La compagna della “Luna”: ideologia a perdere

Per parlare della Compagna Luna e di molto altro faccio “outing”. Nel senso strettamente autobiografico, raccontando i fatti (veri) del mio vissuto, che riassumo così in sintesi. Nel periodo della mia prima laurea, essendo iscritto nell’anno accademico 1967/68 ad Architettura, ho visto passare su di me e sull’intera società italiana l’onda di piena della Rivoluzione studentesca disarmata, combattuta sul versante delle voci grosse nei cortei e nelle piazze stracolme di giovani, che allora occupavano le maggiori facoltà universitarie. E lì, in quelle centinaia di aule imbrattate di scritte sporche e cattive, si è esercitata e confrontata a senso unico (l’opposizione non aveva diritto di parola, messa fuori della porta a suon di ceffoni e mazzate) un’intera generazione di giovani, che avevano alle loro spalle moltissima letteratura e saggistica di sinistra.

Ovviamente, di tutte quelle belle speculazioni rimase pochissimo, in realtà, visto che la società italiana era tutta orientata al godimento del benessere duramente conquistato, e per nulla incline a rimetterlo in discussione. Anche perché fino ad allora l’accesso alle facoltà universitarie avveniva di fatto attraverso la selezione per ceto e censo, che fu sì ribaltata dall’apertura indiscriminata dell’accesso all’università, garantito a tutti i diplomati di scuola media superiore, ma che ebbe bisogno (ovviamente) di parecchi anni per produrre effetti a regime, compreso l’ingresso in massa di una gioventù radicalizzata politicamente.

Ciò che rappresentò il limite drammatico del Movimento del 1968 fu la sua totale incapacità a elaborare culturalmente e scientificamente un modello socioeconomico innovativo che, al pari della profonda rivoluzione dei costumi, andasse molto oltre i perimetri angusti del capitalismo della seconda industrializzazione, da una parte, e il collettivismo sovietico della proprietà comune dei mezzi di produzione, dall’altra. Quest’ultimo, in particolare, si era già rivelato da tempo la pietra tombale di quel proletariato industriale e urbano che il comunismo voleva portare al potere. Ancora all’epoca, malgrado i drammatici fatti della Cecoslovacchia e di Praga, con una gioventù ceca in rivolta e brutalmente repressa dai mezzi blindati del Patto di Varsavia, si continuò da parte dei leader del movimento a guardare al modello sovietico come se niente fosse. Con un’eccentrica aggiunta di movimentismo cheguevariano e maoista che, per loro stessa natura, in quanto originati da movimenti armati, si rivelarono inconciliabili con lo spirito della società occidentale che andava, già da allora, elaborando faticosamente i suoi famosi principi del Diritto universale. A quella gioventù scalmanata che dichiarava di volere “tutto e subito” un potere imbelle e terrorizzato di trovarsi dall’altra parte delle Aree di influenza tracciate a Yalta, fece la scelta che più scellerata non si potrebbe.

Ovvero, si decise, in risposta alla protesta studentesca e sociale diffusa, di convertire un sistema, fino a quel momento “virtuoso” della spesa pubblica, nel suo opposto, con l’adozione di una politica economica dissennata che metteva al centro della sua azione un meccanismo autodistruttivo di deficit spending. Si creò pertanto l’illusione di uno Stato-Provvidenza “dalla culla alla bara” che espandeva a dismisura le coperture sociali, creando così l’illusione di un welfare generoso, che però l’Italia non poteva assolutamente permettersi. E questo assalto al debito pubblico è continuato, per le stesse ragioni, lungo tutti gli anni Ottanta e oltre, innalzando il debito pubblico molto al di sopra del Pil nazionale. Guardando bene nelle viscere della Rivoluzione studentesca, chi non era coinvolto in quel processo di autoesaltazione giovanile ebbe modo di individuare chiaramente il baco che avrebbe corroso e fatto marcire la mela della libertà di parola e del godimento senza limiti. Le crisalidi di quelli che sarebbero diventati poi i gruppi precursori della violenza armata brigatista erano tutti lì, sebbene soggiacenti, che si espressero poi grazie ai “cattivi maestri” con Autonomia operaia, Potere operaio e così via. Questo perché, come avvenne all’avvento del fascismo negli anni Venti dell’inizio secolo, i partiti di sinistra, in particolare Psi e Pci, non avevano dato semaforo verde alla conquista fisica del potere da parte delle classi operaie e del sottoproletariato urbano.

E fu così che nel fosco periodo degli Anni di piombo della mia seconda laurea in Matematica, iniziata nel 1976 e conclusa nel 1978, vidi realizzarsi quella violenza di banda armata rosso-nera, per cui si avverarono le conseguenze di quei prodromi che pochissimi, forse nessuno, aveva osato vedere, nell’illusione del grande rinnovamento sociale e politico, generato dalla forte spinta iniziale di massa del Movimento studentesco. Alcuni, che commemorano oggi la scomparsa della terrorista brigatista Barbara Balzerani, parlano di una lotta politica che, pur condivisibile nei ragionamenti ideologici di fondo, non si poteva accettare nella successiva scelta armata, un vero anatema per il pacifismo irenico di certi intellettuali di sinistra. Peccato, però: anche stavolta si è persa un’ottima occasione per ragionare seriamente sulle Sim (Stato imperialista delle multinazionali) brigatiste, magari leggendo fino in fondo, come è capitato a chi scrive per motivi istituzionali, i loro interminabili comunicati demenziali, laddove per combattere le Sim si teorizzava la legittimità di sparare al simbolo della divisa e non alla persona che la rivestiva.

Ma, la loro colpa gravissima per aver instaurato il clima degli Anni di piombo fu doppiamente imperdonabile. Da un lato, infatti, con la deriva securitaria, si bloccò un intero processo di rigenerazione socio-istituzionale, mantenendo al potere i responsabili del disastro politico di allora. Mentre dall’altro lato si oscurarono completamente i processi in atto della terza industrializzazione (l’operaio massa che aspirava alle stesse cose del suo coetaneo borghese) e gli sviluppi del nascente capitalismo finanziario della globalizzazione. Sarebbe bene che quelli di sinistra, miei coetanei, facessero finalmente “outing” anche loro”!

Aggiornato il 08 marzo 2024 alle ore 15:39