Amicizie non rinnegabili

“Se non ci fosse Berlusconi bisognerebbe inventarlo”: recito spesso nella mia mente questo pensiero quando il presidente di Forza Italia fa passare qualche ora senza esibizioni cabarettistiche.

Negli ultimi giorni, quelli che vanno dall’apertura della XIX legislatura con l’elezione dei presidenti dei rami del Parlamento sino al giuramento del nuovo capo del governo Meloni, non si fa che parlare di Berlusconi. Dal grottesco scambio di battute con La Russa poche ore prima della sua elezione a Palazzo Madama, sino agli appunti da smemorato di Arcore contro la presidente di Fdi, e ancora gli audio compromettenti usciti dal perimetro di chissà quale luogo dove Berlusconi era bunkerizzato con i suoi. Per non parlare degli sguardi con Salvini dopo le consultazioni con Mattarella, l’aria frustrata per non aver potuto parlare con i giornalisti (tempo un minuto di più e avrebbe iniziato lo show), la debolezza fisica (e forse la crisi di nervi) che lo sta sempre più allontanando dalla realtà.

Tra tutte queste cose ce n’è però una che ha addirittura fatto traballare la sicurezza del governo e la sua stessa nascita: le parole su Putin sfuggite (o scritte su un copione) dalla bocca di Berlusconi in un qualche incontro con i rappresentanti di Forza Italia, a poche ore dai colloqui decisivi con il presidente Mattarella. Due sono le questioni: il rapporto riaperto - o mai chiuso - con Putin e le parole su Zelensky (‘‘Non dico quello che penso”, “la guerra è colpa sua”). In una sorta di confessione davanti all’estrema unzione, Berlusconi dice di aver ricevuto dal presidente russo, per il suo compleanno, venti bottiglie di vodka e un messaggio dolcissimo, a cui avrebbe risposto con una bottiglia di Lambrusco e un nuovo bigliettino. Subito è partito il caos internazionale contro Berlusconi: il senso di vergogna scaturito in qualche leader, l’accensione di nuove tensioni con l’Italia da parte dell’Europa, addirittura la possibilità di tenere fuori Forza Italia dal governo.

Il presidente Berlusconi (dopo un po’) ha rinnovato le sue posizioni atlantiste, la sua condanna alla guerra, la vicinanza alla Nato, e tutta la liturgia retorica che ogni politico deve ripetere quando si scusa per qualcosa. Anche Tajani, considerato una sorta di prolungamento della mente di Berlusconi, è stato sotto attacco (soprattutto da Conte): come può una persona che sta ai vertici del partito di colui che ha detto certe parole, ambire ad una posizione nel governo? Tutto risolto a quanto pare, dato che Tajani è il nuovo ministro degli Esteri.
Tornando alle parole del presidente di Forza Italia: molti hanno chiesto a Berlusconi di negare di aver riallacciato i rapporti con Putin, di essere amico del leader del Cremlino, di non avere niente più a che fare con lui. Ma come si può arrivare a tanto? Come si può, in preda al moralismo, costringere qualcuno a declassare un rapporto? Avere un qualsiasi rapporto con Putin significa appoggiare quello che sta facendo all’Europa e all’Ucraina da otto mesi? L’amicizia (come anche ogni genere di rapporto ci sia tra i due) tra Berlusconi e Putin è storia vecchia e per questo non si può indurre nessuno a fare marcia indietro su questioni personali. All’inizio del conflitto faceva quasi comodo avere in Italia qualcuno di molto vicino a Putin. “Chissà se Berlusconi farà qualcosa, se parlerà con Putin”. Si sperava, anzi, che il rapporto fosse più forte che mai (come se un’amicizia possa avere influenza in una questione così immensa). E adesso si riaccende in molti quello spirito da giudici popolari, da inquisitori, da polizia morale. Se l’Europa avesse voluto arginare Putin, se non toglierlo dal trono imperiale, avrebbero potuto farlo negli ultimi otto anni, ma forse erano troppo impegnati ad averlo come guest star nei propri paesi e a rinnovargli sudditanza. Berlusconi è più atlantista del segretario della Nato e amico di Putin: piaccia o meno, non ci si sono conflitti d’interessi.

Aggiornato il 26 ottobre 2022 alle ore 12:30