Sì al “Germanicum”, ma senza Cancellierato

Ho scritto qualche giorno fa che il sistema elettorale tedesco non è altro che la logica conseguenza della bocciatura del referendum del 4 dicembre, che ha rifiutato la prospettiva dell’“uomo solo al comando”. Tuttavia in Germania quel sistema, oltre ad escludere dal Bundestag le ali estreme dello schieramento politico (ultra destra e ultra sinistra), assolve anche la funzione di garantire la stabilità di governo al Cancelliere. Per i tedeschi, infatti, la stabilità dei governi vale tanto quanto la rappresentatività del Parlamento. Per questo, democristiani e socialisti, se solitamente competono tra loro, possono anche collaborare, considerato che il fine della difesa dell’ordinamento liberale e sociale è un fine comune, cui aderiscono entrambi. In questo modo, democristiani, socialisti e liberali hanno concorso, tutti, sia alla ricostruzione della Germania che alla nascita dell’Europa.

La stabilità del sistema non è garantita, però, di per sé, per effetto del sistema elettorale. Per questo, la Costituzione tedesca prevede due istituti fondamentali: il Cancellierato, cioè la fiducia al solo Cancelliere e la sfiducia costruttiva. In Italia non abbiamo né l’uno né l’altra e ci accingiamo, per l’ennesima volta, a votare con la sola preoccupazione dell’esito elettorale. Infatti, Partito Democratico e Forza Italia puntano a recidere i cespugli dei partitini nati dai rispettivi fuorusciti. La Lega ha fretta di convertire il 12 per cento dei sondaggi in voti. Movimento 5 Stelle aderisce, con gaudio, a un modello che non richiede di schierarsi in una contesa di tipo bipolare. Tutti contenti? Quasi.

C’è il rischio però che, per fini meramente elettorali, alle elezioni si vada “al buio”, cioè senza una bussola di orientamento per gli elettori che, in mancanza di programmi e progetti, potrebbero essere chiamati a scegliere, ancora una volta, in base alle solite appartenenze o alle vecchie e nuove ostilità. Il confronto non sarà bipolare, tuttavia la bussola delle appartenenze potrebbe ancora prevalere, se non più di prima, se i partiti non dichiareranno apertamente che cosa intendono fare.

Con il sistema tedesco non sapremo, la sera della chiusura delle urne, chi sarà il nuovo Presidente del Consiglio. Per convenienza oggettiva i partiti non sveleranno in campagna elettorale i loro potenziali alleati. Tuttavia, per fatto di democrazia, i partiti dovranno pur dire se sono per restare nell’Unione europea o inseguire la Brexit britannica. Se sono per l’euro o per il ritorno alle valute nazionali. Se sono per un nuovo protezionismo o per la libertà dei mercati. Di qui non si scappa. Solo così si realizzeranno le condizioni politiche per la stabilità democratica.

La Borsa di Milano l’ha capito subito, prima di tutti, che dietro il vasto consenso per il proporzionale si nasconde una somma di convenienze partitiche contingenti. È dovere dei partiti europeisti chiarire subito la propria posizione sul punto, senza paura d’incappare nelle critiche sui presunti compromessi che il proporzionale sottende. Le coalizioni sono il modus operandi del proporzionale. Chi ha rifiutato l’Italicum e ha scelto il Germanicum dà per scontato che l’Italia sarà governata da coalizioni, con accordi, fatti necessariamente sulla base di compromessi. L’inciucio è un accordo poco chiaro. La chiarezza e la trasparenza sulle strade da percorrere sono invece il sale del proporzionale. Sull’Europa e sull’euro non si scherza.

La politica estera e di difesa di Donald Trump paiono ridimensionare il ruolo dell’Europa. Un errore di cui il tycoon statunitense potrebbe pentirsi molto presto. Nel frattempo, gli europei non possono stare a guardare. Serve tornare al Trattato del 1952, stipulato da Francia, Germania, Italia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo, rigettato dall’Assemblea generale francese nel 1954, che istituiva la Comunità Europea di Difesa (Ced) e prevedeva la creazione di un esercito europeo, posto sotto il comando della Nato, gestito da un ministro della Difesa europeo. Il nuovo asse Macron-Merkel è chiamato anche a questo. Nelle prossime elezioni italiane i cittadini sono chiamati a pronunciarsi anche su questo. Dovranno essere in condizione di farlo, conoscendo i programmi dei partiti, prima del voto.

Aggiornato il 30 maggio 2017 alle ore 21:49