Se per una sorta di vostra perversione intellettuale, oppure perché punti da vaghezza, vi foste mai posti la domanda su quale sia lo scopo ultimo dell’arte, sappiate che già il sempiterno dandy irlandese, Oscar Wilde, aveva dichiarato che è del tutto inutile. E come tale, forse più che inutile, superflua. Pertanto, come ogni cosa superflua, in ultimo totalmente necessaria.

Ma ormai l’arte, quella esposta nei musei, quella iconica, inverata nelle opere note a tutti, è divenuta il nuovo giocattolo per imbecilli da “sine baculo”, quindi il termine non è offensivo – che si fanno chiamare influencer. Dopo le trascorse esibizioni con tanto di marchio della ditta sponsorizzatrice, forse a propria insaputa, del tentativo di sensibilizzare sul consumo delle risorse naturali con la “vernice” sui Girasoli di Vincent van Gogh, è ora il turno degli Uffizi di Firenze.

Apprendiamo infatti che due fanciulle, definite appunto influencer, rigorosamente allineate con i modelli estetici di questo primo ventennio del nuovo millennio, in una mise decisamente audace per sinuosità e trasparenze, ha posato per alcune foto aventi come sfondo alcune opere d’arte, tra le quali la ben nota Nascita di Venere di Sandro Botticelli. Il fenomeno di “costume” che si sta dunque verificando sempre con maggior frequenza andrebbe analizzato, anche magari con l’aiuto medico di qualche buon psichiatra, vista la latitanza di qualche genitore che ai miei tempi, e per molto meno, avrebbe corretto tutto affibbiando un paio di sonori ceffoni, utilizzati come metodo educativo, ai figli in cerca di esibizione pubblica.

Come già scritto in precedenti articoli, tutto ciò avviene perché tale è la forza con la quale s’impongono nei secoli, sino ai nostri giorni, alcune opere d’arte, che l’unico modo per dotarsi di un’esistenza da parte di alcuni – influencer o meno – sia diventato quello di porsi con esse quasi in gara, in questo caso di curve femminili e sensuali velature. Errore gravissimo, comunque, da parte di qualsiasi essere umano, in quanto tale gara è sempre persa in partenza. Per quanto possa essere graziosa e addirittura bella, provocante e sensuale, nessuna donna potrà mai competere, e men che meno vincere, sul fascino assoluto di un dipinto che contiene in sé più “Bellezza” e dunque più “anima”, di chiunque gli si ponga davanti in carne e ossa.

Insomma, è uno dei tanti e vani tentativi di dotarsi di un’esistenza fittizia, ottenuta per procura, tratta dalla vicinanza con l’opera d’arte. L’essere umano – donna o uomo – esiste così perché reso reale dal dipinto o dalla scultura. Un po’ come avviene quando qualcuno, per lo più mediocre nel proprio vivere modesto e insignificante, si fa fotografare con un personaggio famoso o comunque vive ed “esiste” nel cono di luce – e dunque nell’ombra – di quest’ultimo, destinato a spegnersi per sempre e rientrare nell’anonimato più triste non appena l’illuminazione finisce.

Sono dunque segnali, questi, di un mondo vacuo e privo di contenuti, dove soltanto l’apparire sui social conferisce significato a vite che altrimenti passerebbero sotto silenzio in quanto del tutto insignificanti, portando così a compimento la profezia di quel simpatico “matto” che fu Andy Warhol quando disse che, in un prossimo futuro, ognuno sarebbe stato famoso per quindici minuti. Warhol, però, non aveva saputo prevedere la banalità sconcertante dei social network, dove la notorietà data al nulla, dura ormai ancor meno di quel fatidico quarto d’ora. Personalmente, da non genitore, resto comunque sempre dell’idea ancora insuperata del valore educativo di un paio di sonori scappellotti… in fin dei conti anche questi sarebbero ottimi influencer.

Aggiornato il 28 ottobre 2022 alle ore 15:32