Ma era un bravo ragazzo: la scusa del patriarcato

Quando i bravi ragazzi uccidono, la colpa è del patriarcato. Quest’ultimo in verità piuttosto inesistente, rappresentando l’oggetto smarrito di tutte le società occidentali, per così dire “evolute”. Magari ci fosse ancora in piedi “la regola”, freudianamente rappresentata, dalla figura del padre. Oggi, ben al contrario, viviamo in un infinito grembo materno, dove tutto è tollerato e ammesso, avendo diritto a esistere in quanto relativo. Nell’ipersoggettivismo, nella conquista assoluta dell’Io libertario che fa quel che vuole e reclama sempre più diritti per sé, manca totalmente la responsabilizzazione gruppale del “Noi”! Per dire: chi è stato adolescente negli anni Sessanta del XX secolo conosceva benissimo la regola non scritta per cui, se provavi a molestare una ragazza di buona famiglia (indipendentemente dal ceto sociale, va rimarcato!), ebbene le buscavi. Rimediavi un bel po’ di ceffoni da adulti e parenti vari di lei, ma eri anche allontanato dal muretto e dal gruppo amicale di riferimento. Diventavi uno “scansato” per tuo demerito e imparavi a tue spese, direttamente sulla tua pelle, a stare nei ranghi quando si trattava di rispettare una donna. E, si badi bene: in pieno patriarcato! Nel senso che, fino all’età adulta, tu minorenne non avevi diritto di parola e per i “grandi” contavi meno che niente, fino a che in qualche modo diventavi una persona sociale, con una fidanzata e un lavoro. E quest’ultimo, il lavoro, non lo cercavi dallo Stato-Provvidenza, perché il patriarcato ti insegnava che per avere qualcosa nella vita te lo dovevi guadagnare con il sudore della tua fronte e “onestamente”!

La cosa divertente è che laddove esisteva il matriarcato (eccome se esisteva in tante comunità tradizionali del Sud e del centro Italia!) le regole di cui sopra erano ancora più ferree. Un po’ perché le madri avevano sempre troppi figli da seguire ed educare, cocchi di mamma ce ne erano davvero pochi e la pelle dura imparavi a fartela già a casa tua, per arginare e ribattere col passare del tempo le inevitabili vessazioni dei fratelli e sorelle più grandi. Ti tenevi (mosca e zitto!), in caso di disobbedienza e di guaio domestico o esterno, anche qualche ceffone ben assestato a pari merito da madre e padre. Quest’ultimo, in verità, rappresentava lo spauracchio dei figli indisciplinati e, molto spesso, fingeva di punirli molto severamente, su richiesta della legittima consorte, esasperata dalle piccole malefatte della sua numerosa prole. Ora, se un genitore (patriarca-matriarca) provasse oggi a fare la stessa cosa, gli si scatenerebbero contro avvocati, associazioni di tutela dell’infanzia, magistratura e (obtorto collo, visto che avrebbero assai meglio da fare) le povere e sguarnitissime Forze di polizia. All’epoca di cui si parla, se Giulia avesse solo fatto trapelare una persecuzione narcisistica del giovane Turetta nei suoi confronti, molto probabilmente il gruppo dei pari si sarebbe sentito legittimato a intervenire e dissuadere.

E se credete che sia acqua passata, ricredetevi: la cronaca riporta spessissimo di risse e liti feroci tra gruppi di ragazzi, soprattutto fuori dalle discoteche, quando alcool e pasticche aiutano a rimuovere i freni inibitori. Il motivo? Una ragazza di un gruppo di conoscenti aveva ricevuto avance da parte di un estraneo, appartenente a un altro collettivo gruppale, aggregatosi per l’occasione o per consuetudine. Quindi, ai maschi non c’è da insegnare un bel nulla. Lo sanno per istinto che bisogna proteggere una donna. Semmai, è il caso di corroborare al massimo questo comandamento spontaneo di cui ci ha dotato per corredo istintivo Madre Natura. Che stupida non è, visto che chi se la prende con la femmina se la prende con la procreazione stessa e la continuità della specie, dato che per fortuna la componente maschile dell’umanità non rimane “incinto”! Lasciate perdere il patriarca, per cortesia! E prendetevela, invece (e questo veemente appello è rivolto alle femministe e gli anti-free speech), con il mare di spazzatura che gira sui siti pornografici di Internet, in cui la donna-femmina è soltanto un grande “orifizio” (proprio così!) da riempire in ogni modo e con l’accompagnamento di qualunque perversione possibile, soprattutto se a farlo sono decine di comparse uomini, superdotati in quella cosa lì.

E perché, mie care Signore-i che sfilate per i diritti delle comunità Lgbtq+ non proteggete l’incolumità psichica di chi, non avendo più il “patriarca” (padre, o amico già svezzato che ti portava all’incontro con una professionista che fungeva da nave-scuola dell’iniziazione sessuale), trova in quell’oceano di sozzure l’unica sua aspirazione di come si tratta e ci si approccia al corpo e alla personalità di una donna? Chi insegna ad amare, prima con gli occhi, poi con le parole adatte, le carezze e, infine, con il coronamento dell’incontro sessuale, milioni di giovani maschi abbandonati a se stessi, visto che anche i loro genitori non sono altro che grandi farfalloni svolazzanti, annegati nel vuoto siderale dei social network? Ma vogliamo, o no, parlarne tutti seriamente?

Aggiornato il 23 novembre 2023 alle ore 11:36