivamente duri, ma tentando di capire cosa possa accadere nella mente e nella psiche di una donna che, dopo avere dato la vita decide di sopprimerla. Poche sono le azioni sceniche, poiché il racconto è tutto basato sul dialogo fra le figure femminili che sono al centro della rappresentazione artistica. Alla fine del percorso riabilitativo Clara lascia l'ospedale psichiatrico e sale su un treno che si dirige verso una nuova vita. Contempla dal finestrino il paesaggio e si abbandona ad un monologo interiore, a significare che non esiste nella natura una roccia che non sia destinata a sgretolarsi. Un'immagine che mira a chiarire che non esiste nella natura femminile il modello della madre perfetta e che, quando accadono vicende così dolorose, occorre chiedersi cosa sia avvenuto nella mente di una donna.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:34