Silvia Romano: sacralità dell’Islam, eticità della cristianità

Non è dato sapere se Giuseppe Conte e Luigi Di Maio sarebbero andati a Ciampino per salutare il rientro di Silvia Romano, sapendo preventivamente della sua avvenuta conversione all’Islam, sbandierata ai quattro venti. In ogni caso l’apporto mediatico che la presenza del presidente del Consiglio ha conferito all’evento, pare fuori luogo. Il maggior vantaggio mediatico è stato conseguito dai terroristi di Al-Shabaab, affiliati ad Al Qaida che, da sanguinari e fanatici terroristi, hanno finito per far la parte dei liberatori e dei redentori della persona rapita. All’esito ha contribuito la descrizione che ne ha dato la stessa Silvia, avendoli trasfigurati, da rapitori per fini di estorsione, a missionari responsabili della propria redenzione. É grazie a loro che una ragazza italiana, alla ricerca del senso della propria vita nelle terre del Kenya e della Somalia, è tornata in Europa rinnovata nell’anima e trasfigurata rispetto al suo precedente stile di vita. La propagandata conversione di Silvia attesta, agli occhi del mondo, che la religione islamica ha ridato, a lei donna dell’Occidente, un rinnovato senso della vita e delle cose del mondo. Se lo poteva risparmiare questo schiaffo a freddo, sferrato alle istituzioni di governo italiane, al popolo, alla chiesa cattolica.

Se è vero, così com’è vero per la cultura laica e liberale, che i fatti di fede appartengono alla sfera personale, altrettanto vero è che lì, soltanto lì, cioè nel suo intimo, avrebbe potuto restare la maturazione di una fede religiosa. Invece no. Per esplicita scelta, la liberazione fisica dalle carceri di Al-Shabaab ha finito per apparire un fattore di rinnovamento personale e di liberazione dallo stato di “vuoto” proprio dell’Occidente. A differenza del messaggio di liberazione che ha entusiasticamente mandato al mondo, Silvia dovrebbe sapere che Islam significa, etimologicamente, sottomissione: cioè corretta e attiva sottomissione alla volontà del Dio Unico dell’Islam. La liberazione di Silvia non può che essere considerato un evento positivo della tragica vicenda umana di una connazionale, tuttavia, il fatto manifesta aspetti inquietanti, che meritano approfondimento, da più punti di vista. I costi economici del pagamento del riscatto hanno un loro peso, in un frangente di assoluta miseria per intere categorie di concittadini, sono pochissima cosa però rispetto ai costi che si riverberano nel contesto geopolitico dello scontro tra civiltà.

Non si deve mai dimenticare infatti che Islam non è soltanto religione, ma molto di più. Contiene una visione integrale del mondo. Coinvolge una filosofia globale di vita, una dottrina giuridica e politica, una missione di proselitismo globale. Per questo è un errore imperdonabile circoscrivere il fenomeno islamico alla ristretta cerchia dei fenomeni religiosi. Leone Caetani, nel 1912 scriveva: “Maometto, il Corano, l’Islam, furono gli incidenti determinanti e la veste occasionale d’uno dei più intricati, meravigliosi e singolari eventi della storia umana, una variazione del tema fondamentale della storia del mondo; l’incessante agire e reagire di Oriente ed Occidente, il perpetuo scambio di idee e di merci, di uomini e di cose, di religioni e di arti, di spedizioni militari e di conquiste morali tra l’Asia e l’Europa, tra i due massimi centri dell’umana civiltà”. Dunque, nello scontro tra Oriente ed Occidente non è tanto in gioco il primato di una divinità monoteista sull’altra, quanto un diverso modo d’intendere il senso della vita e del mondo.

La conversione di Silvia Romano, nel quadro di un inevitabile rapporto fiduciario con chi l’ha rapita e imprigionata, appare, agli occhi del mondo, al di là delle sue stesse intenzioni, come la scelta di chi ha fatto della propria prigione l’occasione della propria redenzione. Appare soprattutto che, nel confronto tra la cultura, manifestamente seducente dell’Occidente, individualista, tecnologica e utilitarista, a prevalere è l’Islam, perché capace d’infondere un’idea vincente della vita e del modo. Assieme all’Occidente traspare anche la sconfitta della dimensione ecclesiale della Chiesa cattolica che, nel confronto con le potenzialità dell’universalismo della Umma sacrale islamica, appare schiacciata dal suo umanesimo etico, dalla tollerante neutralità, dalla perdita della dimensione sacrale, dagli invadenti miti economici della società contemporanea. Qui si scontrano due diverse teologie, dove la cristianità sembra travolta dalla dimensione religiosa islamica che, integra dei suoi elementi sacrali, etici e sociali, ha l’ambizione d’invadere tutto il mondo.

Aggiornato il 12 maggio 2020 alle ore 11:41