Radio Radicale e il caso “Translimen”

C’era una volta una trasmissione notturna di sabato a Radio Radicale subito dopo la lettura delle prime pagine dei giornali del giorno dopo, a mezzanotte, che si occupava della diffusione dell’esperanto per altro ancora purtroppo inesistente.

La trasmissione è la mitica Translimen. Subito dopo la morte di Marco Pannella, il conduttore, che è anche uno dei pezzi grossi dell’Era, associazione esperantista federata nella ex galassia radicale, ha cominciato ad allargarsi con le deduzioni e le illazioni sul perché in Europa nessuno pensasse di adottare l’esperanto al posto dell’inglese, visto che ormai nel frattempo ci era stata la “Brexit” e appariva ictu oculi paradossale che la lingua comune a un continente fosse quella di un Paese che aveva deciso di non farne più parte politicamente ed economicamente.

Il paradosso esiste eccome però forse non è colpa di una sorta di colonizzazione imperialista anglo americana che ci opprime dal 1943, soprattutto tramite la industria cinematografica di Hollywood (ipotesi suggestiva e originale mai sentita prima, almeno non più di un centinaio di volte negli ultimi 45 anni, ndr) come ha cominciato a dire quasi tutti i sabato notte il conduttore. Citando ossessivamente un discorso di Winston Churchill del 1943 il quale, preso atto della imminente prevedibile fine del colonialismo inglese, avvisava il proprio partito e il proprio parlamento che la futura colonizzazione sarebbe stata quella delle menti. Ospiti fissi nella trasmissione una serie di presunti intellettuali generalmente anti americani e citatissimo il libro sul Golpe inglese del giornalista Giovanni Fasanella, un informato documento sugli interna corporis britannici, dalla Seconda guerra mondiale in poi, che però aveva l’unico difetto di non entrarci un beneamato sul fatto che l’esperanto non abbia mai attecchito.

Nelle proprie certezze quasi complottistiche al conduttore non è mai venuto in mente che l’inglese è una lingua semplice, praticamente senza grammatica, che ognuno parla come vuole e con l’accento che vuole, che per giunta adesso è la lingua di internet e dei social network, e che conseguentemente era una cosa più pratica “capisse” in inglese che “non capisse” in esperanto.

Andando di illazione in illazione fino ai confini del razionale, proprio il 28 notte mattina, cioè 30 minuti dopo la conclusione della triste ricorrenza di “ha yom ha shoà”, il conduttore pensa bene di spararla grossa pure contro Israele, tanto per restare in un mood anti occidentale (clicca qui per ascoltare la trasmissione). Prima ironizza sulla parola “anti semitismo” rivolto peculiarmente agli ebrei arguendo – lo sanno pure i sassi ma è un argomento per “giocare con le parole” come disse una volta il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni – che “sono semiti pure i palestinesi”. Poi alza il tiro dicendo che a Gaza con la rappresaglia dopo la strage del 7 ottobre 2023 gli israeliani avrebbero superato le proporzioni della rappresaglia dei nazisti dopo via Rasella, nel rastrellamento di inermi ebrei, alcuni già detenuti, per la fucilazione di massa delle Fosse ardeatine.

“Gulp”. L’ha detto… Ma che c’entra ’sta sparata con l’esperanto?

A Radio Radicale e nel partito forse cominciano a chiederselo. Ce ne sono tanti di talenti da talk show nei salotti  televisivi, che bisogno c’è di  rischiare di tirarne su uno pure dentro il partito e la radio?

Aggiornato il 29 gennaio 2024 alle ore 11:42