Basta con il becero animalismo

Papa Francesco non può essere il bersaglio di un becero animalismo che deve considerarsi un reato contro la nostra cultura, l’evoluzione, le nostre comuni radici.

Il recente attacco, da parte del presidente dell’Ordine dei medici veterinari, Zaccaria Di Taranto, e dell’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), è evidentemente un autogol. Quando Papa Francesco afferma che oggi ci sono più veterinari che medici pediatrici, è un dato inconfutabile. L’Oipa, con osservazioni prive di qualsiasi logica, osserva che un Pontefice che si chiama Francesco non può avere tale atteggiamento nei confronti degli animali! San Francesco chiamava fratello anche il lupo, animale che in quei tempi era temutissimo e, ovviamente, le banali argomentazioni dell’Oipa sono prive di senso. Il Cantico delle Creature che, con un sibillino revisionismo, non è più considerato come un inno alla vita e alla natura, la stessa specchio riflesso di un Dio creatore, ma un inno che promuove la sacralità degli animali, è un’assurdità!

Di Taranto argomenta, per meri interessi economici e di categoria, che gli animali svolgono una funzione terapeutica! Ma se i pets hanno una funzione terapeutica, non possiamo accettare tale dato senza analizzarlo e inserirlo in un giusto contesto. È, questo, un evidente campanello di allarme di una società che ha smarrito i suoi valori.

La sacralità attribuita agli animali, data da questa antropizzazione , la parità dei diritti, sono in realtà una vera dissacrazione di valori e principi. L’uomo, e solo l’uomo, il solo dotato di facoltà soggettive, ha una gravosa responsabilità verso ogni creatura vivente.

Una certa ideologia ha mistificato il seguente principio: “Tutti gli animali nascono uguali davanti alla vita, ed hanno gli stessi diritti all’esistenza”. Recita così il primo articolo della “Dichiarazione universale dei diritti animali”, sottoscritta nel 1978 presso la sede dell’Unesco di Parigi.

In nessun articolo, di tale somma di principi, gli animali sono equiparati agli uomini! Tale dichiarazione universale, tra l’altro, evidenzia tutta l’ipocrisia del mondo animalista quando sostiene che gli animali selvaggi hanno diritto di vivere nel loro ambiente, ma non i nostri pets!

Questa umanizzazione degli animali ha prodotto crisi profonde. In tanti hanno abbracciato filosofie ispirate al buddismo. Per costoro, l’animale è sacro e può essere mangiato solo se non è stato cacciato! Dunque, non per rispetto di altre creature viventi, ma di una creatura che potrebbe essere, secondo la loro filosofia, la reincarnazione di un altro uomo!

Il cane di casa, con un certo narcisismo, incarna oggi in qualche modo lo specchio della favola di Biancaneve. Ci rivolgiamo all’animale per avere conferme, risposte. Gli uomini sono cattivi, il cane è l’unico essere che non tradisce, e ovviamente, come non esserne convinti! Non ci rendiamo conto che la nostra mancanza di empatia ci isola dal mondo e dai nostri simili, diventando sospettosi e diffidenti.

Loro, gli animalisti, appartengono a una casta, moralmente e spiritualmente. Non si curano della terribile manipolazione genetica avvenuta sui loro pets, dove le loro attitudini naturali sono state modificate a nostro uso e consumo. E, mentre da sempre nella storia si sono selezionate razze in base a loro specifiche attitudini, come il cane da lavoro, o il cane da caccia, o il cane da difesa, oggi, e di recente, sulla scena fa l’apparizione un nuovo esemplare: il cane da compagnia! Una creatura relegata tra quattro pareti. Non vede il sole, defeca a nostro comando, non può rotolarsi nel fango, non può annusare, deve essere castrato e, per questo, cadono in profonde depressioni. Li nutrono con mangimi bilanciati con carne di pollo, coniglio, manzo, ma loro sono vegani! Mangimi che ogni canide in natura rifiuterebbe. Ma il mangime è comodo, è pronto all’uso, è più economico della carne, e assicura feci di una certa consistenza, raccolte senza onta!

Si dovrebbe, per assurdo, vietare la detenzione di un cane, o un gatto, in case prive di giardino, se non lo si conduce a spasso, minimo un paio di ore al giorno. Ma la loro cattiveria passa in secondo piano, perché loro, all’apparenza, amano gli animali.

La sola verità è che chiunque detenga un animale, ne ha trasformato la sua naturalità, privandolo di una sua specifica identità e di quei caratteri ereditari tipici di una specie. Una violenza che nessuno percepisce, per ipocrisia! Sono quelli che si scagliano contro gli allevamenti di carne per il consumo del territorio e dell’inquinamento, quando, dati alla mano, in Italia ci sono quasi 19 milioni tra cani e gatti, contro i 12 milioni tra bovini e caprini!

Sono quelli  contro la caccia, quando uno studio dello Smithsonian Conservation Biology Institute ha calcolato che negli Stati Uniti ogni anno sono predati dai gatti circa 3,7 miliardi di uccelli e 20,7 miliardi di piccoli mammiferi! La pressione del gatto domestico risulta, dunque, tra le principali minacce, di gran lunga superiore alla mortalità provocata dall’attività venatoria e addirittura dagli agenti chimici.

In verità, non abbiamo bisogno di umanizzare gli animali per trattarli con rispetto; fa a noi comodo, in quanto così sopperiamo a nostre mancanze. Se tutti gli animali hanno gli stessi diritti di vivere liberi e con dignità, come stabilisce la “Dichiarazione universale dei diritti degli animali”, questo è un principio universale che non può essere applicato solo quando fa comodo.

Diversamente, cari animalisti, il mio caldo invito è di scendere dal pulpito!

(*) Ex Segretario nazionale Verdi Verdi, presidente Movimento Ecologisti

Aggiornato il 28 novembre 2023 alle ore 12:00