![L'infanticidio in un film garbato](/media/1380468/10i.jpg)
Nel suo libro Alla Cieca Claudio Magris descrive in modo
profondo la difficoltà di conoscere il lato oscuro che si cela
nella parte più segreta e inesplorata della nostra vita interiore.
Il libro di Magris può aiutare a cogliere il valore poetico ed
estetico di un film come Maternity Blues del regista Fabrizio
Cattani, nel quale viene rappresentato il dramma dell'infanticidio,
di cui le cronache si sono dovute occupare in molte occasioni.
All'inizio del film compare una donna sofferente, Clara, che in un
momento di smarrimento ha ucciso i suoi due figli, distruggendo la
propria vita e quella della sua famiglia.
Viene portata in un ospedale psichiatrico, nel quale dovrà espiare
la sua pena. In questo luogo di sofferenza incontra altre donne che
si sono macchiate del suo stesso delitto e che lentamente cercano
di ricostruire le loro identità e di ricercare le ragioni del loro
gesto atroce ed insensato. Clara instaura rapporti di sincera e
profonda amicizia con le sue compagne di stanza Eloisa, Rina,
Vincenza. Il film, profondo e doloroso, è tratto dal testo teatrale
From Medea di Grazia Versani. Nel film vi è il tentativo riuscito
di analizzare la vita delle donne colpevoli di un crimine atroce,
per capire che cosa abbia potuto influire in modo devastante e
traumatico sulla loro psiche e vita interiore prima della
maternità, impedendole di incarnare il modello della madre perfetta
che segue naturalmente l'istinto materno.
La tesi del film è problematica, poiché, da un lato, raffigura la
solitudine delle donne alle prese con i doveri derivanti dalla
maternità e, dall'altro lato, indica che l'istinto di maternità non
è sempre presente nella psiche e nella mente femminile. Sono belle
le immagini che raccontano il percorso riabilitativo delle quattro
figure femminili all'interno dell'ospedale psichiatrico, ognuna
delle quali si confronta con il senso di colpa legato ad un fatto
del passato, che è insieme inaccettabile ed incancellabile.
La parte che emoziona e coinvolge di più lo spettatore è quella
nella quale viene raccontata con immagini di rara bellezza
poetica la difficile attività riabilitativa delle donne, che
tentano, grazie ad un percorso doloroso e difficile, di ritornare
alla normalità della vita attraverso il lavoro ed il reinserimento
nella società.
Nel film vi è la descrizione del dolore e della vita tormentata di
queste figure femminili che vengono osservate con uno sguardo colmo
di pietà e comprensione, senza giudizi eccessivamente duri, ma
tentando di capire cosa possa accadere nella mente e nella psiche
di una donna che, dopo avere dato la vita decide di sopprimerla.
Poche sono le azioni sceniche, poiché il racconto è tutto basato
sul dialogo fra le figure femminili che sono al centro della
rappresentazione artistica. Alla fine del percorso riabilitativo
Clara lascia l'ospedale psichiatrico e sale su un treno che si
dirige verso una nuova vita. Contempla dal finestrino il paesaggio
e si abbandona ad un monologo interiore, a significare che non
esiste nella natura una roccia che non sia destinata a sgretolarsi.
Un'immagine che mira a chiarire che non esiste nella natura
femminile il modello della madre perfetta e che, quando accadono
vicende così dolorose, occorre chiedersi cosa sia avvenuto nella
mente di una donna.
Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:34