Coronavirus e deglobalizzazione

Quanto è lontana la Cina? Dipende dalla lente con la quale la si guarda. Un conto che lo si faccia con il cannocchiale di Galileo, un altro che la si approssimi con un telescopio spaziale ultramoderno. Io vado a spanne con il primo. E mi scuso per l’arretratezza, ma sono sicuro di guadagnarne in semplicità ed efficacia. Per capire il senso della domanda “Possiamo fare a meno della Cina?”, partiamo dal Wall Street Journal del 10 marzo che nel suo articolo dal titolo: “Crisis Jolts Views on National Security” cita l’iniziativa del senatore Josh Hawley del Missouri che ha inviato un nota alla Food and Drug Administration (sorta di Agenzia del Farmaco Usa) denunciando come l’attuale crisi abbia rivelato la pericolosa dipendenza dell’America (e non solo, dico io!) dalle forniture strategiche che provengono dalla Cina, per quanto riguarda la fabbricazione sia dei principi attivi dei farmaci salvavita, sia della strumentazione medica. E questo concerne anche l’Unione europea, come denunciato da numerosi parlamentari europei riuniti in quello stesso giorno a Bruxelles! Direi che sia ora di contrattaccare lo strapotere cinese in base ai seguenti quattro punti.

Primo. Per quanto sopra, l’Ue e l’Occidente debbono assicurarsi la produzione indipendente di beni strategici, sussidiando adeguatamente le catene di valore per la fabbricazione di principi attivi dei farmaci salvavita (antibiotici, antitumorali, etc.) e di strumentazioni medicali per l’allestimento dei reparti di terapia intensiva, rianimazione e alta chirurgia, affrancandoci dalla Cina da cui dipendiamo a causa delle delocalizzazioni e della cessione coatta dei brevetti. Secondo. L’Ue e l’America debbono rendersi completamente autonome per quanto riguarda l’alta tecnologia delle comunicazioni terrestri e del digitale, come il 5G. Da questo ultimo punto di vista, una soluzione per riguadagnare il terreno perduto rispetto alla Cina e al suo invasivo Surveillance State è quella di costituire spazi virtuali per la progettazione in open source del 5G euro-atlantico, aperta a tutti i contributi delle migliori intelligenze di cui disponiamo. Contestualmente, però, è necessario che l’Ue costituisca a livello sovranazionale e continentale un’Agenzia europea per il Digitale, alla quale conferire la protezione di brevetti in questo campo, dotandola di fondi strutturali sufficienti per lo sviluppo comune di contenuti digitali e di algoritmi per la messa a punto di App continentali che siano di fatto sostitutive e più avanzate di quelle attualmente gestite dalle Major della Silicon Valley (Google, Facebook, etc.).

La raccolta dei big data dei 500 milioni di cittadini europei da parte dell’Agenzia è assoggettata al relativo regolamento di quest’ultima che ne preveda l’autodistruzione dopo un tempo prefissato e l’assoluto divieto sia di sfruttamento a fini commerciali, sia di condivisione con soggetti terzi. Gli utenti, tuttavia, potranno chiedere la conservazione dei dati da loro stessi prodotti in un cloud personalizzato e assoggettato al pagamento di un canone, così come oggi avviene per i gestori privati della telefonia. Terzo. oggi la Cina è quasi a pari merito con l’America, la Nazione più ricca del mondo. Quindi, va obbligata a orientare ai consumi interni le sue produzioni e a competere con noi ad armi pari, con gli stessi vincoli che gravano sugli imprenditori occidentali per la difesa dei diritti dei lavoratori e il rispetto dell’ambiente. Questo, può essere fatto indipendentemente dalla collaborazione volontaria di Pechino. Come ho spiegato in precedenza, per far fronte all’enorme dumping sociale della produzione cinese e all’iperfinanziamento statuale dei suoi campioni nazionali, è sufficiente strutturare un Qe-bis euro-dollaro che faccia una cosa molto semplice: per produzioni merceologiche omogenee, valutato il differenziale del costo del lavoro esistente tra la Cina e quello dell’Europa e degli Usa, garantisce aiuti finanziari agli imprenditori nazionali per colmare in tutto o in parte consistente quel differenziale stesso, fino a non rendere convenienti le delocalizzazioni in Asia.

Questo perché la Cina, con il suo ingresso agevolato nel Wto, ha avuto la più ampia disponibilità a svilupparsi in assenza di regimi di dazi che le hanno permesso durante questi ultimi venti anni un recupero strabiliante delle condizioni di reddito ed economiche della sua popolazione. Ora, va semplicemente riequilibrato il tutto, affinché i continenti più sviluppati giochino ad armi pari, aiutando con senso di responsabilità ed equipartizione degli oneri il resto del mondo che non ce la fa. Quarto. L’Ue deve da subito mettere in campo attraverso il Qe-bis un Fondo strutturale d’intervento per la creazione di grandi infrastrutture intereuropee del tutto analogo al progetto della Road & Belt Initiative di Xi Jinping, ponendo la massima attenzione ai collegamenti sia tra Europa e Africa (rendendoli ultracompetitivi rispetto a quelli cinesi già realizzati o in via di realizzazione!), sia tra Europa e Usa da realizzare con tecnologie ultramoderne e innovative.

Il Coronavirus ci ha insegnato una cosa fondamentale: i confini amministrativi (e geografici!) non servono a un bel nulla contro le forze sistemiche della Natura. Quest’ultima ci ha dimostrato come sia capace, al di là di tutte le nostre previsioni e i nostri deliri di onnipotenza tecnologica, di costruire delle armi biologiche microscopiche che attraversano come particelle gamma tutte le fortificazioni delle nostre difese immunitarie, per contenere l’eccessiva proliferazione di individui della nostra specie, dal momento che quest’ultima è divenuta fin troppo pericolosa per la sopravvivenza e l’equilibrio della sua Gaia!

Aggiornato il 12 marzo 2020 alle ore 12:14