L’omicidio – frutto di un’ideologia crudele, violenta e inumana qual è quella di chi si oppone con la morte altrui a un differente pensiero – di Daria Dugina va ben oltre il mero fatto politico e di cronaca. Di là dall’evidenza che, chiunque abbia ordinato e ordito l’assassinio della giovane donna, appartenga a quel Deep State, a quell’“élitepluto-economica che da secoli dirige a proprio piacimento le vicende del nostro pianeta e che attualmente, trovandosi ormai a un passo dall’implosione e dal crollo, colpisce furiosamente il proprio nemico, con gli ultimi spasmi della propria coda triforcuta, andrebbe fatta anche un’altra considerazione che non ritengo minore né di secondaria importanza.

Chi ha ucciso la figlia di Alexander Dugin, figura molto più complessa e articolata di quanto lo voglia far apparire la vulgata dei media occidentali, ha volutamente colpito il centro nevralgico più temuto da coloro che sino ad ora sono stati i soli depositari ufficiali di questa: la Cultura. Uccidere la Dugina è stato voler sopprimere tremila anni di cultura occidentale, in particolar modo colpendo una studiosa del Neoplatonismo che ha rappresentato la culla fondante dell’Arte e della Bellezza prima dell’Europa e poi della stessa Asia confinante, alla quale esso si è esteso. La visione ideale e non ideologica di Platone, dunque, ha informato, educato e creato il pensiero dei Dugin, ricordando che Amore, Arte, Bellezza, Filosofia e quindi infine, per ultima, la Politica, sono e dovrebbero essere una sola cosa per il benessere dell’Uomo.

Forse proprio a causa di questo disinteresse, si potrebbe pensare esista il silenzio assordante da parte dei nostri politici – compresi quelli di destra alla quale parte si attribuisce proprio l’influenza del filosofo russo – sulla tragica morte di questa giovane donna, che ha avuto il solo torto di occuparsi attivamente di Filosofia e portarla a tutte quelle persone altrimenti limitate dalla sola politica. Silenzio. Silenzio dovuto alla non conoscenza, a una voluta e cercata, ostinata indifferenza che pervade la destra – pardon, il centrodestra – del nostro Paese da decenni laddove, fatti salvi rarissimi e isolati esempi, la Cultura in ogni suo aspetto è sempre stata snobbata, tranne consegnare qualche timido “contentino”, dato a chi non dà troppo fastidio, in campagna elettorale e debitamente farcito di promesse rimandate al dopo voto.

Una seria educazione alla Cultura è mancata – scientemente – in tutti questi anni da parte della destra istituzionale, lasciandone in tal modo il dominio a una sinistra altrettanto becera ma più fattiva e presente. I cosiddetti “intellettuali” vicini a quell’area – tranne quei due o tre funzionali al sistema – sono sempre stati esclusi, rinnegati e rigettati. Possiamo dunque stupirci se nessuna voce, alta, forte, si sia levata per condannare l’omicidio efferato non soltanto di una donna ma di una donna di Sapere? Qualcuno ricorda il nome di Ipazia?

No, non mi stupisco per nulla, in un Paese, il nostro, dove la Conoscenza, le Arti e tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta pienamente è stato relegato nell’oscurità del disinteresse più totale. Ma si ricordino coloro che hanno le chiavi oramai rugginose di quelle segrete, che nella tenebra la Luce, la luce della Conoscenza anche se ridotta a tremule fiammelle, splende sempre, ogni giorno più forte.

Aggiornato il 24 agosto 2022 alle ore 10:56